domenica 5 giugno 2011

Urbanistica. Condono in zona soggetta a vincolo paesaggistico

Cons. Stato, Sez. IV n. 2664 del 4 maggio 2011
Urbanistica. Condono in zona soggetta a vincolo paesaggistico

In tema di applicabilità o meno dei principi indicati per l’annullamento in sede statale dell’autorizzazione paesaggistica anche al parere di conformità paesaggistica di cui all’art. 32 legge 47/1985 per le costruzioni abusive in zona vincolata.

N. 02664/2011REG.PROV.COLL.
N. 01498/2004 REG.RIC.
N. 10242/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti numero di registro generale 1498 del 2004 e 10242 del 2004, proposti da:
Maiolo Antonio, rappresentato e difeso dagli avv. Sauro Erci, Fabio Lorenzoni, Luigi Seghi, con domicilio eletto presso Fabio Lorenzoni in Roma, via del Viminale, 43;
contro
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Comune di Siena; non costituito;

sul ricorso numero di registro generale 10242 del 2004, proposto da:
Maiolo Antonio, rappresentato e difeso dagli avv. Sauro Erci, Fabio Lorenzoni, Luigi Seghi, con domicilio eletto presso Fabio Lorenzoni in Roma, via del Viminale, 43;
contro
Comune di Siena;
nei confronti di
Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
quanto al ric. n. 1498/2004, della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE I n. 05266/2003, resa tra le parti, concernente ANNULLAMENTO D'UFFICIO AUTORIZZAZIONE EX ART.. 7 L. 1497/39;.
quanto al ric. n. 10242/2004, della sentenza del TAR TOSCANA –FIRENZE, SEZ. I n. 5043/2003, resa tra le part, concernente DINIEGO CONDONO EDILIZIO E INGIUNZIONE DI DEMOLIZIONE

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attività Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2011 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Lorenzoni e l'avv. dello Stato Gerardis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Con il primo di due ricorsi (r.g. n. 1498/2004 r.g.), il sig. Antonio Maiolo appella la sentenza 14 ottobre 2003 n. 5266, con la quale il TAR Toscana, sez. I, ha rigettato il ricorso (proposto insieme a Maiolo Salvatore), avverso il decreto 17 gennaio 1989; decreto con il quale il Ministero per i beni culturali e ambientali ha disposto l’annullamento d’ufficio di una autorizzazione ex art. 7 l. n. 1497/1939, emessa dal Comune di Siena ai fini del successivo rilascio di concessione edilizia in sanatoria per la realizzazione di modifiche esterne e nuovo volume.
L’annullamento ministeriale è stato disposto con riferimento all’autorizzazione “nella parte relativa alla concessione edilizia in sanatoria di fabbricato indicato in relazione come garage e tettoia”.
La sentenza appellata ha ritenuto infondati:
- sia i motivi di ricorso riferiti a (presunti) vizi della motivazione dell’atto di annullamento, poichè questo si è fondato, in sostanza, sul rilievo che l’autorizzazione rilasciata “non evidenzia le motivazioni ed i criteri in base ai quali ha ritenuto le modalità di esecuzione e l’ubicazione del suddetto fabbricato . . . compatibile con il quadro naturale e di singolare bellezza”, tutelato dal D.M. di imposizione del vincolo; l’autorizzazione, in tal modo, si risolve in una approvazione “di fatto” di una modifica del vincolo paesaggistico esistente sull’area interessata, senza il rispetto della procedura ex art., 82, III comma, DPR n. 616/1977;
- sia il motivo con il quale si sostiene che il potere di controllo non riguarderebbe gli interventi edilizi abusivi compiuti prima dell’entrata in vigore del DPR n. 616/1977, poiché “non vi è nessuna traccia nelle norme attributive del potere di una simile limitazione”;
- sia il motivo riferito alla mancata comunicazione del provvedimento di annullamento entro il termine di 60 giorni, prescritto dall’art. 82 DPR n. 616/1977, dato che tale termine riguarda il momento di adozione (rispettato nel caso di specie) e non quello di comunicazione del provvedimento di controllo negativo, che non ha natura recettizia.
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
a) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, in particolare in ordine alle censure di violazione e/o falsa applicazione art. 82, III comma, DPR n. 616/1977; eccesso di potere per difetto dei presupposti; travisamento dei fatti; violazione del giusto procedimento e carenza di motivazione; ciò in quanto “il Comune non ha in alcun modo modificato né tanto meno revocato il vincolo ambientale e paesaggistico relativo alla zona ove è situato l’immobile dei ricorrenti, ma si è semplicemente limitato, sulla base dell’approfondito e competente parere della C.B.A. comunale, a formulare un giudizio di compatibilità con l’ambiente circostante di opere esistenti da decine di anni”; di qui il difetto di motivazione dell’atto di annullamento. Né il Ministero “aveva alcun potere di sostituire la propria valutazione della compatibilità ambientale dell’intervento a quella effettuata dal Comune”;
b) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, in particolare in ordine alle censure di violazione e/o falsa applicazione art. 32 l. n. 47/1985, in relazione all’art. 82, IX comma, DPR n. 616/1977; violazione del giusto procedimento e incompetenza; poiché “è evidente che tale potere (di annullamento) possa essere esercitato soltanto nei confronti delle domande di concessione di edificazione, in zone soggette a vincolo, di nuove costruzioni e non certo la sanatoria di opere costruite ormai da decenni e facenti ormai parte a pieno titolo del contesto ambientale circostante”. Per tali opere, invece, avrebbe dovuto essere applicata “integralmente ed esclusivamente la disciplina di cui all’art. 32 l. n. 47/1985”;
c) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, in particolare in ordine alle censure di violazione e/o falsa applicazione art. 82 DPR n. 616/1977; violazione del giusto procedimento e incompetenza, attesa la natura recettizia del provvedimento ministeriale di annullamento.
Si è costituito in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali, che ha concluso per la reiezione dell’appello stante la sua infondatezza.
L’appellante ha depositato memorie e, infine, istanza di riunione del presente ricorso in appello all’altro recante il numero r.g. 10242/2004.

2. Con altro e successivo ricorso, il sig. Antonio Maiolo appella la sentenza 9 settembre 2003 n. 5043, con la quale il TAR Toscana, sez. I, ha rigettato il ricorso da lui proposto (unitamente a Maiolo Salvatore), avverso l’ordinanza 12 febbraio 1990 n. 31, con la quale il Sindaco di Siena ha disposto di non accogliere la domanda di concessione edilizia in sanatoria ed ha ordinato la demolizione del manufatto. Ciò è stato disposto sulla base della insussistenza dei presupposti perchè l’opera sia suscettibile di sanatoria, atteso l’intervenuto annullamento dell’autorizzazione paesaggistica già rilasciata dal Comune.
La sentenza appellata ha ritenuto infondati sia i motivi di ricorso afferenti alla illegittimità dell’ordinanza sindacale in via derivata dall’illegittimità del provvedimento ministeriale di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica; sia i motivi afferenti a vizi della motivazione, stante l’oggettiva assenza di presupposto per l’accoglimento della domanda di sanatoria; sia, infine, i motivi afferenti alla legittimità della misura sanzionatoria adottata.
Si è costituito in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
L’appellante ha depositato memoria e, infine, istanza di riunione dell’appello r.g. n. 10242/2004 all’antecedente ricorso in appello r.g. n. 1498/2004.
Con sentenza 15 settembre 2010 n. 6860, questo giudice ha disposto la riunione dei ricorsi in appello, nonché incombenti istruttori.
All’odierna udienza, le cause sono state riservate in decisione.
DIRITTO
3. Il Collegio deve innanzi tutto rilevare che, nonostante gli appelli siano stati distintamente iscritti sul ruolo dell’udienza pubblica del 28 gennaio 2011 (rispettivamente, ai nn. 28 e 30), gli stessi risultano essere già stati riuniti con la già indicata sentenza n. 6860/2010.
Ne consegue che gli stessi, in quanto riuniti, vanno decisi con unica sentenza.

4. Gli appelli proposti sono ambedue infondati, per le ragioni di seguito esposte.
L’oggetto della presente controversia è, in sostanza, costituito dall’annullamento operato dal Ministero per i beni culturali e ambientali di una autorizzazione paesaggistica in precedenza rilasciata dal Comune di Siena ai fini della successiva adozione di concessione edilizia in sanatoria ex l. n. 47/1985, concernente manufatti di proprietà dell’appellante situati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
L’intervenuto annullamento ministeriale (oggetto del primo ricorso in I grado) ha comportato, stante il difetto di presupposto, la reiezione della domanda di concessione in sanatoria (cd. condono edilizio) e l’emanazione di ordinanza di demolizione (provvedimento oggetto del secondo ricorso proposto in I grado).
E’ avverso le sentenze che hanno deciso i giudizi instaurati con i due suddetti ricorsi, disponendo la reiezione dei medesimi, che vengono proposti i due distinti appelli, ora riuniti.
Occorre ricordare che l’art. 32 della l. n. 47/1985, prevedeva, nel suo testo originario (comma 1):
“Fatte salve le fattispecie previste dall'art. 33, il rilascio della concessione o della autorizzazione in sanatoria per opere eseguite su aree sottoposte a vincolo, ivi comprese quelle ricadenti nei parchi nazionali e regionali, è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela dal vincolo stesso. Qualora tale parere non venga reso dalle suddette amministrazioni entro centoventi giorni dalla domanda, si intende reso in senso negativo.”.
Il parere favorevole andava quindi reso dall’amministrazione competente in materia paesaggistica, secondo le diverse previsioni delle leggi regionali, e sottoposto alla trasmissione al Ministero dei beni culturali e ambientali, (ex art. 82 DPR n. 616/1977), il quale avrebbe potuto, ove riscontrato illegittimo, disporne l’annullamento.
Orbene, come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di rilevare, l'art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, sul trasferimento di funzioni statali alle Regioni e agli Enti locali, come modificato dalla l. 8 agosto 1985, n. 431, (successivamente trasfuso nell'art. 151, comma 4, secondo periodo, del d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490), attribuiva al Ministero dei beni e delle attività culturali la potestà di annullare l'autorizzazione rilasciata dalla Regione o dall'ente sub regionale competente quando la stessa fosse risultata illegittima, anche per eccesso di potere, mentre non consentiva di disporre l'annullamento per ragioni di merito, né di modificare il contenuto dell'autorizzazione o di imporre modifiche progettuali (Cons. Stato, sez. II, 10 giugno 2010 n. 1246).
Tale potere di annullamento andava esercitato entro il termine perentorio di sessanta giorni, termine che si riferisce non alla comunicazione, ma alla sola adozione del provvedimento, non avendo lo stesso natura recettizia (Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2009 n. 3557 e 29 dicembre 2008 n. 6586)).
Tali affermazioni sono state ribadite anche in riferimento alla natura (perentoria) del termine per l’annullamento del parere favorevole reso dall’amministrazione cui compete esprimersi ai sensi dell’art. 32 l. n. 47/1985, ribadendosi altresì la natura non recettizia dell’atto di annullamento (Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2009 n. 769)
Da quanto sin qui esposto, consegue:
- che il parere sui profili di compatibilità con il vincolo paesaggistico deve essere reso ai fini della possibilità di emettere concessione edilizia in sanatoria ex l. n. 47/1985;
- che tale parere è sottoposto all’eventuale esercizio del potere di annullamento da parte della competente amministrazione statale;
- che il provvedimento di annullamento, di natura non recettizia, deve essere emanato entro il termine perentorio di sessanta giorni.
Le considerazioni ora espresse – già evidenziate dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, dalla quale non vi è ragione di discostarsi – evidenziano l’infondatezza dei motivi di appello riportati sub b) e c) dell’esposizione in fatto (riferiti al ric. n. 1498/2004 e riproposti con il ric. n. 10242/2004).
Altrettanto infondato è il motivo del primo ricorso in appello (riportato sub a) dell’esposizione in fatto).
Come si è già avuto modo di affermare, è indubbio che l’amministrazione statale non può disporre l'annullamento dell’autorizzazione paesaggistica o del nulla-osta paesaggistico adottato dall’amministrazione competente per ragioni di merito né ha il potere di modificare il contenuto dell'autorizzazione o di imporre modifiche progettuali (Cons. Stato, sez. II, 10 giugno 2010 n. 1246).
Nel caso di specie, tuttavia, l’amministrazione – come si evince dalla lettura del provvedimento impugnato e come correttamente evidenziato dal I giudice – non ha affatto sovrapposto il proprio giudizio di compatibilità paesaggistica a quello dell’amministrazione competente, ma ha appunto rilevato come quest’ultima non avesse esternato alcuna congrua motivazione dalla quale evincere le ragioni che la inducevano a concludere per la compatibilità dei manufatti abusivamente realizzati con il vincolo paesaggistico, e quindi la loro possibile condonabilità.
In questo senso, quindi, deve essere intesa anche l’affermazione circa una sorta di “modifica di fatto del vincolo paesaggistico esistente sull’area interessata”: proprio il difetto di motivazione in ordine alla compatibilità, comporta in sostanza – nella argomentazione dell’amministrazione statale – una modifica “di fatto” del contenuto del vincolo a suo tempo imposto.
Per le ragioni sin qui esposte, sono da ritenere infondati tutti i motivi di cui al primo ricorso in appello, con conseguente reiezione dello stesso.
Per le stesse ragioni, sono da ritenere infondati i medesimi motivi, in quanto riproposti con il secondo ricorso in appello, in ordine alla dedotta illegittimità in via derivata dell’ordinanza sindacale impugnata.
Né può trovare accoglimento il IV motivo del secondo ricorso in appello, secondo il quale, a seguito dell’annullamento ministeriale, “non sussisteva alcuna decisione negativa in ordine alla compatibilità ambientale dell’immobile di proprietà del ricorrente, bensì esclusivamente la necessità per il Comune di rideterminarsi in ordine alla compatibilità ambientale dell’intervento edilizio” e, solo all’esito di una nuova valutazione negativa, adottare una delibera di rigetto della domanda di sanatoria.
In disparte ogni considerazione circa la perentorietà del termine entro il quale rendere il parere ai sensi dell’art. 32 l. n. 47/1985, appare evidente come:
- per un verso, a seguito dell’annullamento disposto dal Ministero dei beni culturali ed ambientali, risulta consumato il potere di valutazione della compatibilità paesaggistica;
- per altro verso, l’amministrazione comunale ha ritenuto – alla luce delle argomentazioni svolte dall’amministrazione statale – l’insussistenza della compatibilità paesaggistica, che costituisce presupposto indispensabile per la sanabilità del manufatto abusivo, in quanto realizzato sia in violazione delle norme edilizie sia di quelle poste a tutela del paesaggio.
Le argomentazioni ora svolte sorreggono anche la reiezione del quinto motivo del secondo ricorso in appello.
Quanto all’ulteriore motivo, con il quale ci si duole del fatto che “a fronte di un abuso di limitatissime proporzioni, si dispone, qualora il ricorrente non provveda alla demolizione dello stesso, l’acquisizione di diritto al patrimonio del Comune di un’area estesa sulla quale insistono fabbricati perfettamente legittimi e regolari sotto il profilo urbanistico ed edilizio”, occorre osservare che la sentenza di I grado non ha “male interpretato il senso della censura avanzata dal ricorrente”.
Infatti, il Tribunale ha affermato che “indipendentemente dalla consistenza dell’abuso edilizio, si applica la sanzione di cui al predetto art. 7 in caso di insistenza dell’abuso in area vincolata”.
Quest’ultima disposizione (comma 2) afferma che “se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.”.
La sentenza appellata, dunque, ha correttamente evidenziato il chiaro dettato normativo, e anche su questo punto risulta immune dalle doglianze proposte.
Per tutte le ragioni esposte, ambedue gli appelli devono essere respinti.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, proposti da Maiolo Antonio (nn. 1498/2004 e 10242/2004 r.g.), li rigetta.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore della costituita amministrazione statale, delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Potenza, Consigliere
Guido Romano, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

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