Corte di Cassazione Civile, sezione II, sentenza n. 22313 del 30 settembre 2013. Non sussiste il diritto dell'amministratore condominiale a ottenere un compenso ulteriore per la stipula del contratto di appalto per i lavori di manutenzione dell'immobile,
dovendosi escludere la presunzione di onerosità del mandato
affidatogli, laddove la delibera assembleare che lo incarica della
stipula del negozio nulla dispone nel senso di compensi ulteriori e
dovendosi dunque ritenere che detta attività rientri nella somma
annuale forfetariamente prevista in favore del professionista
interessato.
E' il principio stabilito dalla Corte di Cassazione Civile, con la sentenza 30 settembre 2013, n. 22313. Nel caso trattato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, il ricorrente- amministratore di condominio sostiene che il compenso pattuito per l'amministratore condominiale riguardava unicamente le prestazioni professionali
da questi svolte nell'ambito dei suoi compiti istituzionali e non
l'attività esulante dall'ordinaria amministrazione, quale la redazione
del contratto di appalto e le attività connesse: era quindi dovuto il
compenso aggiuntivo per l'opera professionale, essendo altrimenti
configurabile un ingiustificato arricchimento del condominio. In tema
di condominio, precisa la Suprema Corte, l'attività
dell'amministratore, connessa ed indispensabile allo svolgimento dei
suoi compiti istituzionali deve ritenersi compresa,
quanto al suo compenso, nel corrispettivo stabilito al momento del
conferimento dell'incarico per tutta l'attività amministrativa di
durata annuale e non deve, pertanto, essere retribuita a parte (cfr.
Cassaz. n. 3596/2003). Peraltro, non opera, ai fini del riconoscimento
di un compenso suppletivo, in mancanza di una specifica delibera condominiale,
la presunta onerosità del mandato allorchè sia stabilito un compenso
forfettario a favore dell'amministratore, spettando comunque
all'assemblea condominiale il compito generale di valutare
l'opportunità delle spese sostenute dall'amministratore che, quindi,
non può esigere neppure il rimborso di spese da lui anticipare, non
potendo il relativo credito considerarsi liquido ed esigibile senza un
preventivo controllo da parte dell'assemblea (cfr. Cassaz. N.
14197/2011).
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