mercoledì 21 dicembre 2011


Carissimi, condivido con Voi e le Vostre famiglie, il calore e i valori del Santo Natale.
Auguro inoltre a tutti Voi di accogliere l'Anno Nuovo con tutte le speranze e le aspettative che Vi hanno accompagnato fino ad ora, nell'attesa di costruire insieme tutte quelle che si realizzeranno per rendere migliore la qualità della nostra vita.
Cav. Procaccini Mario

martedì 20 dicembre 2011

A.A.A. VINCITORE CERCASI


Situata in un area riservata nella zona di S.Cesareo,di fronte parcheggio autobus,trovi Time City.
Una ricca sala con slot machine e le nuove video lottery collegate al jackpot nazionale.
Vinci jackpot di sala fino a 100.000 € e nazionali fino a 500.000 €
Fatti baciare dalla dea bendata.
Sala fumatori.
Time City e' a S.Cesareo in via Casilina 286.
Time city la città della fortuna...
-gioca responsabile-

domenica 11 dicembre 2011

Sinceri auguri di Buone Festività



Carissimi, condivido con Voi e le Vostre famiglie, il calore e i valori del Santo Natale.
Auguro inoltre a tutti Voi di accogliere l'Anno Nuovo con tutte le speranze e le aspettative che Vi hanno accompagnato fino ad ora, nell'attesa di costruire insieme tutte quelle che si realizzeranno per rendere migliore la qualità della nostra vita.
Cav. Procaccini Mario
Dirigente Nazionale Comitato Etico " LA DESTRA".-

venerdì 9 dicembre 2011

Impugnazione del titolo ad aedificandum rilasciato a terzi


Cons. Stato Sez. IV n. 5612 del 18 ottobre 2011
Urbanistica.Impugnazione del titolo ad aedificandum rilasciato a terzi

Ai fini della tempestiva impugnazione del titolo ad aedificandum rilasciato a terzi la piena conoscenza da cui far decorrere il relativo termine di impugnazione va ancorata all’ultimazione dei lavori oppure al momento in cui la costruzione realizzata rivela in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell’opera per un eventuale non conformità urbanistica della stessa , sì da non esservi dubbi in ordine in ordine alla reale portata dell’intervento edilizio assentito .Con riferimento a quest’ultimo principio è agevole rilevare che il parametro principe cui ancorare la conoscenza piena rimane quello dell’ultimazione dei lavori, mentre il collegamento della conoscenza del titolo abilitativo alla c.d. percepibilità della esistenza dello stesso e della lesività dell’autorizzato intervento edilizio ( con conseguente onere di tempestiva impugnazione ) abbisogna che sia supportato, da parte di chi eccepisce la tardività dell’impugnativa, da idonei elementi probatori o comunque da indizi gravi, precisi e concordanti, atteso che, appunto, della circostanza relativa all’ anticipata conoscenza occorre dare rigorosa dimostrazione

martedì 6 dicembre 2011


Giurisp.Penale Cass.

Cass. Sez. III n. 41438 del 14 novembre 2011 (Ud. 29 set. 2011)
Pres. Ferrua Est. Lombardi Ric. Marino
Urbanistica. Illecito edilizio ed errore scusabile

L'errore scusabile non può essere fondato genericamente sulle difficoltà interpretative della norma, non versandosi neppure in ipotesi di un'attività obbligata, ma posta in essere per un preciso interesse, anche di natura economica, sicché nell'incertezza deve richiedersi il permesso di costruire e solo in caso di diniego eseguire i lavori in base a dia. Inoltre la mera presentazione della dia esclude l'esistenza di uno specifico provvedimento della pubblica amministrazione sul quale fare affidamento.

domenica 27 novembre 2011

IL TUMORE ALLO STOMACO.


Cos'è il tumore allo stomaco
Lo stomaco è l'organo che contiene il cibo ingerito e lo processa prima di inviarlo all'intestino dove vengono assorbite le sostanze utili ed eliminate quelle inutili. Ha la forma di un'otre ed è posto al termine dell'esofago, una sorta di lungo tubo che ha la funzione di veicolare il cibo e i liquidi dalla bocca fino agli organi digestivi.

Il tumore dello stomaco è provocato da una massa di cellule in crescita incontrollata, originatesi, nel 90 per cento dei casi, dal rivestimento interno dell'organo.
Quanto è diffuso
Il cancro dello stomaco colpisce le persone a partire mediamente dai 45 anni di età.

Negli ultimi anni il numero di casi diagnosticati nei Paesi occidentali è in diminuzione, un fenomeno che sembra dovuto, almeno in parte, al miglioramento dell'alimentazione e alla diminuzione del consumo di cibi conservati sotto sale o affumicati.



In Europa si verificano circa 190.000 nuovi casi ogni anno che rappresentano circa il 23 per cento di tutte le neoplasie. Il rapporto fra maschi e femmine è 1,6:1. L'incidenza è maggiore tra le classi sociali più basse, anche se è in rapida diminuzione (circa 5 per cento ogni cinque anni). Il declino è stato più rapido nelle donne rispetto agli uomini. In Italia si è verificata una importante diminuzione sia dell'incidenza sia della mortalità in entrambi i sessi.
Il tasso d'incidenza annuale è più elevato nei paesi dell'Europa orientale (34 per 100.000 nell'uomo) e meridionale (19 per 100.000 nell'uomo) rispetto a quello dell'Europa settentrionale (6 per 100.000 nella donna) e occidentale (7 per 100.000 nella donna). In sei casi su dieci il paziente ha più di 65 anni.

Il tumore dello stomaco provoca comunque più di 10.000 morti l'anno, attestandosi, come diffusione, appena sotto il cancro al seno e il cancro al polmone.
Chi è a rischio
Diversi sono i fattori chiamati in causa per spiegare la nascita e lo sviluppo del tumore dello stomaco; tra essi, l'alimentazione gioca un ruolo importante: una dieta ricca di amidi, grassi e cibi affumicati o salati (che contengono nitriti e nitrati precursori di cancerogeni come le nitrosamine) ne può favorire l'insorgenza, così come il consumo di alcol e il fumo di sigaretta, che possono contribuire alla trasformazione del tessuto gastrico in senso tumorale.

Di recente, inoltre, ha assunto sempre maggiore importanza il ruolo svolto dall'Helicobacter pylori, un batterio responsabile anche dell'ulcera gastrica e duodenale: la sua presenza nello stomaco, infatti, può alterare - nel corso di anni - i delicati equilibri che esistono a livello dell'organo.

È stato poi dimostrato che esiste una predisposizione familiare che contribuisce alla genesi della malattia; alcune alterazioni a carico di determinati geni (tra i quali p53 e APC) sono causa dell'insorgenza di tumori in diversi organi, tra i quali lo stomaco (si parla, in questi casi, di sindrome di Linch di tipo II).

Infine, vale la pena di citare altre possibili cause, che si verificano più raramente, e che sono rappresentate dalla poliposi gastrica, ovvero dalla formazione di piccole escrescenze benigne che con il tempo, se non curate, possono degenerare e diventare maligne, e da interventi chirurgici con tecniche particolari che venivano effettuati in passato. In quest'ultimo caso è possibile che, dopo circa 15 o 20 anni, il punto in cui si è formata la cicatrice diventi luogo di partenza di un tumore: per questo le persone operate allo stomaco devono essere periodicamente controllate con la gastroscopia, un esame che permette di visualizzare lo stato di salute del rivestimento interno dell'organo.
Tipologie
Dal punto di vista istologico si distinguono due tipi principali di cancro allo stomaco.

Il tumore dello stomaco di tipo intestinale è il più frequente e colpisce in prevalenza gli uomini di età superiore a 50 anni. Esso si associa alla cosiddetta metaplasia intestinale, cioè alla trasformazione dell'epitelio gastrico (cioè del rivestimento interno dello stomaco) in un altro tipo di epitelio, molto simile a quello dell'intestino. Questi tumori, di solito, si presentano come formazioni rivolte verso l'interno della cavità e con crescita espansiva.
Il tumore dello stomaco di tipo diffuso è solo di poco meno frequente e colpisce in modo indifferente uomini e donne di età media sui 45 anni. In genere la neoplasia nasce dalla mucosa gastrica normale (che non evolve verso il tipo intestinale come accade nell'altro tipo) e, penetrando nel tessuto, può dare luogo a ulcere: in questo caso si parla di stomaco a borsa di cuoio o di linite plastica, per sottolineare come la crescita possa portare a un indurimento delle pareti dell'organo. Caratteristica di questo tipo di tumore è la presenza di cellule che al microscopio assomigliano a un anello con una gemma incastonata (cellule ad “anello con castone”).

Se il tumore viene diagnosticato in fase precoce ci si può imbattere anche in quello che viene chiamato l' "early gastric cancer" (cancro gastrico iniziale): si tratta di un tumore che colpisce solo la mucosa e la sottomucosa (ovvero i primi due strati di tessuti dell'organo). Esso è considerato una fase iniziale della malattia e ha le migliori possibilità di guarigione. Le sedi dove il tumore si sviluppa più spesso - all'incirca nel 50 per cento dei casi - sono il piloro e la cavità dello stomaco. In un caso su cinque la localizzazione è a livello del corpo dello stomaco, mentre è meno usuale che la neoplasia si instauri a livello della cosiddetta piccola curvatura.

La diffusione del cancro gastrico può avvenire per via diretta all'esofago e al peritoneo, per via linfatica ai linfonodi, e per via ematica dando metastasi al fegato, alle ossa, ai polmoni e raramente al cervello.

Infine, è importante ricordare quello che viene chiamato "tumore di Krukemberg" e cioè un tumore localizzato alle ovaie ma dovuto alla presenza di cellule neoplastiche che dallo stomaco sono migrate all’ovaio attraverso la cavità peritoneale.
Sintomi
Il tumore dello stomaco si presenta, purtroppo, con sintomi che possono facilmente essere confusi con quelli di una gastrite o di un'ulcera gastrica: nausea, difficoltà di digestione, mancanza di appetito o difficoltà a mangiare grandi quantità di cibo. Per questa ragione se un trattamento per la gastrite o per l'ulcera non sortisce alcun effetto positivo, è opportuno fare una gastroscopia per valutare direttamente lo stato della mucosa interna dell'organo.

Se presenti sintomi più gravi come vomito con sangue o perdita di peso improvvisa possono essere segno di maggiore gravità della malattia.
Prevenzione
Non esiste una causa unica di cancro allo stomaco, quindi è difficile prevenirlo.

Un'alimentazione di tipo mediterraneo, con abbondante frutta e verdura e poca carne alla griglia o affumicata sembra avere un effetto protettivo. Anche l'abbandono della sigaretta può aiutare, è stata infatti dimostrata una relazione tra il fumo e la formazione del cancro allo stomaco.

Inoltre esiste una relazione tra l'infezione da Helicobacter pylori e il tumore dello stomaco, quindi può essere utile, in caso di sintomi e di accertata presenza del batterio, procedere a una semplice terapia antibiotica che dovrebbe essere in grado di eliminarlo.

Non esistono programmi di screening sulla popolazione, ovvero non si consiglia alle persone che non hanno sintomi di sottoporsi a una gastroscopia perché si tratta di un esame fastidioso e costoso.

Diagnosi
La diagnosi di tumore dello stomaco viene effettuata mediante gastroscoscopia: lo stesso esame permette sia di osservare il rivestimento interno dello stomaco che di prelevare piccole quantità di tessuto per esaminarle al microscopio (biopsia).

Prima di essere sottoposti ad intervento chirurgico è necessario anche valutare l’eventuale diffusione a distanza del tumore mediante una TAC o un’ecografia e in alcuni casi può essere utile anche l’ecoendoscopia per valutare il grado di infiltrazione della parete dello stomaco.

Evoluzione
Come per molti altri tumori, anche il cancro dello stomaco viene classificato in base al sistema TNM, dove il parametro T descrive la dimensione del tumore primitivo (cioè quello che si è manifestato per primo nel caso in cui questi siano più di uno), il parametro N prende in considerazione l'eventuale interessamento dei linfonodi e infine il parametro M fa riferimento alla presenza o meno di metastasi a distanza.

Come si cura
Le possibilità di guarigione (prognosi) e la scelta del trattamento dipendono dallo stadio di sviluppo del tumore (dal fatto cioè che sia localizzato al solo stomaco o che sia propagato ad altre zone) e dalle condizioni generali del paziente.

Quando è possibile, la chirurgia è il trattamento di prima scelta e l’intervento prevede l’asportazione di tutto lo stomaco o di una parte di esso.

La gastrectomia parziale elimina solo quella parte dello stomaco che contiene il tumore e parti di altri tessuti e organi vicini alla sede del tumore. Vengono asportati i linfonodi vicini e, se necessario, anche la milza (situata nell'addome superiore, è l’organo che filtra il sangue ed elimina le cellule vecchie).

La gastrectomia totale elimina per intero lo stomaco, una piccola parte dell'esofago, i linfonodi vicini e in alcuni casi la milza. Il paziente è comunque in grado di mangiare e di inghiottire perché l’intervento prevede la connessione dell'esofago al piccolo intestino.

Se viene rimossa solo una parte dello stomaco, il paziente dovrebbe essere in grado di nutrirsi in modo normale. Qualora l'asportazione dello stomaco sia totale, si potranno rendere necessari piccoli pasti frequenti, così come un'alimentazione caratterizzata da cibi con basso livello di zuccheri ed elevato livello di grassi e proteine. La chirurgia classica può essere associata a moderne metodiche di medicina nucleare. Mediante gastroscopia, viene somministrata direttamente all'interno del tumore una sostanza radioattiva che poi, al momento dell'intervento, serve da guida per l'asportazione evidenziando i linfonodi interessati.

La chemioterapia consiste nella somministrazione di farmaci che uccidono selettivamente le cellule cancerose. Può consistere nell’assunzione di compresse o nella somministrazione endovenosa del farmaco. Viene definita trattamento sistemico in quanto il farmaco viene immesso in circolo, viaggia attraverso il corpo e può uccidere le cellule cancerose anche al di fuori dello stomaco. Il trattamento che viene somministrato in seguito all'intervento chirurgico, quando non si riscontra più nessuna cellula cancerosa, viene chiamato trattamento adiuvante. Tale trattamento è utilizzato in studi randomizzati per determinare l'efficacia di nuovi regimi terapeutici. Attualmente, accanto a molecole ben conosciute, come il 5Fluorouracile (5FU) si utilizzano combinazioni di farmaci chemioterapici come FAMTX (5FU, adriamicina, methotrexate, acido folinico), EAP (etoposide, cisplatino, adriblastina), ELF (etoposide, 5FU, acido folinico).

La ricerca sta lavorando per migliorare la sopravvivenza dei pazienti con tumore allo stomaco. Il cosiddetto "early gastric cancer" (cancro gastrico iniziale) ha a oggi la prognosi migliore, con una sopravvivenza a cinque anni del 90 per cento; in tutti gli altri casi la sopravvivenza media a cinque anni è attorno al 25 per cento dei casi.

domenica 20 novembre 2011

In pensione a 70 anni, Ici nel 2012:


In pensione a 70 anni, Ici nel 2012: il progetto del governo
Sì alla contrattazione aziendale, via i contratti atipici. Si studia la riforma fiscale.
Giulia Nitti
Ici, pensioni, contratti di lavoro, liberalizzazioni. Che potrebbe tradursi anche con tasse, tagli e incentivi allo sviluppo. Ieri alla Camera il nuovo presidente del Consiglio Mario Monti ha illustrato le misure che intende prendere il nuovo esecutivo per riportare in ordine i conti e cercare di rimettere in moto il Paese. Ecco le principali nel dettaglio.
Pensioni, via quelle di anzianità
Inevitabile l’intervento sulla previdenza, troppo a lungo rimandato dal governo Berlusconi. Nel suo discorso alla Camera il presidente del Consiglio ha detto che il nostro sistema, nel complesso, è tra i più “sostenibili” di Europa. C’è però il nodo riguarda le pensioni di anzianità - caso unico nell’area Ue - che consentono a chi ha 40 anni di lavoro di andare in pensione anche a 60 anni.
Uscite volontarie da 63 anni, addio al sistema retributivo
Il ministro del Lavoro Elsa Fornero pensa di operare introducendo l’uscita dal lavoro “a scelta”. Il lavoratore potrà decidere di andare in pensione a partire da 63 anni, fino a 70. Più tardi lascerà il lavoro, più cospicuo sarà il suo assegno.
Non solo. L’ipotesi di intervento punta a modificare anche l’attuale sistema di calcolo dell'assegno mensile. Per chi aveva 18 anni di lavoro nel 1996 l’assegno mensile viene oggi calcolato con il sistema retributivo-contributivo, cioè sulla base dei contributi versati e dello stipendio percepito. Eliminando dal calcolo il sistema retributivo il calcolo verrebbe fatto sui soli contributi versati. Il che equivale, inevitabilmente, a pensioni più basse.
Aliquote più vicine e tagli dei privilegi
Al ministero stanno pensando anche di modificare le attuali aliquote previdenziali (che oggi sono del 33% sul salario per i i dipendenti, del 20-21% per i lavoratori autonomi e del 27,7% per i parasubordinati), avvicinandole.
Infine, è allo studio il taglio dei privilegi che interesserà il vitalizio dei parlamentari e degli altri incarichi pubblici.
Lavoro, sì alla contrattazione aziendale
La riforma del mercato del lavoro riguarderà giovani e neoassunti. Monti ha spiegato che tutto avverrà dopo una trattativa con le parti sociali, ma continuerà il sostegno alla contrattazione aziendale regolata lo scorso giugno dall’accordo tra governo Berlusconi e parti sociali.
La riforma si ispirerà al modello del giuslavorista Piero Ichino, basato sul superamento delle disparità tra chi è tutelato da un contratto a tempo indeterminato e l‘esercito dei nuovi lavoratori precari. E’ la filosofia del contratto unico: superamento dei contratti a progetto e a termine, contratti a tempo indeterminato per tutti, ma con delle differenze rispetto all’attuale.
Tempo indeterminato ma possibilità di licenziare
Il datore di lavoro potrà però licenziare i neoassunti per un periodo di tempo iniziale (non è chiaro quanto, forse 24 o 36 mesi), pagando un’indennità monetaria. Superato il termine fissato, il lavoratore accede alle tutele più forti di cui godono gli altri, che non saranno modificate. In programma anche una riforma sugli ammortizzatori sociale, che però, visto il bilancio dello Stato, non sarà di immediata attuazione.
L’ici già dal 2012, ritocco sull’Iva ma meno imposte sul lavoro
Del ritorno dell’Ici si è già parlato tanto. Monti ieri non ha lasciato spazio a dubbi: l’imposta sulla prima casa sarà reintrodotta. Come aveva anticipato il governo precedente nella lettera alla Commissione europea, la tassa sarà inglobata nell’Imu, la tassa municipale unica introdotta con la il federalismo municipale, e potrà partire già dal 2012. Si è parlato anche di un nuovo ritocco dell’Iva al 10 al 21%, e di una possibile patrimoniale, questa ipotesi è però osteggiata dal Pdl.
In compenso Monti ha detto che l’esecutivo sta pensando a una riduzione delle imposte e dei contributi sul costo del lavoro e sulle attività produttive, che potrebbero essere finanziati da una patrimoniale.

venerdì 18 novembre 2011

VIDEO CHOC DELLE IENE: RAGAZZI EMO,TRA SESSO NON PROTETTO E DROGA.



Video choc delle Iene: ragazzi Emo, tra sesso non protetto e drogaAlle Iene è andato in onda un video choc sul mondo degli Emo: ragazzi dai 13 ai 18 anni che fingono di essere depressi e si riuniscono in locali dove il sesso è libero e senza protezioni. Ci sono realtà che si conoscono poco, che mutano così velocemente che non si fa a tempo a comprendere. Gli adolescenti di certo possono entrare in questa categoria, soprattutto perchè oggi ci sono tante correnti di pensiero che li rapiscono ad un normale sviluppo di un periodo della vita che, di per sè, è già delicato. Un filmato mandato in onda ieri da Le Iene, apre scenari da incubo sul mondo degli emo. Innanzitutto, chi sono gli emo? “Emo deriva da emotional – spiega Chiara, 15 anni, fin a qualche mese fa una di loro -. Sono ragazzi col ciuffo che si vestono di nero. Emo significa tristezza, tristezza è stile. Lo stile è fatto di tagli e di tipi che fanno finta di essere depressi”. Chi di noi non ha mai incontrato un ragazzo o una ragazza, col ciuffo più lungo del resto della capigliatura, perfettamente liscio e con gli occhi strati di nero? Capita di vederli dappertutto ma Le Iene hanno svelato cosa c’è dietro.

In pratica, questi adolescenti che “fanno finta di essere depressi” per darsi un tono da belli e dannati, in realtà, sono ben più scatenati di quanto potrebbe sembrare a prima vista. I loro raduni, di solito presso il Durex, un locale, si trasformano in orge in cui il sesso senza protezioni è l’unica regola. Perchè? Per diventare popolari. “Il modo più veloci per diventare vip, cioè arrivare a 16mila contatti su Netlog, è quello di farti un ragazzo che è già vip e magari farlo davanti a molte persone” spiega ancora Chiara. Si parla anche di bisessualità – a volte vera, a volte solo una finzione – ma se pensiamo che gli emo che frequentano il Durex sono ragazzi tra i 13 e i 18 anni, ci rendiamo conto che probabilmente a quell’età nessuno possiede la maturità sessuale per poter decidere così nettamente il proprio orientamento. Le scene riprese dal programma di Italia1 mostrano sale fumose dove giovani si ammucchiano su divanetti luridi per consumare rapporti non protetti, anche 15 a sera “se una ragazza è considerata bella“, naturalmente con degli sconosciuti. Chiara parla di raduni in giro per l’Italia, con ragazzi che si spostano per settimane intere senza andare a scuola. Una domanda è d’obbligo: ma i genitori?

Nonostante Chiara dichiari che molti genitori non criticano i figli, immaginiamo scenari di uguale degradazione in famiglie in cui un ragazzino sparisce per giorni e nessuno si preoccupa. Non c’è futuro per questi ragazzi? E se c’è, come lo vedono. L’ex emo conferma che si vive solo nel presente, in una corsa alla distruzione che difficilmente avremmo immaginato. L’adolescenza è un’età complicata – lo dicono dai medici agli opinionisti – ma ancora non riusciamo a capacitarci di come si possa pensare di perdersi così. Il sesso diventa solo un mezzo per avere una effimera notorietà, senza considerare le malattie o le gravidanze. Manca l’informazione? Manca l’affetto vero di amici e familiari? Non si sa, però è certo che manca qualcosa e questo vuoto dentro crea mostri.

Aria. Getto pericoloso di cose


Cass. Sez. III n. 37495 del 17 ottobre 2011 (Cc. 13 lug. 2011)
Pres. De Maio Est. Fiale Ric. PM in proc. Dradi
Aria. Getto pericoloso di cose

Il reato di cui all'art. 674 cod. pen. non è configurabile nel caso in cui le emissioni provengano da una attività regolarmente autorizzata o da una attività prevista e disciplinata da atti normativi speciali e siano contenute nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici provvedimenti amministrativi che le riguardano, il cui rispetto implica una presunzione di legittimità del comportamento
La fattispecie contravvenzionale descritta dall'art. 674 cod. pen. non prevede due distinte ed autonome ipotesi di reato ma un reato unico, in quanto la condotta consistente nel provocare emissioni di gas, vapori o fumo rappresenta una species del più ampio genus costituito dal gettare o versare cose atte ad offendere, imbrattare o molestare persone. Le emissioni di cui alla seconda ipotesi (riferita a gas, vapori o fumo) rientrano già nell'ampio significato dell'espressione “gettare cose”, di cui in realtà costituiscono una specie, e sono state espressamente previste dalla norma unicamente per specificare che quando si tratta di attività disciplinata per legge - e per tale motivo ritenuta dal legislatore di un qualche interesse pubblico e generale - la loro rilevanza penale nasce soltanto con il superamento dei limiti e delle prescrizioni di settore.
E' vero che può costituire molestia anche il semplice arrecare alle persone preoccupazione generalizzata ed allarme circa eventuali danni alla salute da esposizione ad emissioni inquinanti. L'allarme, però, non può derivare da opinioni preconcette e da disinformazione mediatica.

mercoledì 16 novembre 2011

INCONTRO POLITICO !!

COMUNICATO PER GLI AMICI DI PROCACCINI:
CARI AMICI VI COMUNICO CHE SI SONO SVOLTI INCONTRI POLITICI DI NOTEVOLE IMPORTANZA CON LE FORZE POLITICHE PRESENTI SUL TERRITORIO DI ZAGAROLO:
TRA QUESTE HO INCONTRATO IL RESPONSABILE DELLA " ASSOCIAZIONE POLITICA " U.raz" SIGNOR VITTORIO CARATELLI.
CON QUESTI SI è CONVENUTO DI APPROFONDIRE LE TEMATICHE PRESENTI SUL TERRITORIO DI ZAGAROLO.
AL RIGUARDO SI PRECISA CHE TRA GLI ARGOMENTI TRATTATI VI è STATA UNA CONVERGENZA UNILATERALE SULLE INIZIATIVE DA IONTRAPRENDERE.
VI TERREMO INFORMATI SUGLI EVENTUALI INCONTRI CHE SI TERRENNO.
CERTO DEL VOSTRO SOSTEGNO IN QUESTA INIZIATIVA PORGO DISTINTI SALUTI
CAV. MARIO PROCACCINI
PRES. URAZ. VITTORIO CARATELLI

martedì 15 novembre 2011

Cronaca " NERA"


Genova, 70enne uccide due uomini e la moglie, poi si suicida by TMNews
Nelle immagini i momenti immediatamente successivi alla sparatoria che si è svolta a Genova, e ha portato alla morte di quattro persone. Carlo Trabona, 70 anni, ha prima sparato a due fratelli, uccidendoli, poi è tornato a casa e ha ammazzato la moglie e alla fine ha rivolto la pistola contro se stesso: l'uomo viene caricato sull'ambulanza lo porta in ospedale, dove morirà poco dopo. Gli investigatori fanno i primi rilievi sul luogo della tragedia, in via Piacenza, nel quartiere di Molassana: dopo la sparatoria nel bar vicino a casa, dove ha colpito i due fratelli, Trabona è tornato nella sua abitazione, ha ucciso la moglie e si è barricato dentro armato. L'edificio è stato circondato da agenti di polizia, con la dirigente della sezione omicidi della Squadra mobile Alessandra Bucci che ha tentato di convincerlo a consegnarsi: ma poco dopo l'uomo si è sparato. Il movente del gesto sarebbe la gelosia.

Cronaca " NERA"


Marito uccide la moglie a colpi di pistola e fugge. L'omicidio passionale a Cervinara nell'avellinese by TMNews
Ha sparato un colpo al petto di sua moglie, poi è fuggito. A fare fuoco Michele Rivetti, 50 anni di Cervinara, nell'avellinese che ha ucciso Elisa Affinito di 40 anni. Il delitto è avvenuto nel cortile di casa, dove la coppia viveva con i 4 figli e la madre della donna. Secondo una prima ricostruzione degli inquirenti l'uomo, un disoccupato con qualche precedente penale, era roso dalla gelosia e avrebbe ucciso la donna al termine dell'ennesimo litigio. Poi è scappato con la sua auto che in seguito ha abbandonato nel comune di Cancello. Vani intanto i tentativi dei figli di rimettersi in contatto con il padre per convincerlo a consegnarsi.

lunedì 14 novembre 2011

Fascia di rispetto autostradale

Urbanistica.Fascia di rispetto autostradale
TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 2353 del 5 ottobre 2011
Urbanistica.Fascia di rispetto autostradale

Il vincolo di inedificabilità gravante sulla fascia di rispetto autostradale ha carattere assoluto e prescinde dalla caratteristiche dell’opera realizzata, in quanto il divieto di costruzione sancito dall’art. 9 della l. n. 729/1961 e dal successivo d.m. n. 1404/1968 non può essere inteso restrittivamente al solo scopo di prevenire l’esistenza di ostacoli materiali suscettibili di costituire, per la loro prossimità alla sede autostradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico e alla incolumità delle persone, ma appare correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile, all’occorrenza, dal concessionario, per l’esecuzione dei lavori, per l’impianto dei cantieri, per il deposito di materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza limiti connessi alla presenza di costruzioni. Cosicché le distanze previste vanno osservate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale o che costituiscano mere sopraelevazioni o che, pur rientrando nella fascia, siano arretrate rispetto alle opere preesistenti.

giovedì 10 novembre 2011

Vorrei pubblicizzare questa lodevole iniziativa della nostra concittadina, Avv. Tania Della Bella, che, in occasione della pubblicazione del suo libro, devolverà parte dell'incasso per la tutela degli animali e lo sviluppo della pet therapy e ha scelto come luogo della prima presentazione del libro proprio la nostra cittadina di Zagarolo dando anche lustro al paese. Vi invito a partecipare tutti.


mercoledì 9 novembre 2011

Rifiuti. Recupero e procedure semplificate

TAR Lombardia (MI) Sez. IV n.2311 del 28 settembre 2011
Rifiuti. Recupero e procedure semplificate

Tra gli scopi del T.U. ambientale vi sia anche quello di favorire il recupero dei rifiuti rispetto alle tradizionali attività di smaltimento, la legge non ha voluto, con gli artt. 214 ss. del D. Lgs. 152/2006, ritenere che il recupero sia attività irrilevante dal punto di vista ambientale, quanto piuttosto sottoporla ad un regime amministrativo ambientale semplificato e di favore, a condizione però che siano rigidamente osservati i limiti stabiliti dal D.M. 05/02/1998 per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi. Solo il rispetto di fatto di queste condizioni legittima la piena efficacia della d.i.a. e la conseguente iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali.


N. 02311/2011 REG.PROV.COLL.

N. 02120/2007 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2120 del 2007, proposto da: Lariana Costruzioni e Asfalti Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Adolfo Mario Balestreri, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, corso di Porta Vittoria 5;

contro

Provincia di Lecco, rappresentata e difesa dall'avv. Mario Anghileri, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Cornaggia, 10;
Albo Nazionale Gestori Ambientali - Sez. Regionale Lombardia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr.le dello Stato di Milano, domiciliata per legge in Milano, via Freguglia, 1;

per l'annullamento, con motivi aggiunti

- del provvedimento dirigenziale della Provincia di Lecco prot. gen. 22987 del 15 giugno 2007 avente ad oggetto il divieto di prosecuzione dell’attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi effettivamente avviati al riutilizzo con procedure semplificate, ai sensi dell’art. 216 del D. Lgs. 152/2006. Ditta Lariana Costruzioni e Asfalti s.r.l. sede legale: Via A De Gasperi Rogeno Insediamento produttivo: località Moregallo Mandello del Lario;

- per quanto occorrer possa della nota della Provincia di Lecco in data 14 giugno 2007 avente per oggetto rapporto di sopralluogo effettuato in data 7 giugno 2007;

- per quanto occorrer possa della nota prot. 40017 dell’8 settembre 2007 con la quale l’Albo delle Imprese che effettuano la Gestione dei rifiuti Sezione regionale della Lombardia la comunicato alla Lariana Costruzioni la chiusura del procedimento e contestuale archiviazione a seguito di provvedimento di divieto prosecuzione attività ai sensi degli arrt. 214 e 216 del D. Lgs. 152/06 emesso dalla Provincia competente;

- nonché di tutti gli altri atti presupposti, antecedenti e conseguenti.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Lecco e di Albo Nazionale Gestori Ambientali - Sez. Regionale Lombardia;

Vista l’ordinanza del TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 20 novembre 2007 n. 1779;

Vista l’ordinanza del Consiglio di Stato, V, 08/01/2008 n. 156;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2011 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. La ricorrente impugna il provvedimento con il quale la Provincia di Lecco ha disposto il divieto di prosecuzione dell’attività presso il sito produttivo di Mandello del Lario e quello dell’Albo nazionale delle Imprese che svolgono la gestione dei rifiuti che ha archiviato la domanda di iscrizione al registro presentata dalla ricorrente per i seguenti motivi.

I) Violazione dell’art. 33 c. 1 del D. Lgs. 22/1997 e dell’art. 216 del D. Lgs. 152/2006 ed eccesso di potere in quanto il ricorrente avrebbe ottenuto l’autorizzazione semplificata all’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti per silenzio assenso, con la conseguenza che il provvedimento della Provincia di Lecco sarebbe tardivo.

II) Violazione dell’art. 33 c. 1 del D. Lgs. 22/1997 e dell’art. 216 del D. Lgs. 152/2006 ed eccesso di potere in quanto la procedura semplificata permetterebbe di svolgere l’attività di recupero dei rifiuti in via accessoria e strumentale senza i requisiti richiesti in via ordinaria.

III) Illegittimità del provvedimento provinciale per carenza di motivazione in quanto non sarebbero stati indicati in modo specifico, neppure per relationem, i requisiti mancanti.

IV) Violazione dell’art. 33 c. 1 del D. Lgs. 22/1997 e dell’art. 216 del D. Lgs. 152/2006 ed eccesso di potere nella nota della Sezione Regionale dell’Albo Nazionale delle imprese che svolgono attività di smaltimento rifiuti in quanto l’attività della ricorrente avrebbe i requisiti richiesti dalla legge.

V) Illegittimità derivata del provvedimento dell’Albo in conseguenza dei vizi del provvedimento provinciale.

Con il ricorso per motivi aggiunti la ricorrente contesta che l’amministrazione avrebbe integrato la motivazione dei provvedimenti impugnati in giudizio mediante le proprie difese e controbatte alle difese della Provincia.

La difesa della Provincia chiede la reiezione del ricorso.

All’udienza del 5 luglio 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

Il primo motivo di ricorso è infondato.

L'articolo 33 del decreto legislativo 5 luglio 1997 n. 22, ed oggi l’art. 216 del T.U. Ambientale prevede una procedura semplificata, mediante denunzia d'inizio d'attività, di autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti. Il comma 1 dispone che l'attività possa essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione d'inizio di attività alla provincia territorialmente competente, il comma 3 prevede che entro quel termine la provincia verifichi d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti per l'esercizio dell'attività, e il comma 4 prevede che, accertato il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, la provincia disponga il divieto d'inizio o di prosecuzione dell'attività.

Benché la comunicazione di cui trattasi sortisca effetto già per il decorso del termine di 90 giorni, in assenza di specifici divieti o richieste di integrazioni documentali da parte della Provincia, sulla scorta dei meccanismi tipici del silenzio assenso, la comunicazione medesima, pur sortendo l’effetto operativo di legittimare l’attività con il decorso dei termini di legge, soggiace alle disposizioni richiamate dall’art. 31, ultimo comma, del D. Lgs. 22/97 (oggi art. 214 del T.U. Ambiente), ovvero le statuizioni sulla veridicità delle comunicazioni rese e dei relativi atti che la compongono, nonché il divieto di conformazione se si siano rese dichiarazioni false e l’espressa previsione di applicazione della sanzione prevista dall'articolo 483 del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato.

Inoltre poiché la disposizione del terzo comma dell’art. 216 prevede espressamente che la Provincia verifica la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti, disponendo non solo il divieto di inizio ma anche quello di prosecuzione della medesima, si deve ritenere che tale potere di controllo sia esercitabile anche in caso di accertamento successivo alla decorrenza dei termini di inizio attività, qualora si verifichino irregolarità od il mancato rispetto della norma tecnica a presupposto della quale viene svolta l’attività, senza che sia necessaria la rimozione del provvedimento di assenso tacito.

Ne consegue che nessuna consumazione del potere di controllo provinciale si è verificata per il fatto che il diniego di autorizzazione è stato emanato oltre un anno dopo la presentazione della domanda.

Il secondo motivo è infondato in quanto l’art. 126 del D. Lgs. 152/2006 stabilisce al primo comma che l’autorizzazione semplificata opera “a condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3”.

Ne consegue che non si può ritenere che la previsione della comunicazione di inizio di attività costituisca una forma di liberalizzazione dell’attività.

In secondo luogo poiché condizione indispensabile per l’utilizzo della procedura semplificata è, nel caso in questione, il rispetto del D.M. 05/02/1998 per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi, non è possibile ritenere che la mera accessorietà dell’attività di recupero dei rifiuti rispetto all’attività principale giustifichi il mancato rispetto della normativa ambientale.

Sebbene, infatti, tra gli scopi del T.U. ambientale vi sia anche quello di favorire il recupero dei rifiuti rispetto alle tradizionali attività di smaltimento, la legge non ha voluto, con gli artt. 214 ss. del D. Lgs. 152/2006, ritenere che il recupero sia attività irrilevante dal punto di vista ambientale, quanto piuttosto sottoporla ad un regime amministrativo ambientale semplificato e di favore, a condizione però che siano rigidamente osservati i limiti stabiliti dal D.M. 05/02/1998 per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi. Solo il rispetto di fatto di queste condizioni legittima la piena efficacia della d.i.a. e la conseguente iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali.

Non è possibile quindi ritenere che l’attività di recupero non sia soggetta alla normativa ambientale ma a quella dell’attività principale.

Il terzo motivo di ricorso, incentrato sul difetto di motivazione, è infondato in quanto la mancanza dei requisiti richiesti dal DM 05.02.1998 per la gestione dei rifiuti non pericolosi risulta dal confronto diretto tra le foto del verbale dell’ispezione effettuata dalla Provincia il 7 giugno 2007 e la normativa violata. In particolare risultano cumuli scoperti mentre l’allegato 5 al DM citato richiede che “lo stoccaggio in cumuli di rifiuti che possano dar luogo a formazioni di polveri deve avvenire in aree confinate; tali rifiuti devono essere protetti dalle acque meteoriche e dall'azione del vento a mezzo di appositi sistemi di copertura anche mobili”.

Ne consegue che nessun difetto di motivazione può imputarsi al provvedimento amministrativo in quanto la mancata indicazione della specifica disposizione vietata all’interno del DM citato costituisce una mera irregolarità in quanto non rende perplesso il contenuto del provvedimento.

Il quarto motivo di ricorso è irricevibile per tardività in quanto la comunicazione dell’Albo dei Gestori dei rifiuti, trattandosi di atto che ha interrotto il procedimento di iscrizione e direttamente impediente l’esercizio dell’attività, avrebbe dovuto essere impugnato dalla ricorrente nei termini di legge decorrenti dalla conoscenza del provvedimento.

Il motivo è quindi irricevibile per tardività.

Da ultimo va respinto anche il quinto motivo di ricorso ove il ricorrente contesta che il diniego di iscrizione da parte dell’Albo sarebbe viziato da illegittimità derivata dal provvedimento della Provincia che ordina la cessazione dell’attività in quanto quest’ultimo è ritenuto legittimo.

Anche il ricorso per motivi aggiunti è infondato.

In primo luogo non sussiste integrazione postuma della motivazione del provvedimento in quanto la difesa della Provincia ha operato mediante gli atti difensivi una specificazione dei profili di violazione del DM 05/02/1998 che non costituisce integrazione della motivazione.

Infatti la giurisprudenza ha chiarito che in caso di atti vincolati, qual è quello in questione, è sufficiente l’indicazione dei fatti e delle norme giuridiche che attribuiscono all’amministrazione il potere di provvedere (c.d. giustificazione: Cons. Stato, sez. IV 22 giugno 2006 n. 3962). Nel caso in questione i fatti e la fonte normativa che fonda il potere dell’amministrazione erano stati specificati nel provvedimento, mentre la successiva attività difensiva si è limitata a specificare il profilo della violazione perpetrata dal ricorrente, senza che ciò abbia aggiunto nulla al contenuto del provvedimento.

Gli altri motivi del ricorso per motivi aggiunti non costituiscono invece motivi nuovi ma mere repliche alle difese dell’amministrazione e quindi non debbono essere autonomamente esitate.

In definitiva quindi anche il ricorso per motivi aggiunti dev’essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sul ricorso per motivi aggiunti, li respinge.

Condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali a favore dell’amministrazione provinciale, che liquida in euro 2.500,00 oltre IVA e CPA se dovuti. Compensa le spese nei confronti dell’Albo dei Gestori Ambientali sezione regionale della Lombardia.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Adriano Leo, Presidente

Ugo De Carlo, Referendario

Alberto Di Mario, Referendario, Estensore

sabato 5 novembre 2011

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Vincolo di inedificabilità.


Beni Ambientali - Giurisp. Civ. Cass.

Cass. Civile Sez. 1, Sentenza n. 10542 del 19/07/2002
Presidente: Grieco A. Estensore: Benini S. P.M. Palmieri R. (Conf.)
Muscas (Lauro) contro Com. Cagliari (Melis)
(Rigetta, App. Cagliari, 23 novembre 1999).
BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - VINCOLI - IN GENERE - Piano territoriale paesistico - Vincolo di inedificabilità - Natura conformativa - Sussistenza - Decadenza - Esclusione - Disciplina urbanistica - Adeguamento - Necessità.
ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE (O UTILITÀ) - OCCUPAZIONE TEMPORANEA E D'URGENZA - RISARCIMENTO DEL DANNO - Valutazione del bene - Vincolo di inedificabilità - Tutela paesaggistica - Incidenza sul valore - Sussistenza.

Il vincolo di inedificabilità contenuto in un piano territoriale paesistico, che rivela una qualità insita nel bene, sì che la proprietà su di esso è da intendere limitata fin dall'origine, è da considerare vincolo conformativo, non soggetto a decadenza, che incide sul valore del bene in sede di determinazione dell'indennizzo per un'eventuale espropriazione, tanto da rendere irrilevante la definizione, sempre ai fini della valutazione del bene, del regime imposto su di esso dalla disciplina urbanistica, che comunque è tenuta a uniformarsi alla pianificazione paesistica (Corte Cost. 13.7.1990, n. 327; Corte Cost. 9.5.1968, nn. 55 e 56).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ANGELO GRIECO - Presidente -
Dott. ALESSANDRO CRISCUOLO - Consigliere -
Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO - Consigliere -
Dott. UGO VITRONE - Consigliere -
Dott. STEFANO BENINI - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
MUSCAS PAOLO, MUSCAS LUCIANO, MUSCAS MARIA BONARIA, in proprio e quali eredi dell'originario attore MURENU LUIGI, elettivamente domiciliati in ROMA VIA G. BAZZONI 29, presso l'avvocato FRANCESCO ASCIANO, rappresentati e difesi dall'avvocato GIOVANNI M. LAURO, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI CAGLIARI;
- intimato -
e sul 2^ ricorso n^. 07571/00 proposto da:
COMUNE DI CAGLIARI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ARENULA 21, presso l'Avvocato ISABELLA LESTI QUINZIO BELARDINI, rappresentato e difeso dagli avvocati FEDERICO MELIS, GENZIANA FARCI, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
MUSCAS PAOLO, MUSCAS LUCIANO, MUSCAS MARIA BONARIA, in proprio e quali eredi dell'originario attore MURENU LUIGI, elettivamente domiciliati in ROMA VIA G. BAZZONI 29, presso l'avvocato FRANCESCO ASCIANO, rappresentati e difesi dall'avvocato GIOVANNI M. LAURO, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 391/99 della Corte d'Appello di CAGLIARI, depositata il 23/11/99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/03/2002 dal Consigliere Dott. Stefano BENINI;
udito per il ricorrente, l'Avvocato LAURO, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale e rigetto del ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele PALMIERI che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 12.6.1986, Murenu Luigi, Muscas Paolo, Muscas Luciano e Muscas Maria Bonaria, convenivano in giudizio il Comune di Cagliari, chiedendone la condanna al risarcimento del danno per l'occupazione appropriativa di un fondo di loro proprietà, ubicato all'incrocio tra le vie Vidal e Gemelli.
Si costituiva in giudizio l'Amministrazione convenuta, contestando il fondamento della domanda, di cui chiedeva il rigetto. Avverso la sentenza di Tribunale di Cagliari, che, constatata la destinazione a verde dei suoli occupati, condannava l'amministrazione al risarcimento ricorrendo ad una valutazione basata sul criterio dell'edificabilità di fatto, proponeva appello il Comune. Con sentenza depositata il 23.11.1999, la Corte d'Appello di Cagliari, non definitivamente pronunciando, dichiarava che il terreno oggetto di procedura ablativa non era interessato da vincoli espropriativi, e disponeva con ordinanza per il prosieguo del giudizio, assumendo l'erroneità della valutazione effettuata dal c.t.u., in base alla previsione di realizzare campi da tennis con edificio di servizio. Il giudice di merito, inoltre, riteneva inapplicabile alla fattispecie il termine prescrizionale, trattandosi di occupazione del terreno in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, il che dava luogo ad illecito permanente, produttivo di un danno che sfugge all'applicabilità dei criteri del risarcimento regolamentato.
Ricorrono per Cassazione Muscas Paolo, Muscas Luciano e Muscas Maria Bonaria, in proprio e quali eredi di Murenu Luigi, affidandosi a sei motivi, al cui accoglimento si oppone con controricorso il Comune di Cagliari, che a sua volta propone ricorso incidentale fondato su due motivi, contrastato da controricorso dei ricorrenti principali. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve preliminarmente disporsi la riunione dei procedimenti ai sensi dell'art. 335 c.p.c., avendo essi ad oggetto ricorsi avverso la stessa sentenza.
Con il primo motivo del ricorso principale, contrassegnato da "B", Muscas Paolo, Muscas Luciano e Muscas Maria Bonaria, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 1 prot. 1 Convenzione europea dei diritti dell'uomo (e della legge di ratifica 4.8.1955 n. 485), dell'art. 6 (già art. F) del Trattato di Maastricht del 7.2.1992 (e della legge di ratifica 3.11.1992 n. 454), dell'art. 42 Cost., della l. 29.6.1939 n. 1497, in particolare degli artt. 5 e 16, chiedono che la Corte deferisca alla Corte di giustizia delle Comunità europee la questione d'interpretazione dell'art. 6 del Trattato, e dell'ivi richiamato art. 1, secondo comma, del Protocollo addizionale alla CEDU, se detta norma consenta, in relazione alla inedificabilità del suolo di loro proprietà, determinata dal Piano regolatore paesistico, l'adozione di atti di conformazione del territorio costituenti espropriazione di fatto senza indennizzo, con svuotamento sostanziale della proprietà, o se la fattispecie rientri nella seconda disposizione del primo comma, che consente l'espropriazione di pubblica utilità: nel qual caso sarebbe rinvenibile nell'ordinamento nazionale una violazione di tale ultima disposizione, che consequenzialmente dovrebbe essere disapplicata. Successivamente alla pronuncia della Corte europea, ove la norma interna non venga disapplicata, si chiede dichiararsi non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della l. 1497/39, nel suo complesso e in particolare negli artt. 5 e 16 (e delle corrispondenti norme del nuovo d.lgs. 29 ottobre 1999 n. 490), oltre eventualmente agli artt. 7, secondo comma, nn. 2, 3, 4 e 41 quinquies ultimo comma, l. 17.8.1942 n. 1150, degli artt. 5, quarto comma, e 19, primo comma lett. d), e), g), l. reg. Sardegna 22.12.1989 n. 45, dell'art. 4 l. reg. Sardegna 19.5.1981 n. 17, nella parte in cui consentirebbero possa essere inserita nel piano territoriale paesistico la previsione di assoluta inedificabilità di un'area a tempo indeterminato, senza indennizzo o prospettiva espropriativa, in riferimento agli artt. 3, 10 e 42 Cost. Con il secondo motivo, indicato come "C 1^" nel ricorso, i Muscas, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 7, secondo comma, n. 3, 16, quinto comma, 17, primo comma, e 41 quinquies, l. 17.8.1942 n. 1150, 2, primo comma, l. 19.11.1978 n. 1187, 4, ultimo comma, l. 28.1.1977 n. 10, 1, quinto comma, l. 3.1.1978 n. 1, nonché vizio di motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto tuttora vigente il piano particolareggiato di Monte Urpinu, approvato con decreto 18.4.1974 n. 91, mentre il vincolo di inedificabilità, relativamente all'area dei ricorrenti, era già scaduto al momento della trasformazione del fondo.
Con il terzo motivo, indicato con "C 2^", i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 7, secondo comma, nn. 2, 3, e 4, e 41 quinquies, ultimo comma, l. 17.8.1942 n. 1150, 5, quarto comma, e 19, primo comma lett. d), e), g), l. reg. Sardegna 22.12.1989 n. 45, e per il loro tramite, degli artt. 3 e 6 decreto assessoriale 20.12.1983 n. 2266/U, dell'art. 4 l. reg. Sardegna 19.5.1981 n. 17, 1, quarto e quinto comma, l. 3.1.1978 n. 1, e in subordine art. 42 n.a. al p.r.g. approvato il 19.4.1983, vizio di motivazione, censurano la sentenza per aver definito la destinazione a verde, riguardante il suolo espropriato, come vincolo conformativo dipendente dalla zonizzazione del territorio, mentre in realtà la previsione di p.r.g. anticipava la destinazione pubblicistica del suolo, imponendo un vincolo di inedificabilità preordinato ad esproprio, riconducibile alla provvista di standards necessari a dotare la zona urbanistica abitativa dei necessari servizi e infrastrutture.
Con il quarto motivo, indicato come "C 3^" in ricorso, i Muscas, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 5, 7 l. 29.6.1939 n. 1497, dell'art. 2697, secondo comma, c.c., e degli artt. 115, 62 e 194 c.p.c., si dolgono che la sentenza abbia accolto acriticamente le indicazioni del c.t.u. in merito al carattere conformativo del vincolo apposto dal piano paesistico, mentre in realtà nulla risultava in merito all'effettuazione delle formalità di pubblicazione previste dall'art. 4 l. 1497/39, che sono costitutive per l'efficacia del piano, ingenerandosi il dubbio che il piano di Molentargius e Monte Urpinu abbia mai acquistato efficacia e vigenza. Inoltre, non poteva il giudice colmare le lacune istruttorie in cui è incorso il Comune di Cagliari, al fine di provare esistenza, vigenza, efficacia e contenuto del piano paesistico, ricorrendo al c.t.u., che da parte sua ha ecceduto dai limiti del mandato.
Con il quinto motivo di ricorso, indicato come "C 4^", denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 5 bis, commi 3 e 7 bis, l. 8.8.1992 n. 359, 1223, 2043 e 2056 c.c., 14 disp. prel. c.c., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi, censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto, ai fini della valutazione del bene occupato ed irreversibilmente trasformato, della necessità del requisito dell'edificabilità legale, che invece è applicabile solo sul presupposto di applicabilità del risarcimento regolamentato, cioè in presenza di un'occupazione appropriativa, ma non in carenza della dichiarazione di pubblica utilità, situazione che dà luogo ad un illecito permanente, ed in cui non rilevano, dovendo essere il risarcimento ispirato a criteri di integralità, parametrazioni limitative.
Con il sesto motivo di ricorso, indicato come "C 5^", denunciandosi violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 62, 194 e 276 c.p.c., la sentenza è censurata per aver accolto le argomentazioni professate dal c.t.u., il quale ha attribuito una qualificazione giuridica dell'area, mentre gli competeva la sola descrizione ed eventualmente la valutazione, ma sulla base di una qualificazione compiuta dal giudice.
Con il primo motivo del ricorso incidentale, il Comune di Cagliari, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2947, primo comma, c.c., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi, e inoltre violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., censura la sentenza impugnata per aver disatteso l'eccezione di prescrizione: la dichiarazione di pubblica utilità, che la Corte d'appello ha ritenuto insussistente, deriva invece dalla stessa destinazione a verde dello strumento urbanistico comunale. Inoltre, l'affermazione in ordine all'applicabilità della prescrizione quinquennale, ritenuta dal Tribunale, era da ritenere coperta da giudicato, essendo rimessa alla Corte d'appello solo la questione di valutazione delle risultanze istruttorie, circa il dies a quo della stessa.
Con il secondo motivo, il ricorrente incidentale, denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 3, comma 65, l. 23.12.1996 n. 662, 2909 c.c. e 99 e 112 c.p.c., per non aver ritenuto che l'esistenza della dichiarazione di pubblica utilità era coperta da giudicato, ed inoltre per aver pronunciato sull'(in)applicabilità sostanziale della norma sul risarcimento regolamentato, mentre il motivo di appello ne limitava la cognizione alla sola vigenza della norma, venuta a colmare il vuoto subentrato alla dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 1, comma 65, l. 28.12.1998 n. 549. Il ricorso principale è infondato, e va rigettato.
Il primo motivo muove correttamente dal carattere conformativo del vincolo paesaggistico, ma nell'intento di tradurre la negazione dell'indennizzo che ne consegue, nei termini suggestivi di una sproporzionata penalizzazione della proprietà, vi associa un regime di assoluta inedificabilità che non trova riscontro nella disciplina positiva. Il vincolo paesaggistico ha generalmente l'effetto di determinare un regime di inedificabilità relativa, che comporta l'assoggettamento alla preventiva delibazione dell'autorità proposta alla tutela del bene protetto, di ogni progetto concernente la trasformazione e l'uso del bene (artt. 149 e 151 d.lgs. 29.10.1999 n. 490). E, dunque, correttamente il giudice di merito, nel momento in cui, con la sentenza non definitiva oggetto d'impugnazione, dà una qualificazione conformativa al vincolo gravante sulla proprietà, dispone per il prosieguo del giudizio ai fini di una adeguata valutazione in termini di utilizzabilità economica dei terreni, nel quadro di una non incompatibile previsione urbanistica di zona verde a servizio della collettività.
Ciò premesso, il primo motivo non può trovare accoglimento in quanto non è consentito rivolgersi alla Corte di giustizia per ottenerne l'interpretazione di una norma del Trattato, ai sensi dell'art. 234 (ex 177) del Trattato stesso, nei termini invocati dai ricorrenti.
Il par. 2 dell'art. 6 (F) del Trattato di Maastricht, del 7.2.1992, impone all'Unione il rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Questo non deve però indurre a ritenere che si sia determinata un'interposizione del diritto comunitario al rispetto, da parte degli Stati membri della comunità, della Convenzione firmata a Roma il 4.11.1950, di guisa che se ne p ossa demandare l'interpretazione, alla stregua delle norme comunitarie, alla Corte di giustizia di Lussemburgo. Il paragrafo citato impone semplicemente il rispetto, da parte delle istituzioni comunitarie, dei diritti umani, come riconosciuti dalla Convenzione: tanto che l'art. 46 (L), alla lett. d), sancisce l'applicabilità delle disposizioni del trattato istitutivo della Comunità europea relativamente alle competenze della Corte di giustizia, solo "per quanto riguarda l'attività delle istituzioni". La stessa Corte di giustizia, peraltro, chiamata a stabilire se la CEDU fosse parte integrante del diritto comunitario e se essa fosse competente a pronunciarsi nell'ambito di un rinvio pregiudiziale (art. 234), ha dichiarato di non essere competente ad esaminare la compatibilità delle norme nazionali di uno Stato membro con la CEDU allorché tali norme fuoriescano dal campo di applicazione del diritto comunitario (Corte Giustizia 29.5.1997, C-299/95, Kremzow). Le considerazioni ora esposte, del resto, rispecchiano il diverso ambito in cui agiscono le norme comunitarie, da un lato, e la CEDU, dall'altro, che costituisce fonte extra ordinem.
In conclusione, la violazione delle disposizioni della CEDU in quanto tale, e a prescindere dal principio generale di diritto comunitario che eventualmente contribuiscono a formare, non può essere oggetto di scrutinio da parte delle Corti comunitarie.
L'eventuale applicazione, diretta, dell'art. 1 prot. n. 1 della Convenzione (peraltro introdotta nel nostro ordinamento con la legge di ratifica 4.8.1955, n. 848), spetta al giudice nazionale, che ove ravvisi un contrasto della disciplina nazionale è tenuto a dare prevalenza alla norma pattizia, che sia dotata di immediata precettività rispetto al caso concreto, anche ove ciò comporti una disapplicazione della norma interna.
Non sembra che alla luce della norma citata possa ravvisarsi una violazione del diritto fondamentale della proprietà da parte della normativa urbanistica e di tutela del paesaggio. La Convenzione, a parte il potere di espropriare per cause di pubblica utilità, fa salvo il diritto degli Stati di disciplinare l'uso dei beni posseduti, in modo conforme all'interesse generale, e non sembra che ciò precluda, ove lo impongano le esigenze connesse alla protezione dei beni paesaggistici e ambientali, oltre che all'interesse ad un ordinato sviluppo del territorio, una compressione dello ius aedificandi. Dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, si coglie il principio di una necessaria proporzionalità tra l'interesse pubblico perseguito e la proprietà privata, ma di sicuro non si esclude che alla proprietà possa venire imposto un particolare sacrificio per la salvaguardia di interessi paesaggistici e ambientali (sulla legittimità del vincolo forestale, determinante un regime di inedificabilità relativa: Corte europea diritti dell'uomo 27.10.1994, Katte Klitsche de la Grange v. Italy). Ove si passi a valutare la conformità della disciplina dell'uso del territorio, anche se comporti vincoli di inedificabilità, ai principi della Costituzione repubblicana (e fra questi va escluso, per i motivi già detti, il richiamo all'art. 10), va ricordato come risalga proprio all'elaborazione della giurisprudenza costituzionale la teorizzazione di un tipo di vincoli, quelli conformativi della proprietà, configurabili per via di imposizioni a carattere generale e con criteri predeterminati, che riguardano intere categorie di beni, e in quanto connaturati al diritto stesso su quel bene, che nasce limitato, non sono suscettibili di indennizzo (Corte Cost. 9.5.1968, nn. 55 e 56).
Anche il secondo motivo di ricorso appare infondato. Poca importanza ha stabilire se il piano particolareggiato di Monte Urpinu sia scaduto, ove si consideri che il regime di sostanziale giuridico del suolo occupato è stato ricondotto dal giudice di merito, in base ad una ratio decidendi complessa, anche al piano territoriale paesistico di Molentargius - Monte Urpinu approvato nel 1979, all'interno del quale per relationem le limitazioni del p.r.p. sono richiamate, ma autonomamente e con ulteriore riduzione (e senza problemi di scadenza). Al piano paesistico, infatti, vanno ricondotti non solo gli effetti propri di un piano di direttive - destinato a orientare e condizionare l'azione dei soggetti pubblici investiti di competenze urbanistiche - ma anche quelli connaturati ad un piano di prescrizioni, immediatamente vincolante per i soggetti privati (Corte Cost. 13.7.1990, n. 327; sull'irrilevanza della disciplina urbanistica, pur conforme, in presenza di vincolo di inedificabilità per la tutela di testimonianze archeologiche: Cass. 3.5.2000, n. 5513).
Analoga sorte riceve il terzo motivo di doglianza. Non è ravvisabile un interesse a contestare la qualificazione del vincolo urbanistico apposto all'area, se conformativo o espropriativo, se è vero che la disciplina di inedificabilità, o, come sembra nella specie, di edificabilità funzionale alla fruizione pubblica della zona, può essere autonomamente tratta dal piano territoriale paesistico, le cui previsioni limitative all'uso della proprietà non è discutibile che siano conformative. Va osservato in proposito che la primazia assicurata dall'ordinamento al valore ambientale, fa si che le previsioni di tutela del paesaggio prevalgano su ogni altra disciplina concernente l'assetto del territorio. I piani regolatori debbono conformarsi alle indicazioni dei piani paesistici (art. 150 d.lgs. 490/99).
I beni immobili privati qualificati come bellezza naturale costituiscono, fin dall'origine, una categoria di interesse pubblico in virtù delle particolari qualità, previste dalla legge, che ad essi ineriscono; pertanto, quando l'amministrazione impone vincoli paesaggistici a tali beni, non ne modifica la qualità, ne' determina alcuna compressione del diritto su di essi, essendo connaturato a tali beni il limite che il vincolo imposto si è limitato ad evidenziare, con la conseguenza che la suddetta imposizione di vincoli da parte dell'Amministrazione non determina l'insorgenza di un diritto costituzionalmente garantito all'indennizzo, senza che, però, possa escludersi la legittimità di specifiche disposizioni prevedenti, caso per caso, l'adozione di misure intese a ristorare il pregiudizio patito dai titolari di diritti sui beni oggetto del vincolo (Cass. 19.11.1998, n. 11713; Corte Cost. 29.5.1968, n. 56;
4.7.1974, n. 202). Il vincolo panoramico non è soggetto alla disciplina della temporaneità ai sensi dell'art. 2 della legge 19.11.1968 n. 1187, che è dichiaratamente applicabile ai soli vincoli di piano regolatore, e di conseguenza non incorre nella ivi prevista decadenza nel caso di mancata approvazione del piano particolareggiato nel termine previsto, essendo correlato alla tutela del paesaggio in virtù delle caratteristiche dei beni naturalmente paesistici che sono ad esso sottoposti (Cass. 12.6.1991, n. 6649): la distinzione, contenuta nella norma citata, tra vincoli preordinati a esproprio e vincoli che comportano l'inedificabilità, è da riferire, rispettivamente, alle previsioni funzionali alla realizzazione dell'opera pubblica, con imposizioni a titolo particolare su determinate aree, e alle situazioni di temporanea neutralizzazione dello ius aedificandi in attesa di successive regolamentazioni particolareggiate, applicate in via generale a consistenti estensioni territoriali, nella logica della zonizzazione (Cass. 23.4.2001, n. 173/SU; 15.3.1999, n. 2272), sempre comunque a previsioni di piano rese nell'esercizio del potere di pianificazione. Il sistema di tutela del paesaggio, dell'ambiente, del patrimonio storico e artistico, giustificano l'affermazione di limitazioni all'uso della proprietà dei beni vincolati, senza limitarne, peraltro, la commerciabilità, o una redditività diversa da quella dello sfruttamento edilizio, alla luce dell'equilibrio costituzionale tra gli interessi in gioco, che vede alcune delle facoltà del diritto dominicale recessive di fronte alle esigenza di salvaguardia dei valori culturali ed ambientali (art. 9 Cost.), in attuazione della funzione sociale della proprietà (art. 42, secondo comma, Cost.): la questione di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 16 l. 1497/39, e dell'art. 149 d.lgs. 490/99, è da considerare manifestamente infondata.
Il quarto motivo è inammissibile. Esso mira a infirmare la validità ed efficacia del piano paesistico, ma nel suscitare dubbi sull'avvenuta pubblicazione, introduce nella controversia un elemento di assoluta novità nell'oggetto del contendere (che la parte ben avrebbe potuto contestare in fase di merito, a cominciare dal giudizio di primo grado, dopo il deposito della c.t.u.), che richiede accertamenti di fatto, non ammissibili in questa sede (Cass. 4.6.2001, n. 7521; 6.6.2000, n. 7583).
Va disatteso anche il quinto motivo. La sentenza resa dalla Corte d'appello è non definitiva, e disponendo per il prosieguo del giudizio con separata ordinanza, si è limitata ad ascrivere i suoli occupati alla condizione giuridica delle aree classificate S3, verde pubblico di quartiere: ha sconfessato il metodo di valutazione usato dal c.t.u., sulla base dei costi delle costruzioni erigende sugli stessi, e per questo ha assunto la necessità di un'adeguata stima, avendo dato atto che le norme di zona consentono la realizzazione di impianti pubblici, sportivi, ricreativi, culturali e turistici, con edifici che possono occupare una superficie di coperto pari ad 1/5 della superficie.
Ogni critica sulla procedura di valutazione pare, allo stato, prematura, dovendosi escludere, in primo luogo, che il giudice abbia adottato il requisito dell'edificabilità legale (e quindi, se è dato interpretare il timore dei ricorrenti, l'assoluta inedificabilità dei suoli occupati), in funzione di un risarcimento regolamentato, non prospettabile in una situazione di carenza di dichiarazione di pubblica utilità (c.d. "occupazione usurpativa"):
la qualificazione del vincolo a verde non può dirsi repulsiva ad ogni considerazione di redditività del bene, che non è dato cogliere nella motivazione della sentenza impugnata, anche alla luce degli ultimi esiti giurisprudenziali, che per le aree destinate a servizi ed attrezzature pubbliche lasciano spazio ad una valutazione del suolo espropriato in termini di utilizzabilità economica, in cui l'edificazione è solo lo strumento indispensabile per assicurare la funzione urbanistica assegnata alla zona in cui il suolo è compreso (Cass. 23.4.2001, n. 172/SU).
Per motivi analoghi va rigettato il sesto motivo: il giudice di merito non ha assolutamente affidato al c.t.u. il compito di qualificare l'area come edificabile o meno. Dalla sentenza impugnata si legge che l'ausiliario ha accertato la classificazione urbanistico ambientale del bene: opera ben ammissibile, siccome accertamento di fatto, e ciò sia detto anche con riguardo alla doglianza sviluppata nel quarto motivo relativamente all'esistenza e alla disciplina del p.t.p. Sulla scorta della situazione urbanistica, accertata come S3 (la valutazione alternativa fondata su un'ipotetica appartenenza dell'area a zona B5 è già stata scartata dal giudice), e della eventuale edificabilità consentita nel quadro di essa, il giudice procederà ad una più specifica valutazione.
Passando all'esame del ricorso incidentale, esso va rigettato. Riguardo al primo motivo, all'affermazione del giudice di merito, per cui, nella specie, mancherebbe una dichiarazione di pubblica utilità, l'amministrazione obietta doversi ricondurre l'istituzionale riconoscimento del fine d'interesse pubblico, alla stessa previsione di piano che ne prevedeva la destinazione a verde. La doglianza appare generica e di per sè non significativa. Non si specifica a quale strumento, fra quelli menzionati nella stessa sentenza, dovrebbe essere assegnato questo valore, tenendo conto che le previsioni del p.r.g. hanno di regola carattere generale e programmatico, e non sono idonee ad avviare la procedura di acquisizione dei suoli; l'eventuale identificazione della dichiarazione di pubblica utilità con il p.r.p. di Monte Urpinu, approvato con decreto 18.4.1974 n. 91, pare contraddetta dall'assegnazione del carattere conformativo al vincolo, che peraltro la Corte d'appello parrebbe far discendere dalla rettifica apportata allo stesso p.r.p. dal p.t.p. di Molentargius - Monte Urpinu. Sotto l'altro profilo della doglianza, esercitando il sindacato sulla decorrenza della prescrizione, come ritenuta dal giudice di primo grado, la Corte d'appello ha correttamente escluso che il termine fosse mai iniziato a decorrere, atteso il carattere permanente dell'illecito, rappresentato da un'occupazione non assistita da dichiarazione di pubblica utilità: va in proposito osservato che il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, fissato dall'art. 112 c.p.c., non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, nonché in base all'applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dall'istante, con il limite attinente al divieto del giudice stesso di attribuire alla parte un bene non richiesto o, comunque, di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nei fatti di causa e che si basi su elementi di fatto non ritualmente acquisiti in giudizio come oggetto del contraddittorio e non tenuti in alcun conto dal primo giudice (Cass. 12.10.1999, n. 11455; 23.3.1999, n. 2730). Anche il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato. Non è riconoscibile un giudicato sull'esistenza della dichiarazione di pubblica utilità, atteso che per effetto dell'appello, particolarmente riguardo al decorso della prescrizione, era rimasto complessivamente in discussione il diritto al risarcimento del danno per l'occupazione illegittima, per il quale il giudice di primo grado aveva erroneamente trascurato di verificare il carattere istantaneo o permanente dell'illecito da cui esso scaturiva. Nessun elemento, inoltre, può cogliersi dalla sentenza di primo grado per ritenere un passaggio in giudicato del decisum circa "il criterio" di risarcimento, nel senso di una liquidazione decurtata del danno, che avrebbe imposto al giudice d'appello l'applicazione del sopravvenuto art. 5 bis, comma 7 bis, l. 359/92. Per le stesse ragioni poco sopra esposte, il giudice di appello, attribuita ai fatti una diversa qualificazione giuridica, applica la disciplina giuridica che reputa consequenziale.
La reciproca soccombenza induce alla compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta.

venerdì 4 novembre 2011

Ambiente in genere

TAR Toscana Sez. II n.1412 del 21 settembre 2011
Ambiente in genere. Impianti di produzione energia e legittimazione residenti

In linea di principio, i soggetti residenti in prossimità della località nella quale si intende realizzare un impianto di consistenti dimensioni preposto alla produzione di energia elettrica, ed alimentato da combustibili che sono potenzialmente suscettibili di incidere negativamente sulla qualità dell’ambiente, sono legittimati ad impugnare l'atto autorizzativo dell'impianto suddetto, attesa la sussistenza di un loro collegamento stabile con la zona interessata alla realizzazione dell'opera. Né tale legittimazione può essere subordinata alla produzione di una prova puntuale della concreta pericolosità dell'impianto, dovendo reputarsi sufficiente la prospettazione delle temute ripercussioni sul territorio collocato nelle immediate vicinanze della centrale da realizzare. Peraltro, l’interesse di colui che, in una situazione di vicinitas all’impianto autorizzato, propone ricorso può riguardare anche aspetti diversi dalla tutela ambientale atteggiandosi differentemente in relazione al bene della vita che si intende proteggere attraverso l’azione giurisdizionale. Si è perciò ritenuto che anche eterogenei interessi quali l’incompatibilità della struttura con gli insediamenti preesistenti dal punto di vista urbanistico o commerciale possa radicare la legittimazione dei soggetti ricorrenti in relazione al pregiudizio economico temuto.

mercoledì 26 ottobre 2011

LA CRITICA ...........


LA CRITICA AI MAGISTRATI
La Costituzione affida l’esercizio del potere giudiziario ad un corpo di magistrati, selezionati in base al merito, che costituisce “un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” (art. 104, comma 1°, Cost.). La norma vuole impedire qualsiasi interferenza, o peggio, il controllo degli organi del potere politico sulla applicazione della legge, uno dei momenti istituzionali più delicati nella vita di un ordinamento. La funzione giurisdizionale va espletata nella massima serenità. Per questo la giurisprudenza tende a restringere alquanto l’area di legittimità della critica, quando è rivolta ai magistrati.

I tradizionali limiti del diritto di critica arretrano di fronte all’operato dei magistrati non soltanto perché va loro garantita la massima serenità di giudizio a tutela della propria indipendenza. Vi sono almeno due motivi di ordine logico.

Il primo motivo. A differenza dei Poteri legislativo ed esecutivo, che vengono esercitati attraverso un’attività discrezionale nella scelta sia dei fini che dei mezzi, il Potere giudiziario è attività vincolata alle scelte operate da Parlamento e Governo. Questi ultimi sono liberi di decidere, attraverso l’emanazione di norme, quali interessi tutelare e i mezzi attraverso cui apprestare la tutela. Il magistrato, invece, ha l’obbligo di accertare e reprimere la violazione di quelle norme con gli strumenti giuridici tassativamente fornitigli dalla legge, ossia nei tempi e nei modi predefiniti dai Poteri legislativo ed esecutivo. Lo si ricava dall'art. 101, comma 2°, Cost., secondo cui “I giudici sono soggetti soltanto alla legge”.

Il secondo motivo. Nella sua funzione tipica, il magistrato reprime i comportamenti umani che contrastano con l’ordinamento. Lo fa attraverso un lungo e complesso iter, che accerta la verità nel rispetto del principio del contraddittorio. Questo iter culmina nella emanazione della sentenza, basata su quelle argomentazioni logiche e giuridiche che costituiscono la motivazione. La stessa attività giurisdizionale, quindi, rappresenta la forma più esemplare di critica, che il magistrato rivolge nei riguardi di un comportamento umano.

Una critica, però, lontana anni luce da quella finora analizzata, perché è espressione non della libertà garantita dall’art. 21 Cost., ma di un obbligo imposto dall’ordinamento. La critica che il giudice esprime in un provvedimento giudiziario nei riguardi di un comportamento umano non è frutto di una libera scelta, ma è una conseguenza obbligata dell’esercizio delle sue funzioni.

E’ agevole, quindi, comprendere come nei riguardi dell’attività giudiziaria la libertà di critica garantita dall’art. 21 Cost. subisca una compressione. Gli atti compiuti da un magistrato nell’esercizio delle sue funzioni non possono essere posti sullo stesso piano delle azioni di un politico, il quale gode della più ampia libertà di scelta ed è sottoposto soltanto al giudizio dei propri elettori. Non è un caso che Giuliano Ferrara, massimo beneficiario dell’art. 21 Cost. in quanto giornalista, sia stato condannato per aver reso un’intervista nel corso della quale, nel denunciare un uso disinvolto della carcerazione preventiva da parte di alcuni pm, aveva parlato di “avvitamento antigarantista della magistratura italiana sino agli eccessi deliranti di Cordova”. Critiche di un simile tenore sono pressoché quotidiane fra i politici.

La limitazione della libertà di critica è giustificata soprattutto quando ha per oggetto uno specifico provvedimento giudiziario. Qui l’argomentazione su cui deve basarsi la critica assume un’importanza tutta particolare, in quanto lo stesso provvedimento giurisdizionale è la diretta conseguenza di un insieme di argomentazioni, obbligatorie, racchiuse nella motivazione e dirette a conferire validità e logicità al provvedimento finale.

In pratica, esiste sempre uno stretto collegamento tra provvedimento giudiziario e sua motivazione. La sentenza è sempre una conseguenza logica e diretta della motivazione. La sentenza esiste ed è valida se e nella misura in cui esiste la sua motivazione. Tant’è che la motivazione “insufficiente” o “illogica” di una sentenza è uno dei motivi per i quali può farsi ricorso in Cassazione. Di conseguenza, la critica al provvedimento giudiziario è legittima se chi la esprime manifesta proprie argomentazioni in contrapposizione a quelle contenute nella motivazione del provvedimento. La critica rivolta ad un provvedimento giudiziario che non richiamasse quella contrapposizione violerebbe il requisito della continenza formale.

Quindi, l’argomentazione su cui la critica si basa non dovrà limitarsi ad attaccare il risultato finale, ossia il dispositivo della sentenza. Ma dovrà avere di mira la stessa argomentazione adottata dal giudice per giungere alla decisione finale. Solo così la critica ad un provvedimento giudiziario potrà assumere quei toni aspri che in linea di principio sono sempre consentiti dall’art. 21 Cost.

Per chiarire il concetto, è utile richiamare la vicenda dell’assoluzione, nel gennaio 2005, dei presunti terroristi islamici ad opera del gip milanese Clementina Forleo dal reato di “associazione con finalità di terrorismo internazionale” perché l’attività materiale contestata loro è, per quel giudice, finalizzata non a compiere “atti terroristici”, ma a fornire appoggio logistico ad una “guerra di liberazione”, secondo una distinzione riconosciuta dallo stesso diritto internazionale.

Ebbene, non costituisce legittima critica affermare che la sentenza è un “favoreggiamento al terrorismo”, o che “strizza l’occhio al terrorismo internazionale”, o che addirittura quel giudice è “amica di Bin Laden”. Sarà legittima quella critica, anche dura, che nell’evidenziare la distinzione, operata dal giudice, tra appoggio ai movimenti di liberazione e attività terroristica, escluda la possibilità di ricondurre il comportamento degli imputati, così come emerso dagli atti, ad un’attività di appoggio ad un movimento di liberazione.

La conoscenza della motivazione del provvedimento giurisdizionale, ossia delle relative argomentazioni, è quindi indispensabile per una legittima critica al provvedimento stesso. Fino a quando non viene resa nota la motivazione, può tutt’al più esercitarsi il diritto di cronaca, nel rispetto dei suoi tradizionali limiti che qui non hanno alcun motivo di arretrare. Ma per la critica sarà indispensabile conoscere la motivazione, perché è proprio nei confronti delle argomentazioni in essa contenute che il critico potrà legittimamente e aspramente (ma con cognizione di causa) contrapporre le proprie.

Quanto detto, però, ha conseguenze logicamente diverse a seconda del tipo di funzione svolta dal magistrato. Con riferimento alla giustizia penale, è nota la differenza tra giudice e pubblico ministero, laddove il primo deve accertare la verità, mentre il secondo porta avanti un’accusa. Il primo decide in base alle risultanze del principio del contraddittorio, il secondo è parte del contraddittorio stesso.

E’ chiaro che anche le richieste formulate dal pm sono ampiamente motivate, quindi argomentate. Ma non è necessario sforzarsi più di tanto per comprendere come la sua visione della posizione complessiva dell’indagato/imputato sia condizionata dal ruolo che la stessa Costituzione gli affida all’art. 112, comma 1°, Cost., laddove espressamente dice che “Il Pubblico Ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”. Nemmeno la Costituzione, cioè, crede alla “imparzialità” del pubblico ministero.

E non potendosi pretendere dal pubblico ministero l’imparzialità e l’interesse alla verità che invece contraddistinguono l’operato del magistrato giudicante, non si può nemmeno pretendere che l’arretramento dei limiti della libertà di critica debba riferirsi anche alle funzioni esercitate dal pubblico ministero. E la giurisprudenza pare d’accordo su questo, se ha riconosciuto il diritto di critica al giornalista che, nel commentare la richiesta di custodia cautelare da parte di un pm, aveva parlato di “diritti fondamentali diventati un optional affidato ai capricci di chiunque” e di “giustizia con la “g” minuscola”.

Ma i più ampi margini che vanno giustamente riconosciuti alla critica nei riguardi del pm, non autorizzano a collocare il suo operato al di fuori di quanto stabilito dalla Costituzione. Se può essere lecito criticare il comportamento di un pm che reitera le sue richieste di custodia cautelare fino a definirle “liberticide”, non lo si può accusare di strumentalizzare la propria funzione per fini estranei a quelli di giustizia. Additare il pm agli occhi dell’opinione pubblica non semplicemente come un funzionario erroneamente convinto della propria ipotesi accusatoria e poco rispettoso dei diritti dell’indagato/imputato, ma come un funzionario infedele che persegue finalità opposte a quelle che il suo ruolo costituzionale gli impone, non può rientrare nel diritto di critica, se le affermazioni non trovano riscontro obiettivo nella realtà.

In particolare, non può ritenersi lecita la critica che descriva un pm come asservito ad interessi politici. L’uso “politico” della giustizia da parte di un pm è esattamente ciò che la Costituzione ha voluto scongiurare ideando un sistema che escludesse qualsiasi interferenza degli organi politici sull’operato della magistratura. Una simile accusa, che evidenzia la massima distorsione della funzione del pm, va rigorosamente provata, pena la violazione del requisito della verità.

Difesa dell'informazione © 2007 - tutti i diritti riservati - a cura dell'Avv. Antonello Tomanelli (foro di Bologna)

CASSAZIONE.


Cassazione: è ingiuria insultare un lavoratore sul luogo di lavoro e davanti ai suoi colleghi
Rischia una condanna per ingiuria chi insulta un lavoratore sul luogo di lavoro e davanti ai suoi colleghi pronunciando ad esempio l'espressione "lei dice solo ...
sentenza n. 37380 del 17 ottobre 2011.


Cassazione: giro di vite contro le promozioni facili in cambio di 'regali'
Nuovo giro di vite della Cassazione contro le promozioni facili date in cambio di "regali". I giudici da suprema corte hanno infatti confermato una condanna ...

Cassazione: anche l'espressione "furbetto del quartierino" è offensiva
Continua l'elenco delle espressioni sconvenienti messe al bando dalla Cassazione. Questa volta si tratta dell'espressione "furbetto del quartierino" che è ...

sabato 22 ottobre 2011

Stoccaggio geologico del biossido di carbonio


Stoccaggio geologico del biossido di carbonio
Aria - Legisl. Nazionale

DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2011, n. 162
Attuazione della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico del biossido di carbonio, nonche' modifica delle direttive 85/337/CEE, 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE, 2008/1/CE e del Regolamento (CE) n. 1013/2006

Capo I Finalita' e ambito di applicazione


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 4 giugno 2010, n. 96, Legge comunitaria 2009,
recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alla Comunita' europea, ed in
particolare l'articolo 16;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n.
128, recante norme di polizia delle miniere e delle cave, nonche' le
successive modificazioni;
Vista la legge 26 aprile 1974, n. 170, recante disciplina dello
stoccaggio di gas naturale in giacimenti di idrocarburi, come
modificata dal decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164;
Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241, recante norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi, come modificata dalla legge 8 febbraio 2005, n. 15 e
dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
Visto il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, recante
attuazione della direttiva 92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute
dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della
direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori
nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee;
Visto il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, recante
attuazione della direttiva 96/92/CE concernente norme comuni per il
mercato interno dell'energia elettrica;
Visto il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, recante
l'attuazione della direttiva n. 98/30/CE relativa a norme comuni per
il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della
legge 17 maggio 1999, n. 144;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n.
327, recante il testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita',
come modificato dal decreto legislativo 27 dicembre 2004, n. 330;
Visti la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici, ratificata con legge 15 gennaio 1994, n. 65, e il
Protocollo di Kyoto, ratificato con legge 1° giugno 2002, n. 120;
Vista la direttiva n. 2003/87/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 13 ottobre 2003, e successive modificazioni, che
istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas a
effetto serra nella Comunita' e che modifica la direttiva 96/61/CE
del Consiglio;
Vista la legge 23 agosto 2004, n. 239, sul riordino del settore
energetico, nonche' delega al Governo per il riassetto delle
disposizioni vigenti in materia di energia;
Visto il decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, recante
attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla
prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento;
Visto il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 21
gennaio 2011, recante modalita' di conferimento della concessione di
stoccaggio di gas naturale in sotterraneo e relativo disciplinare
tipo, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 2 febbraio 2011;
Visto il decreto direttoriale del 4 febbraio 2011, recante
procedure operative di attuazione del decreto ministeriale 21 gennaio
2011 e modalita' di svolgimento delle attivita' di stoccaggio e di
controllo, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del decreto
ministeriale 21 gennaio 2011, pubblicato nel supplemento ordinario n.
43 alla Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18 febbraio 2011;
Visto il decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216, e successive
modificazioni, recante attuazione delle direttive 2003/87 e
2004/101/CE in materia di scambio di quote di emissione dei gas a
effetto serra nella Comunita', con riferimento ai meccanismi di
progetto del Protocollo di Kyoto;
Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive
modificazioni, recante norme in materia ambientale;
Visto il regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 14 giugno 2006, e successive modificazioni, recante
norme in materia di spedizioni di rifiuti;
Vista la decisione della Commissione 2007/589/CE del 18 luglio
2007, che istituisce le linee guida per il monitoraggio e la
comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della
direttiva 2003/87/CE e la relativa deliberazione n. 14 del 10 aprile
2009 del Comitato di gestione della direttiva 2003/87/CE e per il
supporto nelle attivita' di progetto del Protocollo di Kyoto;
Visto il decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, convertito, con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 125, recante misure
urgenti per l'attuazione di disposizioni comunitarie in materia di
liberalizzazione dei mercati dell'energia;
Visto il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, di attuazione
dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, recante norme in
materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro
e il decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106, recante disposizioni
integrative e correttive;
Visto il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, recante
disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la
perequazione tributaria, ed in particolare l'articolo 28 con il quale
viene istituito l'Istituto superiore per la ricerca e per la
protezione ambientale (ISPRA);
Vista la legge 23 luglio 2009, n. 99, recante disposizioni per lo
sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia
di energia;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 23 marzo 2011;
Acquisito il parere dalla Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
espresso in data 18 maggio 2011;
Acquisiti i pareri dalle competenti Commissioni parlamentari della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 28 luglio 2011;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del
Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri
degli affari esteri, della giustizia e dell'economia e delle finanze;

E m a n a
il seguente decreto legislativo:

Art. 1

Finalita'

1. Il presente decreto reca le disposizioni per la trasposizione
nell'ordinamento nazionale della direttiva 2009/31/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa allo stoccaggio
geologico di biossido di carbonio (CO 2 ) e recante modifica della
direttiva 85/337/CEE del Consiglio, delle direttive del Parlamento
europeo e del Consiglio 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE,
2006/12/CE, 2008/1/CE e del regolamento (CE) n. 1013/2006 del
Parlamento europeo e del Consiglio.
2. Al fine di contribuire alla lotta al cambiamento climatico
attraverso la riduzione delle emissioni in atmosfera di gas a effetto
serra, da conseguirsi con il massimo livello possibile di efficienza
e sostenibilita' ambientale nonche' di sicurezza e tutela della
salute della popolazione, il presente decreto stabilisce un quadro di
misure volte a garantire lo stoccaggio geologico di CO 2 in
formazioni geologiche idonee.



Capo I Finalita' e ambito di applicazione

Art. 2

Ambito di applicazione e divieti

1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano allo
stoccaggio geologico di CO 2 nel territorio italiano e nell'ambito
della zona economica esclusiva e della piattaforma continentale
definita nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare
del 10 dicembre 1982 (UNCLOS).
2. E' vietato lo stoccaggio di CO 2 nella colonna d'acqua.



Capo I Finalita' e ambito di applicazione

Art. 3

Definizioni

1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) stoccaggio geologico di CO 2 : l'iniezione, accompagnata dal
confinamento, di flussi di CO2 in formazioni geologiche sotterranee
prive di scambio di fluidi con altre formazioni;
b) colonna d'acqua: la massa d'acqua continua che si estende
verticalmente tra la superficie e i sedimenti del fondo di un corpo
idrico;
c) sito di stoccaggio: l'insieme del volume della formazione
geologica utilizzata ai fini dello stoccaggio geologico di CO 2 ,
della sua proiezione in superficie, nonche' degli impianti di
superficie e di iniezione connessi;
d) formazione geologica: una suddivisione litostratigrafica
all'interno della quale e' possibile individuare e rappresentare
graficamente una successione di strati rocciosi distinti inclusi i
giacimenti esauriti e semi esauriti;
e) complesso di stoccaggio: il sito di stoccaggio e il dominio
geologico circostante in grado di incidere sull'integrita' e sulla
sicurezza complessive dello stoccaggio, cioe' le formazioni di
confinamento secondario;
f) fuoriuscita: qualsiasi rilascio o perdita di CO 2 dal
complesso di stoccaggio;
g) unita' idraulica: uno spazio poroso collegato idraulicamente
in cui la trasmissione della pressione puo' essere misurata e che e'
delimitato da barriere di flusso, quali faglie, duomi salini, limiti
litologici, ovvero dalla chiusura stratigrafica o dall'affioramento
della formazione;
h) esplorazione: la valutazione del complesso di stoccaggio
potenziale eseguita ai fini dello stoccaggio geologico di CO 2 per
mezzo di attivita' di indagine del sottosuolo, che puo' includere le
perforazioni, al fine di ricavare informazioni geologiche sulla
stratigrafia del complesso di stoccaggio potenziale, anche attraverso
l'effettuazione di prove di iniezione;
i) licenza di esplorazione: un atto emanato a norma del presente
decreto che autorizza le attivita' di esplorazione e specifica le
condizioni alle quali queste possono essere esercitate ed il relativo
ambito territoriale;
l) gestore: soggetto che detiene o gestisce il sito di stoccaggio
o al quale, ai sensi della legislazione nazionale, e' stato delegato
un potere economico determinante per quanto riguarda l'esercizio
tecnico del sito di stoccaggio;
m) autorizzazione allo stoccaggio: un atto emanato a norma del
presente decreto, che attribuisce in concessione lo stoccaggio
geologico di CO 2 in un sito di stoccaggio e che specifica le
condizioni alle quali lo stoccaggio puo' aver luogo;
n) modifica sostanziale: una modifica a quanto previsto
nell'autorizzazione allo stoccaggio che puo' avere effetti o
conseguenze significativi sull'ambiente o sulla salute umana, ovvero
una modifica rilevante al programma lavori autorizzato;
o) flusso di CO 2 : un flusso di sostanze derivanti dai processi
di cattura di CO2 ;
p) rifiuto: le sostanze definite come rifiuto all'articolo 183,
comma 1, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e
successive modificazioni;
q) pennacchio di CO 2 : il volume di CO2 diffuso nella formazione
geologica;
r) migrazione: lo spostamento di CO 2 all'interno del complesso
di stoccaggio;
s) irregolarita' significativa: un'irregolarita' nelle operazioni
di iniezione o stoccaggio di CO 2 o nelle condizioni del complesso di
stoccaggio in quanto tale, che comporta un rischio di fuoriuscita o
un rischio per l'ambiente o la salute umana;
t) rischio significativo: la combinazione della probabilita' del
verificarsi di un danno e della sua entita' che non puo' essere
ignorata senza mettere in discussione la finalita' del presente
decreto;
u) provvedimenti correttivi: qualsiasi misura adottata per
correggere un'irregolarita' significativa o per bloccare la
fuoriuscita di CO 2 al fine di impedire o arrestare il rilascio di
CO2 dal complesso di stoccaggio;
v) chiusura: la cessazione definitiva delle operazioni di
iniezione di CO 2 nel sito di stoccaggio interessato;
z) fase di post-chiusura: il periodo di tempo successivo alla
chiusura di un sito di stoccaggio, compreso quello successivo al
trasferimento della responsabilita';
aa) rete di trasporto: la rete di condutture, comprese le
stazioni intermedie di pompaggio, per il trasporto di CO 2 al sito di
stoccaggio.
2. Ai fini del presente decreto si applicano inoltre le definizioni
di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216,
e successive modificazioni, che istituisce un sistema per lo scambio
di quote di emissioni dei gas ad effetto serra nella Comunita' e che
modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio.



Capo I Finalita' e ambito di applicazione

Art. 4

Organo tecnico

1. Per l'adempimento dei compiti previsti dal presente decreto, il
Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, di seguito denominato:
«Ministero dell'ambiente», si avvalgono come organo tecnico del
Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE e per
il supporto nella gestione delle attivita' di progetto del Protocollo
di Kyoto di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo 4 aprile
2006, n. 216, e successive modificazioni, di seguito denominato:
«Comitato». A tale fine il Comitato e' integrato nel suo Consiglio
direttivo da tre componenti, uno nominato dal Ministro dell'ambiente,
uno nominato dal Ministro dello sviluppo economico, fra il personale
di dette amministrazioni, ed uno designato dalla Conferenza unificata
istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e
dalla Segreteria tecnica di cui al comma 2.
2. E' istituita nell'ambito del Comitato la Segreteria tecnica per
lo stoccaggio di CO 2 , di seguito denominata: «Segreteria tecnica».
La Segreteria tecnica e' composta da 13 unita', con comprovata
esperienza nei settori interessati dal presente decreto, di cui una
con funzioni di coordinatore. I membri della Segreteria tecnica sono
nominati dal Ministro dell'ambiente e dal Ministro dello sviluppo
economico, di cui quattro fra il personale di dette amministrazioni,
due dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale
(ISPRA), due dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e
le georisorse (UNMIG), un rappresentante designato dall'Istituto
superiore di sanita' (ISS), un rappresentante designato dal Ministero
dell'interno, un rappresentante designato dal Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, e due
rappresentanti designati dalla Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, di seguito denominata: «Conferenza Stato-regioni».
3. La Segreteria tecnica in casi eccezionali, ove necessario, si
avvale di enti, istituti ed organismi di ricerca per lo svolgimento
delle sue attivita'.
4. Il Comitato propone le modifiche al regolamento previsto dal
comma 10 dell'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 216 del 2006,
e successive modificazioni, al fine di adeguarlo alle disposizioni
del presente decreto.
5. Il Comitato di cui al comma 1 ha il compito di fornire supporto
tecnico al Ministero dello sviluppo economico ed al Ministero
dell'ambiente nell'ambito delle seguenti attivita':
a) gestione ed aggiornamento del Registro di cui all'articolo 5,
comma 1;
b) individuazione dei formati da utilizzare per la comunicazione
dei dati di cui all'articolo 6, comma 1;
c) elaborazione dei dati ai fini dell'individuazione delle aree
di cui all'articolo 7, comma 1;
d) valutazione della capacita' di stoccaggio disponibile di cui
all'articolo 7, comma 5;
e) esame delle istanze ai fini dell'assegnazione delle licenze di
esplorazione di cui all'articolo 8, comma 2, delle modifiche ed
integrazioni di cui al comma 9 dello stesso articolo;
f) esame delle istanze ai fini del rilascio delle autorizzazioni
allo stoccaggio di cui all'articolo 12 e delle modifiche, dei
riesami, degli aggiornamenti, delle revoche e delle decadenze di cui
all'articolo 17;
g) approvazione del piano di monitoraggio di cui all'articolo 19,
comma 2;
h) prescrizione di provvedimenti relativi alla tutela della
salute pubblica di cui all'articolo 22, comma 2;
i) esame del piano di post-chiusura del sito di stoccaggio di cui
all'articolo 23, comma 4;
l) esame della relazione di cui all'articolo 24, comma 2;
m) promozione del tentativo di conciliazione di cui all'articolo
29 per la risoluzione delle controversie relative all'accesso alla
rete di trasporto ed ai siti di stoccaggio;
n) emissione di ingiunzione di pagamento delle sanzioni di cui
all'articolo 33.



Capo I Finalita' e ambito di applicazione

Art. 5

Registro per il confinamento e lo stoccaggio di CO 2

1. E' istituito presso il Comitato, senza nuovi e maggiori oneri a
carico del bilancio dello Stato, il Registro per il confinamento e lo
stoccaggio di CO 2 , di seguito Registro.
2. Il Registro contiene le indicazioni riguardanti:
a) infrastrutture di trasporto esistenti e progettate;
b) le licenze, le autorizzazioni e le delibere del Comitato;
c) l'elenco dei siti di stoccaggio di CO 2 chiusi, dei siti di
stoccaggio di CO2 per i quali sia avvenuto un trasferimento di
responsabilita' ai sensi dell'articolo 24 e dei complessi di
stoccaggio circostanti, comprendente anche mappe e sezioni relative
alla loro estensione territoriale e le informazioni disponibili utili
per valutare se il CO2 stoccato sara' confinato completamente e in
via permanente.
3. Il Comitato provvede alla gestione e all'aggiornamento del
Registro ed assicura l'accesso del pubblico ai dati nel rispetto del
decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, anche consentendo la
consultazione per via telematica.
4. Le informazioni contenute nel Registro di cui al comma 1 devono
essere tenute in debito conto nell'ambito delle procedure di
pianificazione territoriale e per l'autorizzazione di opere o
attivita' che potrebbero avere o subire ripercussioni dallo
stoccaggio geologico di CO 2 .



Capo I Finalita' e ambito di applicazione

Art. 6

Creazione e gestione della banca dati centrale e acquisizione di dati
esistenti

1. E' istituita presso il Ministero dello sviluppo economico, senza
nuovi e maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, una banca
dati alla quale dovranno confluire, nei formati stabiliti dal
Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente, su
proposta del Comitato, i dati acquisiti ed elaborati nel corso delle
varie fasi delle attivita' di esplorazione e di stoccaggio di CO 2 ,
secondo le disposizioni contenute nel decreto legislativo 7 marzo
2005, n. 82.
2. Ai fini dell'individuazione delle aree di cui al comma 1
dell'articolo 7, gli operatori minerari, petroliferi, geotermici e
gli istituti di ricerca mettono a disposizione del Ministero dello
sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente i dati geofisici,
geologici e geominerari acquisiti ed elaborati durante le attivita'
minerarie e di ricerca scientifica pregresse. Gli operatori
segnaleranno le potenziali criticita' derivanti dalla eventuale
coesistenza con un sito di stoccaggio di CO 2 che saranno valutate
nell'ambito delle istruttorie tecniche di cui agli articoli 11 e 16.
3. E' garantita la riservatezza del complesso dei dati messi a
disposizione nell'ambito dell'utilizzo ai fini dell'applicazione del
presente decreto.
4. Nel caso di siti di stoccaggio di CO 2 per i quali e' stata
presentata richiesta di autorizzazione o chiusura, i gestori
forniscono per l'inserimento nella banca dati, nei formati stabiliti,
almeno le seguenti informazioni:
a) caratterizzazione degli strati rocciosi utilizzati nel sito di
stoccaggio di CO 2 per mezzo dei dati geologici disponibili,
comprensiva di mappe e sezioni che ne riproducano l'estensione
spaziale;
b) caratterizzazione delle acque di formazione presenti negli
strati rocciosi e delle condizioni di pressione predominanti;
c) valutazione o rilevazione delle differenze di pressione negli
strati rocciosi derivanti dallo stoccaggio;
d) ulteriori informazioni disponibili, in base alle quali possa
essere valutato se il CO 2 stoccato potra' essere completamente
confinato per un periodo di tempo indeterminato;
e) rilevazione o valutazione degli effetti ambientali associati
allo stoccaggio.
5. Il Ministero dello sviluppo economico promuove la stipula di
accordi tra gli operatori minerari, petroliferi e geotermici ed i
titolari di licenza di esplorazione per lo scambio di dati geologici,
geofisici e geominerari acquisiti durante le attivita' minerarie
pregresse.



Capo II Stoccaggio

Art. 7

Analisi e valutazione del potenziale di stoccaggio

1. Il Ministero dell'ambiente ed il Ministero dello sviluppo
economico, sulla base dei dati elaborati dal Comitato, sentito il
Ministero della difesa ai sensi dell'articolo 334 del decreto
legislativo 15 marzo 2010, n. 66, d'intesa con la Conferenza
Stato-regioni, individuano, con apposito decreto, entro 24 mesi dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, le aree del
territorio nazionale e della zona economica esclusiva all'interno
delle quali possono essere selezionati i siti di stoccaggio ai sensi
del presente decreto e le aree nelle quali lo stoccaggio non e'
permesso.
2. L'individuazione delle zone all'interno delle quali possono
essere selezionati i siti di stoccaggio ai sensi del presente decreto
e le aree nelle quali lo stoccaggio e' permesso e' soggetta a
Valutazione ambientale strategica ai sensi del decreto legislativo n.
152 del 2006.
3. Nelle more dell'individuazione delle aree di cui al comma 1, e
comunque per un periodo non superiore a 24 mesi dall'entrata in
vigore delle presenti norme, eventuali licenze di esplorazione ed
autorizzazioni allo stoccaggio sono rilasciate, in via provvisoria,
nel rispetto degli articoli 8, 11, 12 e 16 del presente decreto.
4. Successivamente all'individuazione delle aree di cui al comma 1,
le licenze di esplorazione e le autorizzazioni allo stoccaggio
provvisorie rilasciate ai sensi del comma 3, sono soggette a
conferma.
5. Il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero
dell'ambiente effettuano, con il supporto del Comitato, una
valutazione della capacita' di stoccaggio disponibile nelle
formazioni geologiche di sottosuolo del territorio nazionale
individuate sulla base di un'analisi tecnica, tenuto conto delle
indicazioni fornite dagli operatori di cui al comma 2 dell'articolo 6
o desumibili da studi, progetti di ricerca e sperimentazioni relative
alla cattura, trasporto e confinamento di CO 2 in formazioni
geologiche idonee, disponibili in materia.
6. L'idoneita' di una formazione geologica ad essere adibita a sito
di stoccaggio e la relativa sicurezza sono stabilite in sede di esame
della domanda di autorizzazione allo stoccaggio, in base alla
valutazione del potenziale complesso di stoccaggio e dell'area
circostante secondo i criteri fissati all'allegato I e solo se non vi
e' un rischio significativo di fuoriuscita e se non sussistono rischi
rilevanti per l'ambiente o la salute.
7. Nel caso in cui la domanda di autorizzazione allo stoccaggio di
CO 2 sia relativa ad un sito potenzialmente utilizzabile per la
produzione di idrocarburi o risorse geotermiche, o lo stoccaggio di
idrocarburi, il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero
dell'ambiente, valutate le diverse opzioni, stabiliscono quale dei
diversi possibili utilizzi sia prioritario ai fini dell'interesse
nazionale.
8. Nel caso in cui la domanda di autorizzazione allo stoccaggio di
CO 2 sia relativa ad una area gia' oggetto di titolo minerario, il
Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell'ambiente
valutano la compatibilita' dell'attivita' di stoccaggio con le
attivita' gia' in atto, con particolare riferimento a quelle di cui
alla lettera m) della fase 1 dell'Allegato 1. In particolare non
potranno essere effettuate perforazioni che intercettino giacimenti e
sistemi geologici connessi interessati da attivita' di coltivazione
di minerali solidi.
9. Per lo stoccaggio di CO 2 non possono essere utilizzate
formazioni geologiche interessate da falde acquifere le cui acque
possono avere uso potabile o irriguo.
10. Sono esclusi dallo stoccaggio di CO 2 i Comuni classificati in
zona sismica 1 ai sensi dell'ordinanza del Presidente del Consiglio
dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003. Per le aree ricadenti nelle
zone 2, 3 e 4 il proponente dell'impianto dovra' allegare al progetto
una relazione sulle possibili interferenze tra le azioni sismiche e
la formazione geologica interessata.



Capo II Stoccaggio

Art. 8

Licenze di esplorazione

1. Qualora le informazioni contenute nella banca dati di cui
all'articolo 6 o comunque le conoscenze disponibili non consentano
l'effettuazione di una corretta valutazione dei complessi di
stoccaggio, ulteriori dati ed informazioni sono acquisiti attraverso
nuove indagini del sottosuolo previo rilascio di un'apposita licenza.
2. Le licenze di esplorazione sono rilasciate ai soggetti
richiedenti, su parere del Comitato, dal Ministero dello sviluppo
economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e d'intesa con
la regione territorialmente interessata, con procedimento unico nel
cui ambito vengono acquisiti gli atti di assenso delle
amministrazioni interessate, unitamente all'esito della procedura di
valutazione d'impatto ambientale di cui alla Parte II del decreto
legislativo n. 152 del 2006 recante norme in materia ambientale,
secondo la procedura di cui all'articolo 11.
3. I soggetti richiedenti devono dimostrare di essere in possesso
delle capacita' tecniche, organizzative ed economiche necessarie allo
svolgimento delle attivita', secondo quanto previsto all'allegato
III.
4. Ai fini della valutazione del complesso di stoccaggio, le
attivita' comprese nel programma lavori della licenza di esplorazione
possono prevedere una fase di sperimentazione di iniezione di CO 2 .
5. La durata di una licenza e' di 3 anni. Entro la data di scadenza
il soggetto autorizzato puo' richiedere una proroga per un ulteriore
periodo massimo di anni 2, documentando le operazioni svolte, le
motivazioni che non hanno permesso di ultimare le indagini nei tempi
previsti e gli elementi emersi che consentono di prevedere un
positivo risultato della ricerca, nonche' il tempo ulteriormente
necessario per completare l'indagine. La regione territorialmente
interessata e' sentita ai fini della concessione della proroga.
6. Il titolare di una licenza di esplorazione ha il diritto
esclusivo di esplorazione del potenziale complesso di stoccaggio di
CO 2 . Durante il periodo di validita' della licenza, non sono
consentiti utilizzi del complesso incompatibili con quanto previsto
dalla licenza.
7. La licenza di esplorazione e' soggetta alle norme in materia di
valutazione di impatto ambientale e viene rilasciata a condizione
che:
a) sia stato presentato un programma di indagine idoneo, coerente
con i criteri fissati nell'allegato I;
b) siano esclusi effetti negativi a danno di concessioni
minerarie esistenti o di giacimenti minerari;
c) siano previste le misure necessarie a garantire la prevenzione
di pericoli per la vita, la salute e la proprieta' delle persone
addette al servizio e dei terzi;
d) siano garantite e intraprese le precauzioni adeguate per la
protezione dei beni ambientali e, qualora cio' non sia possibile,
venga garantito il loro ripristino;
e) nell'area delle acque territoriali della propria zona
economica esclusiva e della piattaforma continentale:
1) non siano compromesse la sicurezza, l'ambiente e
l'efficienza del traffico marittimo;
2) la posa in opera, la manutenzione e la gestione di cavi
sottomarini e condotte, nonche' l'effettuazione di ricerche
oceanografiche o altre ricerche scientifiche, non danneggino la
pesca, piu' di quanto non sia imposto dalle circostanze e in maniera
impropria;
f) la prova dell'avvenuta prestazione della garanzia
finanziaria o altro mezzo equivalente richiesto a norma dell'articolo
25, prima che abbiano inizio le operazioni di esplorazione.
8. Per il periodo di validita' della licenza di esplorazione non
sono consentiti usi diversi del territorio che possano pregiudicare
l'idoneita' del sito quale potenziale complesso di stoccaggio di CO 2
.
9. La modifica o integrazione delle attivita' di esplorazione
autorizzate e' consentita previa approvazione del Ministero dello
sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente, su
parere del Comitato.



Capo II Stoccaggio

Art. 9

Utilizzo del suolo di terzi

1. Le opere necessarie all'esplorazione sono dichiarate di pubblica
utilita' a tutti gli effetti del decreto del Presidente della
Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e successive modificazioni.
2. I proprietari e gli eventuali utilizzatori dei terreni compresi
nel perimetro che delimita l'aerea della licenza consentono, ai fini
dell'indagine, l'accesso al suolo da parte delle persone autorizzate
all'indagine o loro incaricati. L'accesso a laboratori, impianti e
locali e' consentito, ai fini dell'indagine, durante i rispettivi
orari di lavoro, di ufficio o di soggiorno solo in presenza del
proprietario, di altri utilizzatori autorizzati o persona incaricata;
l'accesso alle abitazioni e' consentito solo previa autorizzazione
del titolare o dei titolari dell'abitazione.
3. L'intenzione di condurre attivita' di indagine deve essere
direttamente notificata dal titolare della licenza al proprietario
del suolo o ad altri utilizzatori autorizzati con un preavviso minimo
di due settimane oppure, qualora siano necessari oltre 50 avvisi, per
mezzo di pubblico avviso, nei comuni interessati dall'indagine.
4. Il titolare della licenza e' tenuto, una volta terminata
l'indagine, a ripristinare immediatamente lo stato di fatto e di
diritto antecedente all'occupazione temporanea. Le installazioni
fisse e mobili devono essere rimosse qualora non siano piu'
necessarie ai fini dell'indagine. Il titolare ha la facolta' di
chiedere il mantenimento delle installazioni costruite in fase di
indagine nel caso abbia presentato richiesta di autorizzazione allo
stoccaggio.
5. Qualora, a seguito delle attivita' autorizzate, insorgano
pregiudizi patrimoniali, il titolare della licenza e' tenuto a
corrispondere al proprietario o altro legittimo utilizzatore adeguato
indennizzo in denaro.



Capo II Stoccaggio

Art. 10

Revoca della licenza di esplorazione

1. La licenza di esplorazione viene revocata, previa diffida e
sentita la regione territorialmente interessata, dal Ministero dello
sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente:
a) qualora venga meno uno dei requisiti essenziali per il
rilascio;
b) qualora il soggetto autorizzato si sia reso inadempiente alle
prescrizioni previste dalla licenza;
c) qualora il soggetto autorizzato all'esplorazione non abbia
iniziato i lavori entro un anno dal rilascio della licenza, a causa
di inerzia ingiustificata, o abbia interrotto i lavori per oltre un
anno senza giustificato motivo.
2. In caso di revoca della licenza di esplorazione o rinuncia da
parte del titolare, lo stesso e' tenuto ad effettuare i lavori di
messa in sicurezza e di ripristino ambientale, ai sensi della
normativa vigente.



Capo II Stoccaggio

Art. 11

Norme procedurali per il rilascio della licenza di esplorazione

1. La domanda per il rilascio della licenza di esplorazione e'
redatta in forma cartacea e su supporto informatico ed e' trasmessa
al Ministero dello sviluppo economico e per conoscenza al Ministero
dell'ambiente, alla regione territorialmente interessata e al
Comitato esclusivamente su supporto informatico. L'operatore
garantisce la conformita' della domanda redatta in forma cartacea con
quella presentata su supporto informatico e sottoscritta con firma
digitale basata su un certificato qualificato, rilasciato da un
certificatore accreditato ai sensi del decreto legislativo 7 marzo
2005, n. 82, e successive modificazioni. All'atto della domanda il
richiedente presenta quietanza dell'avvenuto pagamento della tariffa
di cui all'articolo 27, comma 1. Nella domanda il richiedente deve
specificare le finalita' dell'indagine e gli obiettivi tecnici che si
intendono conseguire. Inoltre dovra' essere indicata l'area di
indagine riportata in una mappa nella scala adeguata nonche' il
programma dei lavori con la descrizione delle attivita' esplorative
che intende eseguire.
2. La domanda viene pubblicata sui siti web del Ministero dello
sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente. Entro 30 giorni
dalla data di pubblicazione possono essere presentate ulteriori
istanze in concorrenza che insistono sulla stessa area.
3. Per l'espletamento dell'istruttoria tecnica relativa a ciascuna
licenza di esplorazione a terra, la Segreteria tecnica e' integrata
da un rappresentante designato da ciascuna regione territorialmente
interessata nell'ambito delle proprie risorse disponibili a
legislazione vigente.
4. Il Ministero dello sviluppo economico, ai fini del rilascio
della licenza di esplorazione, convoca apposita conferenza dei
servizi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni, alla quale partecipano tutte le amministrazioni
interessate.
5. La licenza di esplorazione e' rilasciata entro 180 giorni dal
termine di scadenza della concorrenza di cui al comma 2. La regione
rende l'intesa di cui all'articolo 8, comma 2, entro 120 giorni dal
termine di scadenza della concorrenza fatto salvo quanto previsto dal
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, parte II.
6. Il Ministero dello sviluppo economico di concerto con il
Ministero dell'ambiente, entro 180 giorni dal termine di scadenza
della concorrenza di cui al comma 2, qualora ne ravvisi i
presupposti, rifiuta, dandone motivazione, la licenza di
esplorazione.
7. Agli effetti del presente decreto, la licenza di esplorazione
comprende ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere
necessario per l'espletamento delle attivita' di cui all'articolo 8.
8. In caso di concorrenza di cui al comma 2 la licenza e'
rilasciata sulla base della valutazione tecnica della documentazione
presentata dai richiedenti, in base a criteri che verranno stabiliti
con decreti ministeriali da emanarsi entro 180 giorni dalla
pubblicazione del presente decreto. Nelle more dell'adozione dei
decreti di cui al presente comma, la valutazione tecnica della
documentazione terra' conto nell'ordine dei seguenti criteri:
programma lavori presentato dai richiedenti; modalita' di svolgimento
degli stessi, con particolare riferimento alla sicurezza e
salvaguardia ambientale; tempi programmati e costi.



Capo III Autorizzazioni allo stoccaggio

Art. 12

Autorizzazioni allo stoccaggio

1. La realizzazione, gestione, monitoraggio e chiusura di un sito
di stoccaggio di CO 2 sono soggette a preventiva autorizzazione.
2. Le autorizzazioni allo stoccaggio sono rilasciate, su parere del
Comitato, dal Ministero dello sviluppo economico di concerto con il
Ministero dell'ambiente con procedimento unico secondo la procedura
di cui all'articolo 16. Nell'ambito del procedimento unico vengono
acquisiti i pareri di tutte le amministrazioni interessate, l'esito
della procedura della valutazione d'impatto ambientale e l'intesa con
la regione interessata.
3. I soggetti proponenti devono dimostrare di avere le capacita'
tecniche, organizzative ed economiche necessarie per lo svolgimento
delle attivita', secondo quanto previsto dall'allegato III.
4. Fatte salve le valutazioni tecniche relative al programma di
stoccaggio, ai fini del rilascio di un'autorizzazione allo stoccaggio
per un determinato sito, e' data precedenza al titolare della licenza
di esplorazione per il medesimo sito, a condizione che l'esplorazione
sia stata ultimata, che le condizioni stabilite nella licenza di
esplorazione siano state rispettate e che la domanda di
autorizzazione allo stoccaggio, non soggetta a concorrenza, sia
presentata durante il periodo di validita' della licenza di
esplorazione.
5. Nel corso della procedura di autorizzazione allo stoccaggio non
sono consentiti usi diversi del complesso di stoccaggio che possano
pregiudicare l'idoneita' del sito a essere adibito a sito di
stoccaggio di CO 2 .
6. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, il
Ministero dello sviluppo economico d'intesa con il Ministero
dell'ambiente sentita la regione territorialmente interessata, su
indicazione del Comitato, procede nei confronti del gestore secondo
la gravita' delle infrazioni:
a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono
essere eliminate le irregolarita';
b) alla sospensione dell'attivita' autorizzata per un tempo
determinato.
7. In caso di inadempienze gravi, il Ministero dello sviluppo
economico di concerto con il Ministero dell'ambiente procede alla
revoca dell'autorizzazione allo stoccaggio e all'eventuale chiusura
del sito, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte
con la diffida o in caso di reiterate violazioni che determinino
situazioni di pericolo e di danno per l'ambiente.
8. Lo stoccaggio geologico di CO 2 per volumi complessivi di
stoccaggio inferiori a 100.000 tonnellate effettuati ai fini di
ricerca, sviluppo e sperimentazione di nuovi prodotti o processi, e'
autorizzato con procedure semplificate di cui al comma 12
dell'articolo 16.
9. Le opere necessarie allo stoccaggio di CO 2 e quelle necessarie
per il trasporto al sito di stoccaggio, cosi' come individuate nella
domanda di autorizzazione allo stoccaggio di cui all'articolo 13,
sono dichiarate di pubblica utilita' a tutti gli effetti del decreto
del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, relativo al
testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
di espropriazione per pubblica utilita', e successive modificazioni.



Capo III Autorizzazioni allo stoccaggio

Art. 13

Domande di autorizzazione allo stoccaggio

1. Le domande di autorizzazione allo stoccaggio comprendono le
informazioni e la documentazione seguenti:
a) dati anagrafici del richiedente;
b) elementi idonei a comprovare la competenza tecnica del
richiedente e delle persone responsabili della costruzione, direzione
e supervisione dell'impianto;
c) denominazione del sito di stoccaggio di CO 2 e del complesso
di stoccaggio con localizzazione su una mappa nella scala adeguata;
d) una mappa dell'area richiesta disegnata su foglio (originale o
copia) dell'Istituto geografico militare, alla scala 1:100.000 per le
istanze ricadenti integralmente o in modo preponderante in terraferma
o dell'Istituto idrografico della marina alla scala di 1:250.000 per
le istanze ricadenti totalmente o in modo preponderante in mare.
L'area oggetto di istanza deve essere continua e definita con le
coordinate geografiche dei vertici. Le aree richieste devono essere
delimitate da archi di meridiano e di parallelo di lunghezza pari a
un minuto primo o a un multiplo di esso;
e) caratterizzazione del sito e del complesso di stoccaggio e
valutazione della sicurezza di stoccaggio a norma dell'articolo 7,
comma 6;
f) descrizione dell'impianto e delle tecnologie impiegate;
g) il programma dei lavori con la descrizione delle attivita';
h) disponibilita' e caratteristiche della rete e distanze di
trasporto previste tra i possibili siti di cattura di CO 2 e quello
di stoccaggio;
i) quantitativo totale di CO 2 da iniettare e stoccare,
composizione dei flussi di CO2 , portate e pressioni di iniezione,
nonche' ubicazione degli impianti di iniezione;
l) garanzia di approvvigionamento e trasporto a lungo termine di
CO 2 da stoccare;
m) data prevista per la messa in esercizio dell'impianto;
n) descrizione delle misure di sicurezza adottate intese ad
evitare incidenti o malfunzionamenti significativi, nonche' a
limitarne le conseguenze;
o) piano di monitoraggio a norma dell'articolo 19, comma 2;
p) il piano sui provvedimenti correttivi contenenti le misure
atte alla prevenzione di rilasci e di irregolarita'
tecnico-impiantistiche significative, le procedure e le misure atte
ad eliminare completamente la fuoriuscita di CO 2 , nonche' le misure
atte a contenere gli effetti dannosi conseguenti ai rilasci;
q) piano provvisorio per la fase di post-chiusura a norma
dell'articolo 23, comma 4;
r) prova che la garanzia finanziaria di cui all'articolo 25 avra'
validita' ed efficacia prima che abbiano inizio le operazioni di
iniezione;
s) quietanza dell'avvenuto pagamento delle tariffe di cui
all'articolo 27.
2. Le domande di autorizzazione relative allo stoccaggio di cui al
comma 8 dell'articolo 12, contengono le informazioni di cui alle
lettere a), b), c), d), e), f), g), i), m), n), p), q) ed s) del
comma 1 e le finalita' delle attivita' proposte.



Capo III Autorizzazioni allo stoccaggio

Art. 14

Condizioni per il rilascio e il trasferimento delle autorizzazioni
allo stoccaggio

1. L'autorizzazione allo stoccaggio e' rilasciata ove sussistano le
seguenti condizioni:
a) siano stati espletati gli adempimenti previsti nel
procedimento unico di cui all'articolo 12 per il rilascio
dell'autorizzazione ed acquisito il parere del Comitato;
b) siano rispettate tutte le disposizioni del presente decreto e
degli altri atti normativi pertinenti in materia autorizzativa;
c) il gestore sia finanziariamente solido, affidabile, disponga
delle competenze tecniche necessarie ai fini della gestione e del
controllo del sito e siano previsti programmi di formazione e
sviluppo tecnici e professionali del gestore e di tutto il personale;
d) sia garantito, in considerazione del vincolo di ubicazione,
che la costruzione e la gestione del sito di stoccaggio di CO 2 non
rechino danno al benessere della collettivita' e agli interessi
privati prevalenti;
e) siano esclusi effetti negativi a danno di concessioni
minerarie esistenti o di giacimenti minerari;
f) sia garantita la sicurezza a lungo termine del sito di
stoccaggio di CO 2 ;
g) siano previste misure che evitino danni ai beni della
collettivita'.
2. L'autorizzazione allo stoccaggio puo' essere soggetta a
condizioni e a limitazioni temporali.
3. Il trasferimento dell'autorizzazione allo stoccaggio, anche
mediante operazioni di scissione, fusione o cessione di ramo di
azienda delle societa' autorizzate, deve essere preventivamente
autorizzato dal Ministero dello sviluppo economico di concerto con il
Ministero dell'ambiente sentita la regione territorialmente
interessata, previa verifica dei requisiti di cui al comma 1, lettere
b) e c).



Capo III Autorizzazioni allo stoccaggio

Art. 15

Contenuto delle autorizzazioni allo stoccaggio

1. L'autorizzazione contiene i seguenti elementi:
a) il nome, i dati fiscali e l'indirizzo del gestore;
b) l'ubicazione e la delimitazione precise del sito di stoccaggio
e del complesso di stoccaggio, ed i dati sulle unita' idrauliche
interessate;
c) le prescrizioni in materia di gestione dello stoccaggio, il
quantitativo totale di CO 2 consentito ai fini dello stoccaggio
geologico, i limiti di pressione per le rocce serbatoio, le portate e
le pressioni di iniezione massimi;
d) la composizione del flusso di CO 2 per la procedura di
valutazione dell'accettabilita' dello stesso ai sensi dell'articolo
18;
e) il piano di monitoraggio approvato, l'obbligo di mettere in
atto il piano, le disposizioni per il suo aggiornamento a norma
dell'articolo 19 e le istruzioni in materia di comunicazione ai sensi
dell'articolo 20;
f) l'obbligo di informare il Ministero dello sviluppo economico,
il Ministero dell'ambiente, la regione territorialmente interessata e
per conoscenza il Comitato in caso di qualunque irregolarita' o
rilascio di CO 2 e di mettere in atto gli opportuni provvedimenti
correttivi a norma dell'articolo 22;
g) le condizioni per la chiusura e la fase di post-chiusura di
cui all'articolo 23;
h) le disposizioni per la modifica, il riesame, l'aggiornamento,
la revoca e la decadenza dell'autorizzazione allo stoccaggio a norma
dell'articolo 17;
i) l'obbligo di presentare la prova dell'avvenuta prestazione
della garanzia finanziaria o di altro mezzo equivalente, a norma
dell'articolo 25, prima che abbiano inizio le attivita' di
stoccaggio.



Capo III Autorizzazioni allo stoccaggio

Art. 16

Norme procedurali per il rilascio dell'autorizzazione allo stoccaggio
ed esame dei progetti di stoccaggio da parte della Commissione
europea

1. La domanda per il rilascio dell'autorizzazione allo stoccaggio
e' redatta in forma cartacea e su supporto informatico ed e'
trasmessa al Ministero dello sviluppo economico e per conoscenza al
Ministero dell'ambiente, alla regione territorialmente interessata e
al Comitato esclusivamente su supporto informatico. L'operatore
garantisce la conformita' della domanda redatta in forma cartacea con
quella presentata su supporto informatico e sottoscritta con firma
digitale basata su un certificato qualificato, rilasciato da un
certificatore accreditato ai sensi del decreto legislativo n. 82 del
2005. La domanda e' pubblicata sui siti web del Ministero
dell'ambiente e del Ministero dello sviluppo economico.
2. Nel caso di aree per le quali siano disponibili informazioni
sufficienti alla valutazione del complesso di stoccaggio e per le
quali non sia stata rilasciata in precedenza una licenza di
esplorazione, entro 90 giorni dalla pubblicazione della prima
istanza, possono essere presentate ulteriori istanze che insistono
sulla stessa area.
3. Per l'istruttoria tecnica relativa a ciascuna autorizzazione la
Segreteria tecnica e' integrata da un rappresentante designato da
ciascuna regione, da un rappresentante designato da ciascuna
provincia e da un rappresentante designato da ciascun comune
territorialmente interessati nell'ambito delle proprie risorse
disponibili a legislazione vigente.
4. Il Ministero dello sviluppo economico ai fini del rilascio
dell'autorizzazione allo stoccaggio, convoca apposita Conferenza dei
servizi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni, alla quale partecipano tutte le amministrazioni
interessate. Il provvedimento di valutazione di impatto ambientale e'
rilasciato dalla competente autorita' secondo quanto disposto dalle
disposizioni vigenti in materia.
5. Il Ministero dello sviluppo economico di concerto con il
Ministero dell'ambiente rilascia o rifiuta, entro 180 giorni dalla
presentazione della domanda o dal termine del periodo di concorrenza
di cui all'articolo 11, comma 2, l'autorizzazione allo stoccaggio,
salvo richieste di integrazioni alla documentazione. In tal caso il
termine per la presentazione della documentazione integrativa viene
fissato in un massimo di novanta giorni con contestuale sospensione
dei lavori istruttori fino alla presentazione della documentazione
integrativa.
6. La regione rende l'intesa nel termine di 120 giorni dalla
ricezione della richiesta di autorizzazione.
7. Agli effetti del presente decreto, l'autorizzazione allo
stoccaggio comprende ogni altra autorizzazione, approvazione, visto,
nulla osta o parere, comunque denominati, previsti dalle norme
vigenti, costituendo titolo a costruire e a esercitare tutte le opere
e tutte le attivita' previste nel progetto approvato. Nel
procedimento unico sono compresi, oltre le autorizzazioni minerarie,
tutti gli atti necessari alla realizzazione delle relative attivita',
quali giudizio di compatibilita' ambientale, varianti agli strumenti
urbanistici, dichiarazione di pubblica utilita' dell'opera,
apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni compresi
nel complesso di stoccaggio e l'intesa con la regione interessata. Il
procedimento unico per il conferimento della autorizzazione ha la
durata complessiva massima di 180 giorni, fatti salvi i tempi di cui
alla Parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dei
sub-procedimenti obbligatori di competenza di altre amministrazioni.
8. In caso di concorrenza di cui all'articolo 11, comma 2,
l'autorizzazione allo stoccaggio e' rilasciata sulla base della
valutazione tecnica della documentazione presentata in base a criteri
che verranno stabiliti con decreti ministeriali da adottarsi entro
180 giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto. Nelle
more dell'adozione dei decreti di cui al presente comma, la
valutazione tecnica della documentazione terra' conto nell'ordine dei
seguenti criteri: programma lavori presentato dai richiedenti;
modalita' di svolgimento degli stessi, con particolare riferimento
alla sicurezza e salvaguardia ambientale; tempi programmati e costi.
9. Il Ministero dello sviluppo economico mette a disposizione della
Commissione europea le domande di autorizzazione entro un mese dalla
loro ricezione e informa la Commissione europea di tutti gli schemi
di provvedimento di autorizzazione allo stoccaggio e di ogni altra
documentazione presa in considerazione per l'adozione della
decisione.
10. Il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero
dell'ambiente, prima del rilascio dell'autorizzazione allo
stoccaggio, acquisiscono l'eventuale parere non vincolante espresso
dalla Commissione europea.
11. Il Ministero dello sviluppo economico notifica la decisione
finale alla Commissione europea, precisandone i motivi qualora essa
sia difforme dal parere espresso dalla Commissione.
12. Alle domande di autorizzazione relative allo stoccaggio
geologico di CO 2 effettuato ai fini di ricerca, sviluppo e
sperimentazione di nuovi prodotti o processi, di cui al comma 8
dell'articolo 12, non si applicano i commi 2, 9, 10 e 11.



Capo III Autorizzazioni allo stoccaggio

Art. 17

Modifica, riesame, aggiornamento, revoca e decadenza
dell'autorizzazione allo stoccaggio

1. Il gestore comunica nelle forme previste dall'articolo 16, comma
1, le eventuali modifiche che intende apportare alla gestione del
sito di stoccaggio. Sulla base di una valutazione dell'entita' di
tali modifiche e fatta salva l'ottemperanza agli obblighi in materia
di valutazione di impatto ambientale concernenti le modifiche
proposte, il Ministero dello sviluppo economico di concerto con il
Ministero dell'ambiente sentita la regione territorialmente
interessata, su parere del Comitato, adottano i relativi
provvedimenti in termini di modifica, riesame e aggiornamento
dell'autorizzazione allo stoccaggio.
2. Il gestore non puo' mettere in atto modifiche sostanziali in
assenza di una nuova autorizzazione o di un aggiornamento di quella
esistente a norma del presente decreto.
3. Il Ministero dello sviluppo economico sentita la regione
territorialmente interessata, anche su proposta del Comitato,
dichiara la decadenza, previa diffida, del soggetto titolare
dell'autorizzazione allo stoccaggio nei seguenti casi:
a) qualora il soggetto autorizzato si sia reso inadempiente alle
prescrizioni previste dall'autorizzazione;
b) se le comunicazioni di cui all'articolo 20 o le ispezioni
effettuate a norma dell'articolo 21 mettono in evidenza il mancato
rispetto delle condizioni fissate nelle autorizzazioni o rischi di
fuoriuscite o di irregolarita' significative;
c) in caso di violazione dell'articolo 14, comma 3, del presente
decreto;
d) in caso di mancata presentazione della relazione di cui
all'articolo 20.
4. Nei casi di cui al comma 3, il soggetto autorizzato provvede a
tutti i lavori di messa in sicurezza e di ripristino ambientale. In
caso di revoca, il Ministero dello sviluppo economico di concerto con
il Ministero dell'ambiente sentita la regione territorialmente
interessata, su parere del Comitato, dispone l'immediata chiusura del
sito di stoccaggio di CO 2 ai sensi dell'articolo 23 oppure mette a
disposizione il sito di stoccaggio ad eventuali operatori interessati
a proseguire le attivita' di stoccaggio. In caso di chiusura del
sito, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero
dell'ambiente dispongono le procedure di chiusura e di post-chiusura
ai sensi dell'articolo 23, comma 6, a spese del gestore, affidandone
l'esecuzione al gestore stesso o, qualora il gestore non fornisca
garanzie sufficienti per una regolare chiusura e post-chiusura, ad
altro soggetto in possesso delle necessarie competenze tecniche.
Qualora sussistano le condizioni di sicurezza per il proseguimento
delle operazioni di stoccaggio da parte di un soggetto terzo, il sito
di stoccaggio e' messo a disposizione degli altri operatori, in
concorrenza, tramite pubblicazione sui siti web del Ministero
dell'ambiente e del Ministero dello sviluppo economico, secondo le
procedure di cui all'articolo 12, comma 2, e degli articoli 13, 14 e
16.
5. Fino al rilascio della nuova autorizzazione, il sito di
stoccaggio di CO 2 e' gestito dal Ministero dello sviluppo economico,
tramite terzi o direttamente, a spese del precedente gestore. In
questo caso il Ministero dello sviluppo economico, con il supporto
tecnico del Comitato, assume temporaneamente tutti gli obblighi
giuridici concernenti le attivita' di stoccaggio, il monitoraggio e i
provvedimenti correttivi conformemente alle prescrizioni del presente
decreto, la restituzione di quote di emissione in caso di fuoriuscite
a norma del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216, e successive
modificazioni, e le azioni di prevenzione e di riparazione a norma
dell'articolo 304, comma 1, e dell'articolo 305, comma 1, del decreto
legislativo n. 152 del 2006. I relativi costi sono a carico del
gestore e fronteggiati con le risorse di cui alla garanzia
finanziaria prestata a norma dell'articolo 25 e per la parte
eventualmente eccedente ricorrendo alle risorse economiche del
gestore.



Capo IV Esercizio e obblighi di chiusura e post-chiusura

Art. 18

Criteri e procedura di iniezione del flusso di CO 2

1. Il flusso di CO 2 puo' essere ammesso e quindi iniettato nel
sito di stoccaggio a condizione che:
a) sia composto prevalentemente da CO 2 nella percentuale non
inferiore a quella indicata nell'autorizzazione allo stoccaggio;
b) le concentrazioni di tutte le sostanze presenti, necessarie
per aumentare la sicurezza e migliorare il monitoraggio, o
accidentalmente prodotte dall'impianto e dai procedimenti attuati per
la cattura, il trasporto e lo stoccaggio, siano inferiori ai livelli
che comporterebbero un rischio significativo per l'ambiente e la
salute;
c) siano esclusi danni ai beni da proteggere di cui all'articolo
14 o che compromettano la sicurezza a lungo termine del sito di
stoccaggio di CO 2 e la sicurezza degli impianti di iniezione
profonda e trasporto derivanti dalle sostanze di cui alla lettera b);
d) non contenga rifiuti o altro materiale di smaltimento.
2. Il gestore e' tenuto a:
a) iniettare flussi di CO 2 solo se sono state effettuate le
analisi della composizione, comprese le sostanze corrosive, ed una
valutazione dei rischi dalla quale risulti che i livelli di
contaminazione sono in linea con i criteri di cui al comma 1;
b) conservare e aggiornare un registro dei quantitativi e delle
caratteristiche dei flussi di CO 2 conferiti e iniettati, con
indicazione dell'origine, della composizione e delle informazioni sul
trasporto di tali flussi.
3. I criteri e le condizioni di cui al comma 1 sono periodicamente
aggiornati con decreto del Ministero dello sviluppo economico, del
Ministero dell'ambiente e del Ministero della salute, sentita la
Conferenza Stato-regioni, in funzione dello stato delle conoscenze
tecniche nonche' sulla base di linee guida comunitarie.



Capo IV Esercizio e obblighi di chiusura e post-chiusura

Art. 19

Monitoraggio

1. Il gestore ha l'obbligo di monitorare la composizione del flusso
di CO 2 prima dello stoccaggio e a fornirne certificazione al
Comitato, ad intervalli regolari non superiori a sei mesi, con
indicazioni sulla provenienza e, in particolare, i nominativi delle
societa' che hanno effettuato le operazioni di cattura di CO2 e delle
sostanze di cui all'articolo 18, comma 1, lettere b) e d).
2. L'attivita' di monitoraggio e' definita nel piano di
monitoraggio predisposto dal gestore secondo i criteri stabiliti
nell'allegato II ed approvato all'atto dell'autorizzazione, che
comprende indicazioni precise sul monitoraggio conformemente agli
orientamenti stabiliti a norma dell'articolo 13 del decreto
legislativo 4 aprile 2006, n. 216, e successive modificazioni, ed e'
trasmesso al Comitato ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera o),
e da questo approvato a norma dell'articolo 15, comma 1, lettera e).
Il piano e' aggiornato secondo i criteri stabiliti all'allegato II e
comunque ogni cinque anni al fine di tener conto delle modifiche
nella valutazione del rischio di fuoriuscita, delle modifiche nella
valutazione dei rischi per l'ambiente e la salute umana, delle nuove
conoscenze scientifiche e delle migliori tecnologie disponibili. I
piani aggiornati sono trasmessi al Comitato per l'approvazione.
3. Il Comitato, tramite gli organi di vigilanza e controllo di cui
all'articolo 21, si accerta che il gestore proceda al monitoraggio
degli impianti di iniezione, del complesso di stoccaggio e
dell'ambiente circostante al fine di:
a) verificare la rispondenza tra il comportamento effettivo di
CO 2 e dell'acqua di formazione nel sito di stoccaggio con quello
ricavato dai modelli previsionali di cui all'allegato I;
b) rilevare irregolarita' significative;
c) rilevare migrazioni di CO 2 ;
d) rilevare fuoriuscite di CO 2 ;
e) rilevare effetti negativi significativi sull'ambiente
circostante, in particolare sull'acqua destinabile agli usi potabile
ed irriguo, sulla popolazione umana o sugli utilizzatori della
biosfera circostante, nonche' sulle eventuali attivita' minerarie
preesistenti;
f) valutare l'efficacia degli eventuali provvedimenti correttivi
adottati a norma dell'articolo 22;
g) aggiornare la valutazione della sicurezza e dell'integrita'
del complesso di stoccaggio nel breve e nel lungo termine, compresa
la valutazione intesa a determinare se il CO 2 stoccato sara'
completamente confinato in via permanente.
4. Gli studi, le analisi e le attivita' di monitoraggio effettuati
dal gestore, con oneri a proprio carico, sono certificati da istituti
indipendenti.



Capo IV Esercizio e obblighi di chiusura e post-chiusura

Art. 20

Relazione da parte del gestore

1. Entro il 31 marzo di ogni anno, il gestore presenta al Comitato
ed alla regione territorialmente interessata una relazione relativa
all'esercizio dell'anno precedente contenente almeno:
a) i risultati del monitoraggio effettuato a norma dell'articolo
19 secondo le modalita' e frequenze stabilite nell'autorizzazione,
comprese informazioni sulla tecnologia di monitoraggio utilizzata;
b) i quantitativi e le proprieta' dei flussi di CO 2 , con
indicazione della relativa composizione, conferiti e iniettati nel
corso dell'anno, registrati a norma dell'articolo 18, comma 2,
lettera b);
c) la documentazione attestante l'eventuale avvenuto adeguamento
della prestazione della garanzia finanziaria di cui all'articolo 25,
comma 4;
d) ogni altra informazione ritenuta utile a valutare il rispetto
delle condizioni dell'autorizzazione allo stoccaggio e ad ampliare le
conoscenze sul comportamento di CO 2 nel sito di stoccaggio.
2. In caso di revoca o di decadenza dell'autorizzazione allo
stoccaggio di cui all'articolo 17, il gestore fornisce al Ministero
dello sviluppo economico e per conoscenza al Comitato tutti i dati
relativi al sito di stoccaggio entro 30 giorni dalla revoca o dalla
dichiarazione di decadenza. Tali informazioni saranno incluse nella
banca dati di cui all'articolo 6.



Capo IV Esercizio e obblighi di chiusura e post-chiusura

Art. 21

Vigilanza e controllo

1. Tutte le attivita' di esplorazione, realizzazione degli
impianti, iniezione di CO 2 e gestione dei siti, regolate ai sensi
del presente decreto, sono soggette a vigilanza e controllo. Per le
attivita' di esplorazione e stoccaggio geologico di CO2 , trovano
applicazione le norme di polizia mineraria di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, e successive
modificazioni, nonche' le norme relative alla sicurezza e salute dei
lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione di cui al
decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, e successive
modificazioni.
2. Gli organi di vigilanza e controllo sono:
a) l'UNMIG ed i suoi Uffici territoriali, per l'applicazione
delle norme di polizia mineraria e per il supporto tecnico al
Comitato nell'ambito della Segreteria tecnica di cui al comma 2
dell'articolo 4;
b) l'ISPRA per i controlli ambientali e di monitoraggio del
complesso di stoccaggio e per il supporto tecnico al Comitato
nell'ambito della Segreteria tecnica di cui al comma 2 dell'articolo
4;
c) il Corpo nazionale dei vigili del fuoco (VVFF), per gli
aspetti di competenza in merito alla verifica dell'adozione di tutte
le misure tecniche e gestionali finalizzate al controllo dei rischi e
alla gestione delle situazioni di emergenza.
3. Ai fini delle attivita' di vigilanza e controllo ISPRA si avvale
anche delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA)
ed e' a tal fine autorizzata a stipulare apposite convenzioni con
oneri ricompresi nelle tariffe di cui all'articolo 27.
4. L'attivita' di vigilanza e controllo ha lo scopo di verificare
che non siano violate le disposizioni del presente decreto, i
provvedimenti e le prescrizioni contenute nella licenza di
esplorazione e nell'autorizzazione allo stoccaggio.
5. L'attivita' di vigilanza e controllo comprende le ispezioni
presso il complesso di stoccaggio, gli impianti di superficie,
compresi gli impianti di iniezione, la valutazione delle operazioni
di iniezione e monitoraggio effettuate dal gestore e la verifica di
tutti i dati pertinenti conservati dal gestore.
6. Ispezioni periodiche sono effettuate di norma almeno una volta
all'anno, in base a quanto previsto dal piano annuale comunicato al
gestore entro il 31 gennaio dal Comitato, fino a tre anni dopo la
chiusura e almeno ogni cinque anni fino a quando non avvenga il
trasferimento di responsabilita' di cui all'articolo 24.
7. Ispezioni occasionali hanno luogo nei casi in cui il Comitato,
su indicazione degli organi di vigilanza e controllo, lo ritenga
opportuno e comunque:
a) nel caso di irregolarita' significative o di fuoriuscite ai
sensi dell'articolo 22, comma 1;
b) nel caso in cui le relazioni di cui all'articolo 20 mettano in
luce un inadempimento delle condizioni fissate nelle autorizzazioni;
c) a seguito di segnalazioni riguardanti pericoli per l'ambiente
o la salute e l'incolumita' pubblica.
8. Gli oneri relativi alle ispezioni occasionali sono fronteggiati
nell'ambito delle risorse di bilancio delle amministrazioni
interessate destinate a tali finalita' dalla legislazione vigente.
9. Dopo ogni ispezione e' predisposta una relazione sull'esito
dell'attivita' ispettiva. La relazione riporta la valutazione sulla
conformita' alle disposizioni del presente decreto e indica eventuali
ulteriori provvedimenti o adempimenti che il gestore deve porre in
essere. La relazione e' trasmessa al Ministero dello sviluppo
economico, al Ministero dell'ambiente, al Comitato, alla regione
territorialmente interessata, al gestore interessato e resa
disponibile entro due mesi dall'ispezione per l'accesso agli atti ai
sensi degli articoli 22, 23 e 24 della legge n. 241 del 1990, e
successive modificazioni.



Capo IV Esercizio e obblighi di chiusura e post-chiusura

Art. 22

Interventi in caso di fuoriuscite o irregolarita' significative

1. In caso di fuoriuscite o irregolarita' significative il gestore
e' tenuto immediatamente a:
a) mettere in atto le procedure e le misure adeguate, atte ad
eliminare completamente la fuoriuscita o le irregolarita'
significative previste nel piano sui provvedimenti correttivi di cui
all'articolo 13, comma 1, lettera p);
b) darne comunicazione al Ministero dello sviluppo economico, al
Ministero dell'ambiente, al Comitato, alla regione territorialmente
interessata e agli organi di vigilanza in termini di tipologia ed
entita';
c) comunicare al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero
dell'ambiente, al Comitato, alla regione territorialmente interessata
e agli organi di vigilanza le misure intraprese e gli effetti ad esse
connessi.
2. Il Comitato, su indicazione degli organi di vigilanza e
controllo, puo' prescrivere in qualsiasi momento ulteriori
provvedimenti relativi alla tutela della salute pubblica che il
gestore e' tenuto ad adottare. Tali provvedimenti possono essere
supplementari o diversi rispetto a quelli descritti nel piano dei
provvedimenti correttivi di cui all'articolo 13, comma 1, lettera p).
Il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell'ambiente
possono altresi', in qualsiasi momento, adottare direttamente
provvedimenti correttivi.
3. Nel caso in cui il gestore non sia in grado di porre in essere
tempestivamente ogni provvedimento correttivo necessario a
salvaguardare la salute pubblica e l'ambiente da eventuali gravi
rischi, il Ministero dello sviluppo economico di concerto con il
Ministero dell'ambiente sentita la regione territorialmente
interessata adotta direttamente tali provvedimenti.
4. I costi relativi ai provvedimenti di cui ai commi 2 e 3 sono a
carico del gestore e fronteggiati con le risorse di cui alla garanzia
finanziaria prestata a norma dell'articolo 25 e per la parte
eventualmente eccedente ricorrendo alle risorse economiche del
gestore.
5. In caso di fuoriuscite e' previsto l'obbligo per il gestore di
restituire un numero di quote di emissione corrispondenti alle
emissioni indebitamente rilasciate.



Capo IV Esercizio e obblighi di chiusura e post-chiusura

Art. 23

Obblighi in fase di chiusura e di post-chiusura

1. Le attivita' di chiusura di un sito di stoccaggio di CO 2 sono
soggette ad autorizzazione da parte del Ministero dello sviluppo
economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e d'intesa con
la regione territorialmente interessata.
2. Un sito di stoccaggio e' chiuso:
a) se le condizioni indicate nell'autorizzazione relativamente
alla chiusura sono soddisfatte;
b) su richiesta motivata del gestore;
c) in seguito alla revoca dell'autorizzazione allo stoccaggio a
norma dell'articolo 17, commi 3 e 4.
3. Dopo la chiusura di un sito di stoccaggio a norma del comma 2,
lettera a) o b), e fino al trasferimento della responsabilita' del
sito ai sensi dell'articolo 24, il gestore continua ad essere
responsabile del monitoraggio, delle relazioni informative e dei
provvedimenti correttivi secondo quanto disposto nel presente
decreto, nonche' di tutti gli obblighi relativi alla restituzione di
quote di emissione in caso di fuoriuscite a norma del decreto
legislativo 4 aprile 2006, n. 216, e successive modificazioni, e
delle azioni di prevenzione e di riparazione a norma degli articoli
da 304 a 308 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Il gestore ha
l'obbligo di sigillare il sito di stoccaggio e di smantellare gli
impianti di iniezione.
4. Gli obblighi di cui al comma 3 sono ottemperati sulla base di un
piano relativo alla fase di post-chiusura che il gestore predispone
facendo riferimento alle migliori prassi e secondo i criteri fissati
nell'allegato II. Un piano provvisorio per la fase di post-chiusura
deve essere trasmesso al Ministero dello sviluppo economico, al
Ministero dell'ambiente, alla regione territorialmente interessata e
per conoscenza al Comitato ai sensi dell'articolo 13, comma 1,
lettera q), e da questi approvato a norma dell'articolo 15, comma 1,
lettera g). Prima della chiusura di un sito di stoccaggio a norma del
comma 2, lettera a) o b), del presente articolo, il piano provvisorio
relativo alla fase di post-chiusura e':
a) trasmesso per approvazione al Ministero dello sviluppo
economico, al Ministero dell'ambiente, alla regione territorialmente
interessata ed al Comitato dopo l'eventuale aggiornamento, tenendo
conto dell'analisi dei rischi, delle migliori prassi e dei
miglioramenti tecnologici;
b) approvato dal Ministero dello sviluppo economico e dal
Ministero dell'ambiente d'intesa con la regione territorialmente
interessata come piano definitivo per la fase di post-chiusura.
5. Dopo la chiusura di un sito di stoccaggio a norma del comma 2,
lettera c), il Ministero dello sviluppo economico e' responsabile del
monitoraggio e dei provvedimenti correttivi secondo quanto disposto
dal presente decreto, nonche' di tutti gli obblighi relativi alla
restituzione di quote di emissione in caso di fuoriuscite a norma del
decreto legislativo n. 216 del 2006, e successive modificazioni, e
delle azioni di prevenzione e di riparazione a norma dell'articolo
304, comma 1, e dell'articolo 305, comma 1, del decreto legislativo
n. 152 del 2006. Gli obblighi relativi alla fase di post-chiusura
fissati nel presente decreto sono soddisfatti sulla base del piano
provvisorio, eventualmente aggiornato, relativo alla fase di
post-chiusura di cui al comma 4 del presente articolo.
6. I costi relativi ai provvedimenti di cui al comma 5 sono a
carico del gestore che vi fa fronte con le risorse di cui alla
garanzia finanziaria prestata a norma dell'articolo 25 e per la parte
eventualmente eccedente ricorrendo alle risorse economiche del
gestore medesimo.



Capo IV Esercizio e obblighi di chiusura e post-chiusura

Art. 24

Trasferimento di responsabilita'

1. Dopo la chiusura di un sito di stoccaggio a norma dell'articolo
23, comma 2, lettera a) o b), tutti gli obblighi relativi al
monitoraggio e ai provvedimenti correttivi in conformita' delle
prescrizioni del presente decreto, alla restituzione di quote di
emissione in caso di fuoriuscite a norma del decreto legislativo n.
216 del 2006, e successive modificazioni, e alle azioni di
prevenzione e di riparazione a norma dell'articolo 304, comma 1, e
dell'articolo 305, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006,
sono trasferiti al Ministero dello sviluppo economico che interviene
di sua iniziativa o su richiesta del gestore, se sono soddisfatte le
condizioni seguenti:
a) tutti gli elementi disponibili indicano che il CO 2 stoccato
sara' completamente confinato in via permanente;
b) e' trascorso un periodo non inferiore a venti anni, a meno che
il criterio di cui alla lettera a) sia soddisfatto prima del termine
di detto periodo;
c) sono stati soddisfatti gli obblighi finanziari di cui
all'articolo 26;
d) il sito e' stato sigillato e gli impianti di iniezione
smantellati.
2. Prima del trasferimento, in considerazione delle conoscenze
acquisite in fase di monitoraggio post-chiusura sul comportamento di
CO 2 all'interno del sito di stoccaggio, il gestore presenta al
Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell'ambiente, alla
regione territorialmente interessata e per conoscenza al Comitato,
una dettagliata relazione conclusiva da cui si evinca in particolare:
a) la conformita' tra il comportamento effettivo del CO 2
iniettato ed il comportamento ricavato dai modelli;
b) l'integrita' costruttiva del sistema di chiusura;
c) assenza di irregolarita' significative o fuoriuscite
individuabili;
d) la sussistenza di tutte le condizioni che possano garantire la
stabilita' futura a lungo termine del sito di stoccaggio di CO 2 .
3. Se il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero
dell'ambiente ritengono che le condizioni di cui ai commi 1 e 2, non
siano soddisfatte, il Comitato richiede informazioni aggiuntive,
indicando al gestore le relative motivazioni.
4. Quando e' stato accertato che le condizioni di cui ai commi 1 e
2 sono soddisfatte, il Ministero dello sviluppo economico, sentito il
Ministero dell'ambiente, predispone uno schema di decreto di
autorizzazione del trasferimento di responsabilita' allo stesso
Ministero dello sviluppo economico. Il progetto di decisione precisa
il metodo usato per determinare che le condizioni di cui al comma 2,
lettera d), sono state soddisfatte cosi' come eventuali prescrizioni
aggiornate per la sigillazione del sito di stoccaggio e lo
smantellamento degli impianti di iniezione.
5. I termini e le modalita' di trasferimento di responsabilita'
vengono stabilite con decreto del Ministero dello sviluppo economico
e del Ministero dell'ambiente di concerto con il Ministero
dell'economia e delle finanze sentita la regione territorialmente
interessata, da emanarsi entro 24 mesi dall'individuazione delle aree
di cui all'articolo 7, comma 1.
6. Il Ministero dello sviluppo economico trasmette alla Commissione
europea le relazioni di cui al comma 4, entro un mese dalla loro
ricezione, ai fini dell'espressione del prescritto parere non
vincolante.
7. Il Ministero dello sviluppo economico notifica la decisione
finale alla Commissione europea, precisandone i motivi qualora essa
sia difforme dal parere espresso dalla Commissione europea.
8. Dopo il trasferimento di responsabilita', le ispezioni
periodiche di cui all'articolo 21, comma 6, cessano e il
monitoraggio, che puo' essere ridotto ad un livello tale che consenta
comunque la rilevazione di fuoriuscite o di irregolarita'
significative, viene effettuato dal Ministero dello sviluppo
economico, cui e' stata trasferita la responsabilita', tramite il
Comitato e gli organi di vigilanza a valere sul contributo
finanziario di cui all'articolo 26 e per la parte eventualmente
eccedente ricorrendo alle risorse economiche del gestore. Se sono
rilevate fuoriuscite o irregolarita' significative, il monitoraggio
e' intensificato secondo le modalita' piu' opportune per valutare
l'entita' del problema e l'efficacia dei provvedimenti correttivi.
9. In caso di colpa da parte del gestore, tra cui casi di dati
incompleti, occultamento di informazioni utili, negligenza, frode o
mancato esercizio della dovuta diligenza, il Ministero dello sviluppo
economico effettua le azioni di ripristino utilizzando le risorse di
cui all'articolo 26. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 26,
dopo il trasferimento di responsabilita' un ulteriore recupero dei
costi non e' piu' possibile.



Capo IV Esercizio e obblighi di chiusura e post-chiusura

Art. 25

Garanzie finanziarie

1. La garanzia finanziaria, da prestare a norma dell'articolo 1
della legge n. 348 del 1982, deve garantire il rispetto di tutti gli
obblighi derivanti dall'autorizzazione comprese le prescrizioni per
la fase di chiusura e post-chiusura, nonche' gli obblighi derivanti
dall'inclusione del sito di stoccaggio nella disciplina di cui al
decreto legislativo n. 216 del 2006, e successive modificazioni.
2. Con decreto del Ministero dello sviluppo economico e del
Ministero dell'ambiente di concerto con il Ministero dell'economia e
delle finanze sentita la Conferenza Stato-regioni, da emanare entro
180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
vengono fissati i criteri per la determinazione dell'entita' della
garanzia finanziaria di cui al comma 1.
3. La garanzia finanziaria, deve operare a semplice richiesta
scritta del Ministero dello sviluppo economico entro i 15 giorni
successivi, senza che il garante possa sollevare eccezione alcuna e
con l'obbligo di versare la somma richiesta entro il limite
dell'importo garantito. Per tale motivo, la garanzia deve prevedere
espressamente la rinuncia all'eccezione di cui all'articolo 1944,
secondo comma, del codice civile e l'operativita' della stessa entro
quindici giorni, a semplice richiesta scritta del Ministero dello
sviluppo economico.
4. Il gestore adegua periodicamente la garanzia finanziaria, su
richiesta del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero
dell'ambiente, per tener conto delle modifiche del rischio di
fuoriuscita valutato e dei costi stimati di tutti gli obblighi
derivanti dall'autorizzazione rilasciata a norma del presente decreto
nonche' degli obblighi derivanti dall'inclusione del sito di
stoccaggio nel decreto legislativo n. 216 del 2006, e successive
modificazioni.
5. La garanzia finanziaria o gli altri strumenti equivalenti di cui
al comma 1 restano validi e effettivi, oltre la durata
dell'autorizzazione, in caso di:
a) chiusura di un sito di stoccaggio a norma dell'articolo 23,
comma 2, lettera a) o b), fino al trasferimento delle responsabilita'
secondo quanto stabilito all'articolo 24 fermo restando l'adempimento
degli obblighi finanziari di cui all'articolo 26;
b) revoca di un'autorizzazione allo stoccaggio a norma
dell'articolo 17, comma 3:
1) fino al rilascio di una nuova autorizzazione allo
stoccaggio;
2) se la chiusura e' avvenuta a norma dell'articolo 23, comma
2, lettera c), fino al trasferimento di responsabilita' ai sensi
dell'articolo 24, a condizione che gli obblighi finanziari di cui
all'articolo 26 siano stati adempiuti.



Capo IV Esercizio e obblighi di chiusura e post-chiusura

Art. 26

Meccanismo finanziario

1. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro
dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni, da adottare entro 180
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e'
determinata l'entita' del contributo finanziario che va versato dal
gestore prima del trasferimento di responsabilita' di cui
all'articolo 24 e le relative modalita' di versamento.
2. Il contributo di cui al comma 1, viene determinato sulla base
dei criteri di cui all'allegato I e degli elementi legati ai dati
storici di stoccaggio di CO 2 utili alla determinazione degli
obblighi successivi al trasferimento di responsabilita' e copre i
costi previsti del monitoraggio per un periodo di trenta anni, le
spese atte a garantire che il CO2 sia completamente confinato in via
permanente nei siti di stoccaggio geologico dopo il trasferimento di
responsabilita' e, in caso di danno ambientale, i costi di ripristino
del sito e quelli di altri danni collegati, nonche' i costi relativi
ai danni arrecati alla salute umana.
3. Nel decreto di trasferimento di responsabilita' di cui
all'articolo 24 deve essere stabilito, in particolare:
a) quali sono le spese che possono insorgere dopo il
trasferimento di responsabilita';
b) le modalita' di quantificazione delle spese;
c) la spesa da assumere come riferimento per il calcolo del
contributo per la fase di post-chiusura.



Capo IV Esercizio e obblighi di chiusura e post-chiusura

Art. 27

Disposizioni finanziarie

1. Gli oneri relativi alle attivita' di cui agli articoli: 4; 6,
comma 1; 7, comma 3; 8, commi 2, 5, 7 e 9; 12, commi 2, 6, 7 e 8; 14,
comma 3; 17; 19, comma 2; 21, commi 3, 5 e 6; 23, commi 2 e 4, sono a
carico degli operatori interessati in base al costo effettivo del
servizio.
2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e del Ministro dello
sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze sentita la Conferenza Stato-regioni, da adottare entro 180
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono
determinate le tariffe di cui al comma 1 e le relative modalita' di
versamento. Tali tariffe sono aggiornate con gli stessi criteri e
modalita', almeno ogni due anni.
3. Gli introiti derivanti dalle tariffe di cui al comma 1, poste al
carico del gestore, sono utilizzati esclusivamente per
l'effettuazione delle attivita' di cui allo stesso comma 1. A tal
fine, i suddetti importi sono versati all'entrata del bilancio dello
Stato per essere riassegnati, ai sensi dell'articolo 4 della legge n.
96 del 2010, ad appositi capitoli degli stati di previsione delle
Amministrazioni interessate.
4. Le somme relative alle tariffe previste dal presente decreto
vanno versate dai gestori prima dell'effettuazione delle relative
attivita'.
5. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le Amministrazioni
interessate provvedono agli adempimenti ivi previsti con le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente,
fermo restando quanto previsto al comma 1.



Capo V Accesso da parte di terzi

Art. 28

Accesso alla rete di trasporto e ai siti di stoccaggio

1. I gestori delle reti di trasporto e dei siti di stoccaggio di
CO 2 sono tenuti a garantire il collegamento e l'accesso alla propria
rete di trasporto e ai siti di stoccaggio ad altri operatori, secondo
modalita' trasparenti e non discriminatorie.
2. L'accesso di cui al comma 1 e' garantito secondo modalita'
stabilite con decreto dal Ministero dello sviluppo economico ed dal
Ministero dell'ambiente, tenuto conto della:
a) capacita' di stoccaggio disponibile o che puo' essere
ragionevolmente resa disponibile all'interno delle aree designate a
norma dell'articolo 7 e della capacita' di trasporto disponibile o
che puo' essere ragionevolmente resa disponibile;
b) parte degli obblighi di riduzione di CO 2 assunti nell'ambito
di strumenti giuridici internazionali e della legislazione
comunitaria alla quale essi intendono ottemperare attraverso la
cattura e lo stoccaggio geologico di CO2 ;
c) necessita' di negare l'accesso in caso di incompatibilita'
delle specifiche tecniche cui non si possa ragionevolmente ovviare;
d) necessita' di conciliare le esigenze debitamente motivate del
proprietario o del gestore del sito di stoccaggio o della rete di
trasporto e gli interessi di tutti gli altri utilizzatori del sito o
della rete o dei relativi impianti di trattamento o di movimentazione
eventualmente interessati.
3. Gli operatori della rete di trasporto e i gestori dei siti di
stoccaggio possono negare l'accesso per mancanza di capacita' o di
collegamento. Il diniego deve essere debitamente motivato in forma
scritta e deve essere immediatamente comunicato al Ministero dello
sviluppo economico, al Ministero dell'ambiente e per conoscenza al
Comitato.
4. Il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero
dell'ambiente si adoperano affinche' il gestore che nega l'accesso
per mancanza di capacita' o mancanza di collegamento provveda al
potenziamento necessario nella misura in cui cio' risulti economico o
se il potenziale cliente e' disposto a sostenerne i costi, a
condizione che cio' non abbia un'incidenza negativa sulla sicurezza
delle operazioni di trasporto e stoccaggio geologico di CO 2 .



Capo V Accesso da parte di terzi

Art. 29

Risoluzione delle controversie

1. Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai
rapporti di cui all'articolo 28, comma 2, puo' promuovere un previo
tentativo di conciliazione presso il Comitato di cui all'articolo 4.



Capo VI Disposizioni generali

Art. 30

Cooperazione transnazionale

1. Per il trasporto transfrontaliero di CO2, i siti di stoccaggio o
i complessi di stoccaggio ubicati in contesto transfrontaliero, il
Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell'ambiente
adempiono le disposizioni del presente decreto e delle altre
normative comunitarie applicabili, ovvero promuovono la stipula di
accordi specifici con Paesi non appartenenti all'Unione europea.



Capo VI Disposizioni generali

Art. 31

Informazione del pubblico

1. Il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero
dell'ambiente mettono a disposizione del pubblico le informazioni
ambientali concernenti lo stoccaggio geologico di CO 2 conformemente
alla normativa nazionale e comunitaria applicabile.
2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto
con il Ministro dell'ambiente, da emanare entro 180 giorni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto, sono indicati i contenuti
e le modalita' di diffusione delle informazioni.



Capo VI Disposizioni generali

Art. 32

Comunicazione dei dati alla Commissione europea

1. Ogni tre anni il Ministero dello sviluppo economico, sentiti il
Ministero dell'ambiente ed il Comitato, presenta alla Commissione
europea una relazione sull'attuazione del presente decreto, compresi
i dati del registro di cui all'articolo 5, comma 1.
2. La prima relazione e' trasmessa alla Commissione europea entro
il 30 giugno 2011 sulla base di uno schema predisposto dalla stessa
Commissione europea.



Capo VI Disposizioni generali

Art. 33

Sanzioni

1. Chiunque svolge attivita' di realizzazione, gestione o
monitoraggio di un sito di stoccaggio di CO 2 senza l'autorizzazione
prevista dall'articolo 12 e' soggetto ad una sanzione amministrativa
pecuniaria da 25.000 euro a 150.000 euro.
2. Il gestore che non effettua le comunicazioni di cui all'articolo
17, comma 1, e' soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da
10.000 euro a 60.000 euro.
3. Il gestore che non presenta la relazione annuale di cui
all'articolo 20, comma 1, e' soggetto ad una sanzione amministrativa
pecuniaria da 2.000 euro a 10.000 euro.
4. Gli enti autorizzati allo stoccaggio che non comunicano al
Ministero dello sviluppo economico le operazioni di trasformazione
societaria ovvero le cessioni di ramo d'azienda che comportano il
trasferimento dell'autorizzazione sono soggetti ad una sanzione
amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 30.000 euro.
5. Il gestore che non osserva le prescrizioni in materia di
gestione dello stoccaggio di cui all'articolo 15, comma 1, lettera
c), e' soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000
euro a 60.000 euro.
6. Il gestore che non rispetta il piano di monitoraggio approvato,
nonche' gli obblighi, le condizioni e le disposizioni di cui
all'articolo 15, comma 1, lettere e), g) ed h), e' soggetto ad una
sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 30.000 euro.
7. Il gestore che non osserva l'obbligo di informazione di cui
all'articolo 15, comma 1, lettera f), e' soggetto ad una sanzione
amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 10.000 euro.
8. Competente ad emettere ingiunzione di pagamento delle sanzioni
e' il Comitato di cui all'articolo 4. Al procedimento di irrogazione
delle sanzioni si applicano le disposizioni della legge 24 novembre
1981, n. 689, in quanto compatibili con il presente decreto.



Capo VII Modifiche legislative

Art. 34

Modifiche degli allegati

1. Gli allegati fanno parte integrante del presente decreto e
possono essere modificati con decreto del Ministero dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente, sentita la
Conferenza Stato-regioni, anche a seguito di eventuali modifiche
legislative o regolamentari apportate dalla Commissione europea.



Capo VII Modifiche legislative

Art. 35

Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive
modificazioni

1. All'articolo 104 del decreto legislativo n. 152 del 2006, e
successive modificazioni, dopo il comma 5 e' inserito il seguente:
«5-bis. In deroga a quanto previsto al comma 1 e' consentita
l'iniezione, a fini di stoccaggio, di flussi di biossido di carbonio
in formazioni geologiche prive di scambio di fluidi con altre
formazioni che per motivi naturali sono definitivamente inadatte ad
altri scopi, a condizione che l'iniezione sia effettuata a norma del
decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in
materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio.».
2. All'articolo 185, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del
2006, e successive modificazioni, la lettera a) e' sostituita dalla
seguente:
«a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi
nell'atmosfera e il biossido di carbonio catturato e trasportato ai
fini dello stoccaggio geologico e stoccato in formazioni geologiche
prive di scambio di fluidi con altre formazioni a norma del decreto
legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di
stoccaggio geologico di biossido di carbonio;».
3. All'articolo 273 del decreto legislativo n. 152 del 2006, e
successive modificazioni, dopo il comma 16, sono aggiunti i seguenti:
«16-bis. A partire dalla data di entrata in vigore del decreto
legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di
stoccaggio geologico di biossido di carbonio, ai fini del rilascio
dell'autorizzazione di cui all'articolo 269, per gli impianti di
combustione con una potenza termica nominale pari o superiore a 300
megawatt, il gestore presenta una relazione che comprova la
sussistenza delle seguenti condizioni:
a) disponibilita' di appropriati siti di stoccaggio di cui
all'articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto legislativo di
recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio
geologico di biossido di carbonio;
b) fattibilita' tecnica ed economica di strutture di trasporto di
cui all'articolo 3, comma 1, lettera aa), del decreto legislativo di
recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio
geologico di biossido di carbonio;
c) possibilita' tecnica ed economica di installare a posteriori
le strutture per la cattura di CO 2 .
16-ter. L'autorita' competente, sulla base della documentazione di
cui al comma 16-bis, stabilisce se le condizioni di cui allo stesso
comma sono soddisfatte. In tal caso il gestore provvede a riservare
un'area sufficiente all'interno del sito per installare le strutture
necessarie alla cattura e alla compressione di CO 2 .».
4. All'allegato II alla parte seconda del decreto legislativo n.
152 del 2006, e successive modificazioni, dopo il punto 7-bis) e'
inserito il seguente:
«7-ter) Attivita' di esplorazione in mare e sulla terraferma per lo
stoccaggio geologico di biossido di carbonio a norma del decreto
legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di
stoccaggio geologico.».
5. All'allegato II alla parte seconda del decreto legislativo n.
152 del 2006, e successive modificazioni, il punto 9) e' sostituito
dal seguente:
«9) Condutture di diametro superiore a 800 mm e di lunghezza
superiore a 40 km;
per il trasporto di gas, petrolio e prodotti chimici, e;
per il trasporto dei flussi di biossido di carbonio (CO 2 ) ai
fini dello stoccaggio geologico, comprese le relative stazioni di
spinta intermedie.».
6. All'allegato II alla parte seconda del decreto legislativo n.
152 del 2006, e successive modificazioni, dopo il punto 17) e'
aggiunto il seguente:
«17-bis) Impianti per la cattura di flussi di CO 2 provenienti da
impianti che rientrano nel presente allegato o impianti di cattura
nei quali il quantitativo complessivo annuo di CO2 catturato e' pari
ad almeno 1,5 milioni di tonnellate, ai fini dello stoccaggio
geologico a norma del decreto legislativo di recepimento della
direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido
di carbonio;».
7. All'allegato III alla parte seconda del decreto legislativo n.
152 del 2006, e successive modificazioni, dopo la lettera af) e'
inserita la seguente:
«af-bis) Impianti per la cattura di flussi di CO 2 provenienti da
impianti che rientrano nel presente allegato.».
8. All'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo n.
152 del 2006, e successive modificazioni, al punto 2. Industria
energetica ed estrattiva, la lettera f) e' sostituita dalla seguente:
«f) installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il
trasporto di flussi di CO 2 ai fini dello stoccaggio geologico
superiori a 20 km;».
9. All'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo n.
152 del 2006, e successive modificazioni, al punto 2. Industria
energetica ed estrattiva, dopo la lettera n) e' aggiunta, in fine, la
seguente:
«n-bis) Impianti per la cattura di flussi di CO 2 provenienti da
impianti che non rientrano negli allegati II e III al presente
decreto ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto
legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di
stoccaggio geologico di biossido di carbonio;».
10. All'allegato VIII alla parte seconda del decreto legislativo n.
152 del 2006, e successive modificazioni, dopo il punto 6.8 e'
aggiunto il seguente:
«6.8-bis. Cattura di flussi di CO 2 provenienti da impianti che
rientrano nel presente allegato ai fini dello stoccaggio geologico a
norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva
2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di
carbonio.».
11. All'allegato 5 alla parte sesta del decreto legislativo n. 152
del 2006, e successive modificazioni, dopo il punto 12-bis e'
aggiunto il seguente:
«12-ter. Gestione dei siti di stoccaggio a norma del decreto
legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di
stoccaggio geologico di biossido di carbonio.».



Capo VII Modifiche legislative

Art. 36

Salvaguardia delle Regioni a statuto speciale e delle Province
autonome di Trento e di Bolzano

1. Sono fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale
e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.



Capo VII Modifiche legislative

Art. 37

Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a
quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Dato a Roma, addi' 14 settembre 2011

NAPOLITANO

Berlusconi, Presidente del Consiglio dei
Ministri

Romani, Ministro dello sviluppo economico

Prestigiacomo, Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare

Frattini, Ministro degli affari esteri

Palma, Ministro della giustizia

Tremonti, Ministro dell'economia e delle
finanze

Visto, il Guardasigilli: Palma



Capo VII Modifiche legislative

Allegato I
(previsto dall'articolo 7, comma 6)

CRITERI PER LA CARATTERIZZAZIONE E LA VALUTAZIONE DEL POTENZIALE
COMPLESSO DI STOCCAGGIO E DELL'AREA CIRCOSTANTE DI CUI ALL'ARTICOLO
7, COMMA 6

La caratterizzazione e la valutazione del potenziale complesso di
stoccaggio e dell'area circostante di cui all'articolo 7, comma 6, si
articola in tre fasi secondo le migliori prassi al momento della
valutazione e i criteri esposti di seguito. Il Ministero dello
sviluppo economico ed il Ministero dell'ambiente possono autorizzare
deroghe a uno o piu' dei criteri stabiliti a condizione che il
gestore abbia dimostrato che la caratterizzazione e la valutazione
che ne risultano consentano di determinare gli elementi indicati
all'articolo 7.
Fase 1: Raccolta dei dati
Devono essere raccolti dati sufficienti a creare un modello
geologico statico tridimensionale (3-D) e volumetrico per il sito di
stoccaggio e il complesso di stoccaggio, compresa la roccia di
copertura (caprock), e per l'area circostante, comprese le zone
collegate per via idraulica. I dati devono riferirsi almeno alle
seguenti caratteristiche intrinseche del complesso di stoccaggio:
a) geologia e geofisica;
b) idrogeologia (in particolare, esistenza di acque freatiche
destinate al consumo);
c) ingegneria della roccia serbatoio (compresi calcoli
volumetrici del volume dei vuoti ai fini dell'iniezione di CO 2 e
della capacita' di stoccaggio finale);
d) geochimica (tassi di dissoluzione, tassi di mineralizzazione);
e) geomeccanica (permeabilita', pressione di fratturazione,
coefficienti di elasticita');
f) sismicita' e movimenti del suolo;
g) presenza e condizione di vie naturali e artificiali, inclusi
pozzi e trivellazioni che potrebbero costituire vie per la
fuoriuscita di CO 2 .
Occorre documentare le seguenti caratteristiche dell'area
circostante il complesso:
h) domini circostanti il complesso di stoccaggio che possono
essere interessati dallo stoccaggio di CO 2 nel sito di stoccaggio;
i) distribuzione della popolazione nella regione che insiste sul
sito di stoccaggio;
l) prossimita' a risorse naturali protette (in particolare le
aree della rete Natura 2000 di cui alla legge 11 febbraio 1992, n.
157, relativa alle norme per la protezione della fauna selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio ed al decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri 27 settembre 1997 sulle modalita' di
esercizio delle deroghe di cui all'articolo 9 della direttiva
79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, concernente la
conservazione degli uccelli selvatici ed al decreto del Presidente
della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante attuazione della
direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e
della fauna selvatiche, acque freatiche potabili e idrocarburi ed al
decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n.120, recante
modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica
8 settembre 1997, n. 357);
m) attivita' nell'area e nel sottosuolo circostante il complesso
di stoccaggio e possibili interazioni con tali attivita' (ad esempio,
esplorazione, produzione e stoccaggio di idrocarburi, impiego di
acquiferi a fini geotermici e uso di riserve idriche sotterranee);
n) vicinanza alla o alle possibili fonti di CO 2 (comprese le
stime della potenziale massa complessiva di CO2 disponibile a
condizioni economicamente vantaggiose ai fini dello stoccaggio) e a
reti di trasporto adeguate.
Fase 2: Creazione del modello terrestre geologico tridimensionale
statico
Sulla scorta dei dati rilevati nella fase 1, si deve creare un
modello o una serie di modelli geologici statici e tridimensionali
del complesso di stoccaggio da selezionare, compresa la roccia di
copertura e le aree collegate per via idraulica e i fluidi,
utilizzando simulazioni numeriche 3D della roccia serbatoio. Tali
modelli devono caratterizzare il complesso in termini di:
a) struttura geologica della trappola fisica;
b) caratteristiche geomeccaniche, geochimiche e di flusso della
roccia serbatoio, carico litostatico (copertura, strati impermeabili,
orizzonti porosi e permeabili) e formazioni circostanti;
c) caratterizzazione del sistema di fratturazione e presenza di
eventuali vie di fuoriuscita antropogeniche;
d) superficie ed estensione verticale del complesso di
stoccaggio;
e) volume dei vuoti (compresa la distribuzione della porosita');
f) distribuzione dei fluidi nelle condizioni di riferimento;
g) altre caratteristiche rilevanti.
L'incertezza associata a ciascuno dei parametri utilizzati per
creare il modello deve essere valutata elaborando una serie di
scenari per ciascun parametro e calcolando i limiti di confidenza del
caso. E' necessario valutare anche l'eventuale incertezza associata
al modello in se'.
Fase 3: Caratterizzazione del comportamento dinamico dello
stoccaggio, caratterizzazione della sensibilita', valutazione del
rischio
Per la caratterizzazione e la valutazione si utilizza un modello
dinamico, comprendente varie simulazioni dell'iniezione di CO 2 nel
sito di stoccaggio a vari intervalli di tempo utilizzando il modello
geologico statico tridimensionale del complesso di stoccaggio
costruito nella fase 2.
Fase 3.1: Caratterizzazione del comportamento dinamico di stoccaggio
Devono essere presi in esame quanto meno i seguenti fattori:
a) possibili portate e caratteristiche dei flussi di CO 2 ;
b) efficacia dell'interazione accoppiata dei diversi processi
(vale a dire le modalita' di interazione dei singoli processi nel o
nei simulatori);
c) processi reattivi (ossia le modalita' in cui le reazioni di
CO 2 iniettato con i minerali in situ sono integrate nel modello);
d) tipo di simulatore della roccia serbatoio utilizzato (per
convalidare alcuni risultati possono essere necessarie varie
simulazioni);
e) simulazioni a breve e a lungo termine (per determinare il
destino e il comportamento di CO 2 nei decenni e nei millenni,
compreso il tasso di dissoluzione di CO2 in acqua).
Il modello dinamico deve consentire di determinare i seguenti
elementi:
f) pressione e temperatura della formazione di stoccaggio quale
funzione del tasso di iniezione e del totale cumulativo di iniezione
nel tempo;
g) superficie e diffusione verticale di CO 2 rispetto al tempo;
h) natura del flusso di CO 2 nella roccia serbatoio, compreso il
comportamento di fase;
i) meccanismi e tassi di intrappolamento di CO 2 (compresi i
punti di fuoriuscita e gli strati impermeabili laterali e verticali);
l) sistemi di confinamento secondari nell'ambito del complesso di
stoccaggio globale;
m) capacita' di stoccaggio e gradienti di pressione nel sito di
stoccaggio;
n) rischio di fratturazione della(e) formazione(i) geologica(che)
di stoccaggio e della copertura;
o) rischio di penetrazione di CO 2 nella copertura;
p) rischio di fuoriuscite dal sito di stoccaggio (ad esempio, da
pozzi abbandonati o non chiusi adeguatamente);
q) tasso di migrazione (in serbatoi aperti);
r) tassi di impermeabilizzazione delle fratture;
s) cambiamenti nella chimica dei fluidi delle formazioni e
reazioni conseguenti (ad esempio modifica del pH, formazione di
minerali) e applicazione del modello reattivo per la valutazione
degli effetti;
t) spostamento dei fluidi di formazione;
u) aumento della sismicita' e deformazione a livello di
superficie.
Fase 3.2: Analisi di sensibilita'
Sono necessarie varie simulazioni per determinare la sensibilita'
della valutazione rispetto alle ipotesi formulate su determinati
parametri. Le simulazioni si basano sull'alterazione dei parametri
nel modello geologico statico e sulla modifica delle funzioni e delle
ipotesi di base durante la modellizzazione dinamica. In caso di
notevole sensibilita' la valutazione dei rischi deve tenerne conto.
Fase 3.3: Valutazione dei rischi
La valutazione dei rischi deve comprendere, tra l'altro, i seguenti
elementi:
3.3.1. Caratterizzazione dei rischi.
La caratterizzazione dei rischi e' effettuata valutando la
potenziale fuoriuscita dal complesso di stoccaggio, come determinato
attraverso il modello dinamico e la caratterizzazione della sicurezza
descritta in precedenza. Tra i vari elementi da considerare devono
figurare i seguenti:
a) possibili vie di fuoriuscita;
b) potenziale entita' delle fuoriuscite per le vie identificate
(tassi di flusso);
c) parametri critici che incidono sulle possibili fuoriuscite (ad
esempio pressione massima nella roccia serbatoio, tasso massimo di
iniezione, temperatura, sensibilita' alle varie ipotesi del o dei
modelli terrestri geologici statici);
d) effetti secondari dello stoccaggio di CO 2 compreso lo
spostamento di fluidi di formazione e le nuove sostanze che si
formano con lo stoccaggio di CO2 ;
e) altri fattori che potrebbero rappresentare un pericolo per la
salute umana o per l'ambiente (ad esempio le strutture fisiche
associate al progetto).
La caratterizzazione dei pericoli dovrebbe comprendere la gamma
completa delle potenziali condizioni di esercizio, al fine di testare
provare la sicurezza del complesso di stoccaggio.
3.3.2. Valutazione dell'esposizione - la valutazione deve basarsi
sulle caratteristiche ambientali e sulla distribuzione e attivita'
della popolazione umana che vive sopra il complesso di stoccaggio in
relazione al potenziale comportamento e alla destinazione finale
della CO 2 che puo', in parte, fuoriuscire dalle possibili vie
individuate nella fase 3.3.1.
3.3.3. Valutazione degli effetti - la valutazione deve tener conto
della sensibilita' di specie, comunita' o habitat particolari in
relazione alle fuoriuscite possibili individuate nella fase 3.3.1. Se
opportuno, deve comprendere gli effetti dell'esposizione a
concentrazioni elevate di CO 2 nella biosfera, compresi i suoli, i
sedimenti marini e le acque bentoniche (asfissia, ipercapnia) e alla
riduzione del pH in tali ambienti a seguito della fuoriuscita di CO2
. La valutazione deve esaminare anche gli effetti di altre sostanze
eventualmente presenti nei flussi di CO2 che fuoriescono (impurita'
presenti nel flusso di iniezione o sostanze nuove che si formano con
lo stoccaggio di CO2 ). Tali effetti devono essere esaminati a varie
scale temporali e spaziali ed essere associati a fuoriuscite di CO2
di diversa entita'.
3.3.4. Caratterizzazione del rischio: la valutazione deve
comprendere la sicurezza e l'integrita' del sito a breve e a lungo
termine, compresa la valutazione del rischio di fuoriuscita alle
condizioni di utilizzo proposte, e gli impatti su ambiente e salute
nello scenario peggiore. La caratterizzazione del rischio deve
basarsi sulla valutazione dei pericoli, dell'esposizione e degli
effetti e deve comprendere una valutazione delle fonti di incertezza
individuate durante le fasi di caratterizzazione e valutazione del
sito di stoccaggio e, ove fattibile, una descrizione delle
possibilita' di ridurre l'incertezza.



Capo VII Modifiche legislative

Allegato II
(previsto dall'articolo 19, comma 2)

CRITERI PER LA PREPARAZIONE E L'AGGIORNAMENTO DEL PIANO DI
MONITORAGGIO DELL'ARTICOLO 19, COMMA 2, E PER IL MONITORAGGIO NELLA
FASE DI POST-CHIUSURA

1. Preparazione e aggiornamento del piano di monitoraggio
Il piano di monitoraggio di cui all'articolo 19, comma 2, e'
predisposto in conformita' dell'analisi di valutazione del rischio
effettuata nella fase 3 dell'allegato I e aggiornato secondo i
criteri indicati di seguito al fine di soddisfare le disposizioni
riguardanti il monitoraggio istituite all'articolo 19, comma 3.
1.1. Preparazione del piano.
Il piano di monitoraggio deve fornire indicazioni precise sul
monitoraggio da predisporre nelle principali fasi del progetto, in
particolare il monitoraggio di riferimento, il monitoraggio in fase
di esercizio e in fase di post-chiusura. Per ciascuna fase e'
necessario precisare i seguenti elementi:
a) parametri monitorati;
b) tecnica di monitoraggio utilizzata e motivazione della scelta;
c) ubicazione del monitoraggio e logica del campionamento sotto
il profilo spaziale;
d) frequenza del monitoraggio e logica del campionamento sotto il
profilo temporale.
I parametri da monitorare devono essere tali da soddisfare le
finalita' del monitoraggio; in ogni caso il piano deve comunque
comprendere il monitoraggio in continuo o intermittente dei seguenti
elementi:
e) emissioni fuggitive di CO 2 nell'impianto di iniezione;
f) flusso volumetrico di CO 2 nella testa pozzo di iniezione;
g) pressione e temperatura di CO 2 nella testa pozzo di iniezione
(per determinare il flusso di massa);
h) analisi chimica del materiale iniettato;
i) temperatura e pressione del serbatoio (per determinare il
comportamento di fase e lo stato di CO 2 ).
La tecnica di monitoraggio deve essere scelta in base alle migliori
prassi disponibili al momento della progettazione. Devono essere
prese in esame e utilizzate come opportune le seguenti opzioni:
l) tecnologie in grado di rilevare la presenza, l'ubicazione e le
vie di migrazione di CO 2 nelle formazioni sub-superficiali e in
superficie;
m) tecnologie in grado di fornire informazioni sul comportamento
pressione-volume e la distribuzione orizzontale/verticale del
pennacchio di CO 2 al fine di perfezionare i modelli di simulazione
in 3-D fino a modelli geologici in 3-D della formazione di stoccaggio
di cui all'articolo 7 e all'allegato I;
n) tecnologie in grado di fornire una area adeguata di copertura
per cogliere informazioni su eventuali vie di fuoriuscita potenziali
non rilevate in precedenza in tutta la superficie del complesso di
stoccaggio e oltre, in caso di irregolarita' significative o di
migrazione di CO 2 al di fuori del complesso di stoccaggio.
1.2. Aggiornamento del piano.
I dati rilevati con il monitoraggio devono essere riordinati e
interpretati. I risultati ottenuti devono essere confrontati con il
comportamento previsto nella simulazione dinamica pressione-volume in
3-D e del comportamento di saturazione realizzata nella
caratterizzazione della sicurezza prevista dall'articolo 7 e
dall'allegato I, fase 3.
Se si registra una deviazione significativa tra il comportamento
osservato e quello previsto, il modello in 3-D deve essere
ricalibrato per rispecchiare il comportamento osservato. La
ricalibratura deve basarsi sulle osservazioni dei dati ottenuti
nell'ambito del piano di monitoraggio e, se e' necessario per
corroborare le ipotesi di ricalibrazione, e' necessario ottenere dati
supplementari.
Le fasi 2 e 3 dell'allegato I devono essere ripetute con i modelli
in 3-D ricalibrati per produrre nuovi scenari di pericolo e tassi di
flusso e per rivedere e aggiornare la valutazione dei rischi.
Se, a seguito del raffronto con i dati storici e della
ricalibrazione del modello, sono individuate nuove fonti di CO 2 ,
vie di fuoriuscita e tassi di flusso o constatate significative
deviazioni rispetto a valutazioni precedenti, il piano di
monitoraggio deve essere aggiornato di conseguenza.
2. Monitoraggio nella fase di post-chiusura
Il monitoraggio nella fase di post-chiusura deve fondarsi sulle
informazioni raccolte ed elaborate con i modelli durante
l'applicazione del piano di monitoraggio di cui all'articolo 19,
comma 2, e al punto 1.2 del presente allegato. Il monitoraggio in
questa fase deve servire, in particolare, a fornire le informazioni
necessarie per determinare quanto indicato all'articolo 24.



Capo VII Modifiche legislative

Allegato III
(previsto dall'articolo 8, comma 3)

DIMOSTRAZIONE DELLA CAPACITA' TECNICA ED ECONOMICA DEL RICHIEDENTE

1. La licenza di esplorazione e l'autorizzazione allo stoccaggio
sono conferite ai soggetti richiedenti che dispongano di requisiti di
ordine generale, di capacita' tecnica, economica ed organizzativa
adeguati alla esecuzione e realizzazione dei programmi presentati,
con sede sociale in Italia o in altri Stati membri dell'Unione
europea, e, secondo condizioni di reciprocita', a persone giuridiche
aventi sede sociale in Stati che ammettono i soggetti giuridici di
nazionalita' italiana allo stoccaggio sotterraneo di CO 2 nel
territorio ricadente sotto la loro giurisdizione. I richiedenti
devono possedere nella Comunita' Europea strutture tecniche e
amministrative adeguate alle attivita' previste, ovvero presentare
una dichiarazione con la quale il legale rappresentante si impegni,
in caso di conferimento, a costituirle.
2. Per quanto riguarda i requisiti di ordine generale, il
richiedente deve fornire:
a) se il richiedente ha sede in Italia, il certificato camerale,
in corso di validita', provvisto della dicitura antimafia e
dell'inesistenza, negli ultimi cinque anni, di procedure concorsuali
di qualsiasi genere: fallimento, liquidazione coatta amministrativa,
ammissione in concordato. Nel caso di associazione (RTI o Consorzio),
il suddetto certificato e' prodotto da ciascun componente
l'associazione;
b) se appartenente ad uno Stato membro dell'Unione o ad altro
Stato, un certificato equipollente a quello indicato al punto a). Se
nessun documento o certificato e' rilasciato da altro Stato,
costituisce prova sufficiente una dichiarazione giurata, ovvero in
Stati in cui non esiste siffatta dichiarazione, una dichiarazione
resa dal soggetto interessato innanzi ad un'autorita' giudiziaria o
amministrativa competente, a un notaio o ad un organismo
professionale qualificato a riceverla del Paese in cui ha sede
giuridica l'Ente o la Societa' richiedente;
c) dall'oggetto sociale deve risultare che le attivita' del
soggetto richiedente comprendono attivita' minerarie o produzione e
trasporto di energia elettrica e termica o trasporto fluidi;
d) copia autentica dello Statuto e dell'Atto costitutivo, in
lingua italiana; la documentazione prodotta nella lingua del paese
del richiedente puo' essere accettata solo se accompagnata da una
traduzione certificata in lingua italiana conforme al testo
originale.
3. Per quanto riguarda la capacita' economica, il soggetto
richiedente deve presentare:
a) copia dei bilanci, regolarmente approvati, degli ultimi tre
anni (ovvero i bilanci a far data dal momento della costituzione
della societa', per quelle costituite da meno di tre anni), con le
relazioni dell'organo amministrativo e del collegio dei revisori o
dei sindaci sulla gestione della societa';
b) prospetto riassuntivo delle seguenti voci e indici di
bilancio: ricavi di vendita; utili di esercizio; ROI (Return On
Investiment), ROE (Return On Equity), MOL (Margine Operativo Lordo),
LEVERAGE (Rapporto di indebitamento). In alternativa agli indici di
bilancio, il soggetto richiedente puo' fornire il rating di merito
creditizio;
c) dichiarazione sostitutiva di atto notorio a firma del legale
rappresentante, ai sensi degli articoli 38, 47 e 76 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, concernente il fatturato
(volume d'affari), globale e specifico, degli ultimi tre anni.
4. Non sono attribuite licenze di esplorazione e concessioni di
stoccaggio a societa' aventi capitale sociale interamente versato
inferiore a 10 milioni di euro.
5. Per quanto riguarda le capacita' tecniche, gli enti di cui al
comma 1 devono produrre la seguente documentazione, sottoscritta dal
legale rappresentante con le modalita' di cui agli articoli 38, 47 e
76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 e in
lingua italiana, la documentazione prodotta nella lingua del Paese
del richiedente puo' essere accettata solo se accompagnata da una
traduzione certificata in lingua italiana conforme al testo in lingua
straniera:
a) relazione con descrizione delle principali attivita' svolte in
campo minerario o nella produzione e trasporto di energia elettrica e
termica o trasporto fluidi, in Italia o all'estero; nel caso di
impresa di recente costituzione, possono essere forniti elementi
relativi alla societa' controllante o al gruppo societario di
appartenenza;
b) attestazione relativa alla struttura organizzativa ed alle
risorse impiegate nelle attivita' descritte nella relazione di cui
alla lettera a). Tale attestazione deve comprendere l'organigramma
aziendale, nonche' i curricula dei responsabili dei diversi settori,
con particolare riferimento alle relative competenze o
specializzazioni nell'ambito della geologia, dei giacimenti,
dell'ambiente e sicurezza e della gestione operativa. E' necessario
da parte dell'impresa comprovare l'inserimento effettivo e stabile
all'interno del proprio organico dei responsabili dei settori
sopraindicati.
6. Oltre alla documentazione indicata ai commi precedenti, le
societa' possono presentare qualsiasi altro documento che ritengano
idoneo a dimostrare quanto richiesto (ad esempio, le informazioni
elencate relative a societa' controllanti, controllate o collegate e,
in generale, al gruppo societario di appartenenza).
7. Le documentazioni tecniche ed economiche sono aggiornate ogni
due anni. Deve altresi' essere aggiornata la dichiarazione relativa
al possesso dei requisiti di ordine generale di cui al comma 2,
nonche' il certificato camerale o dichiarazione sostitutiva dello
stesso ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 445
del 2000 per gli enti avente sede legale in Italia, ovvero un
certificato equipollente o altra dichiarazione nelle modalita' gia'
indicate al comma 2 per gli enti avente sede legale in altri Stati.


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