martedì 10 novembre 2015

Divorzio: addio mantenimento della moglie

Divorzio: addio mantenimento della moglie RICHIEDI CONSULENZA SU QUESTO ARGOMENTO Come si determina l’assegno di mantenimento, il calcolo, la capacità di lavorare della donna e l’impossibilità a mantenerla del marito. Ai giudici piace sempre meno l’idea un mantenimento della donna giovane e ancora abile al lavoro; e forse, non piace neanche più alle donne stesse, complice una mutata situazione economica e sociale rispetto a quando le norme del codice civile furono scritte. Così le aule dei tribunali sono sempre meno propense all’accordare assegni di mantenimento generosi e, molto spesso, superiori alle capacità del soggetto onerato (di norma, appunto, l’uomo). Una recente sentenza della Cassazione [1] risulta particolarmente interessante perché segna uno spartiacque tra le situazioni in cui vi è effettiva situazione di bisogno della donna – situazioni in cui l’assegno di mantenimento assume una valida giustificazione – e altre invece in cui lo stato di bisogno è solo il frutto del capriccio e della pigrizia – nel cui caso, invece, il mantenimento va negato -. In particolare, l’inversione di rotta segnata dalla Suprema Corte (rispetto a un passato non troppo recente) consiste nell’affermare che la donna giovane, in grado di lavorare e, quindi, di reperire con la propria attività quel reddito necessario a mantenere lo stesso tenore di vita di cui godeva durante il matrimonio, non ha diritto ad alcun mantenimento. E ciò anche se, durante l’unione, svolgeva mansioni di casalinga. Insomma, ciascuno dei due ex coniugi deve badare a sé stesso e non c’è modo di obbligare l’uomo a mantenere la donna se quest’ultima ha le risorse fisiche e mentali per guadagnare. A tal fine, anche un’attività saltuaria potrebbe rilevare come motivo per chiedere la revisione delle condizioni di mantenimento e azzerare l’assegno. Tuttavia l’aspetto forse centrale di tutto questo discorso è che ora l’onere della prova ricade sulla donna e non più sul marito. Ma procediamo con ordine. Sappiamo che non esiste un criterio matematico in base al quale la legge definisce come calcolare il mantenimento, ma la Cassazione ha dettato alcune linee guida abbastanza chiare. Eccole: 1) – il primo obiettivo dell’assegno di mantenimento è quello di garantire alla donna lo stesso tenore di vita di cui godeva quando ancora era legata in matrimonio con l’uomo; 2) – tale obiettivo va perseguito nella misura in cui sia sostenibile per l’uomo e, quindi, compatibile con le nuove spese da questi assunte a seguito della separazione (si pensi al canone di affitto di una nuova abitazione, il mutuo per l’acquisto di una nuova casa, ecc.). Ferme queste due linee direttive, accanto ad esse si aggiungono altri criteri che possono integrare la valutazione del giudice e spingere l’ago della bilancia da un lato piuttosto che dall’altro. Per esempio il tribunale dovrà tenere conto della durata della convivenza prematrimoniale, del matrimonio stesso prima della rottura, del contributo offerto da ciascuno dei due coniugi alla conduzione familiare, ma soprattutto della capacità di reddito del coniuge che chiede il mantenimento. In altre parole se quest’ultimo è ancora “abile”, capace cioè di procurarsi con le proprie forze di che vivere, perché giovane, preparato/a, magari con un titolo abilitativo e una formazione professionale, allora il mantenimento potrà essere negato. L’onere della prova L’aspetto più interessante della sentenza in commento è che la Corte rigetta la domanda di mantenimento della donna, una casalinga, per non aver questa fornito alcuna prova dell’oggettiva impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per conseguire un tenore di vita analogo a quello mantenuto in costanza di matrimonio. In altre parole, l’importanza del principio affermato in sentenza è quello secondo cui la dimostrazione della “difficoltà economica” e della “impossibilità a procurarsi un reddito” spetta alla donna. L’assegno, insomma, non diventa più una misura automatica, che scatta per il solo fatto della separazione tra i due coniugi. In passato gran parte degli assegni di mantenimento sono stati accordati a semplice richiesta: il giudice ha accordato in automatico il mantenimento, quasi si trattasse di una misura assistenziale perpetua, una sorta di assicurazione sulla vita. Sembra invece consolidarsi il principio per cui, se il richiedente (di norma la donna) non offre una valida giustificazione economica, con una prova rigorosa, della sua incapacità a procurarsi un reddito, perde ogni diritto. E non c’è modo di integrare la prova in appello. I precedenti In passato, la Corte aveva sposato orientamenti più rigidi se non opposti. Si pensi che, nel 1994 [2], i giudici avevano sostenuto invece che, in tema di divorzio, il coniuge che richiede l’assegno divorzile può limitarsi a dedurre di non avere i mezzi adeguati, trasferendo così sulla controparte l’onere probatorio della contraria verità. Successivamente l’orientamento è mutato divenendo più rigido. Nel 2004 [3], la Cassazione ha sostenuto che il coniuge richiedente il mantenimento deve dimostrare, con idonei mezzi di prova, quale fosse tale tenore di vita e quale deterioramento ne sia conseguito per effetto del divorzio, nonché tutte le circostanze suscettibili di essere valutate dal giudice alla luce dei criteri legislativi per la determinazione dell’assegno. L’anno scorso il Tribunale di Milano [4] ha ribadito l’importanza di considerare la capacità lavorativa del coniuge che richiede il mantenimento. In materia di assegno di mantenimento – si legge in sentenza – per verificare i presupposti dell’attribuzione dello stesso (a seguito di separazione personale), si deve prioritariamente valutare il tenore di vita della famiglia, per poi valutare se i mezzi economici del coniuge richiedente siano tali da consentire il mantenimento di tale tenore di vita, indipendentemente dall’erogazione di un contributo di mantenimento, e se sussista una disparità economica tra i due coniugi. Si deve, poi, avere riguardo alle potenzialità economiche complessive dei coniugi (come emerse durante il matrimonio), tenendo conto della durata del matrimonio e dell’apporto dato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell’altro. Nella valutazione delle potenzialità economiche complessive, infine, deve anche considerarsi l’attitudine al lavoro proficuo quale potenziale capacità di guadagno e quale attitudine concreta allo svolgimento di un lavoro retribuito, tenuto conto dei fattori individuali ed ambientali. Come si calcola l’assegno divorzile o di mantenimento Secondo la Corte, l’accertamento del diritto all’assegno divorzile si articola in due fasi: – nella prima fase, il giudice verifica l’esistenza del diritto del soggetto che chiede il mantenimento: accerta, cioè, l’eventuale inadeguatezza dei suoi mezzi economici per garantirsi il tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio. Il parametro di riferimento, però, non è solo il reddito della famiglia quando ancora era unita, ma anche quello che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione del matrimonio. In questo modo, allorché una coppia faccia grossi sacrifici solo per far decollare un’attività o la carriera di uno dei, ma ciò avvenga solo dopo la separazione, di tale utile potrà partecipare anche l’altro coniuge, come ricompensa ai precedenti sforzi fatti; – nella seconda fase il giudice procede alla determinazione in concreto dell’ammontare dell’assegno, che va compiuta tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonché del reddito di entrambi, valutandosi tali elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio. Nell’ambito di questo duplice accertamento assumono rilievo – sottolinea la Corte – anche le rispettive potenzialità economiche. Vuoi restare aggiornato su questo argomento? Segui la nostra redazione anche su Facebook, Google + e Twitter. Iscriviti alla newsletter LA SENTENZA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Fatto SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1 – Con sentenza depositata in data 30 dicembre 2009 il Tribunale di Bari dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da T.F. e G.F., rigettando la domanda di assegno avanzata da quest’ultima. 1.1 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di - See more at: http://www.laleggepertutti.it/103881_divorzio-addio-mantenimento-della-moglie#sthash.b2I1kR8L.dpuf

Divorzio: addio mantenimento della moglie

LA SENTENZA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Fatto SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1 – Con sentenza depositata in data 30 dicembre 2009 il Tribunale di Bari dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da T.F. e G.F., rigettando la domanda di assegno avanzata da quest’ultima. 1.1 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Bari, pronunciando sull’impugnazione proposta dalla G., ha confermato la decisione di primo grado. L’appellante aveva sostenuto che durante il matrimonio il tenore di vita era stato pari a quello di una famiglia media con reddito di lavoro dipendente del solo marito e con moglie casalinga, e di non essere in grado – in quanto impossidente e priva di lavoro, di mantenere detto tenore di vita, mentre il T., che conviveva, nell’abitazione della stessa, con tale Gi., dalla quale aveva anche avuto una figlia, si sarebbe collocato a riposo al solo scopo di creare una situazione apparente di assenza di redditi, ma avrebbe in realtà avrebbe continuato a lavorare presso terzi, percependo in ogni caso l’indennità di disoccupazione e godendo di una situazione economica certamente superiore a quella della G., come dimostrato anche dal possesso e dal mantenimento di un’autovettura. 1.2 – La corte territoriale ha osservato che la ricorrente non aveva fornito alcuna prova circa il tenore di vita mantenuto durante il matrimonio, nè aveva adeguatamente dimostrato, al di là di mere asserzioni, la natura e gli emolumenti derivanti dalle attività lavorative che pur aveva ammesso di esercitare, sia pure in maniera saltuaria, mentre la deduzione circa la convivenza del T. con la nuova compagna, se da un lato comportava, per la nascita di una figlia, un deterioramento della sua condizione economica, dall’altro era smentita dalla documentazione anagrafica acquisita. Quanto alle dimissioni del T., si è rilevato che costui aveva dimostrato di averle rassegnate all’indomani di una contestazione disciplinare e che, in ogni caso, aveva fornito la prova, con idonea documentazione, di essere disoccupato. 1.3 – Si è concluso quindi, per l’insussistenza dei presupposti per l’attribuzione dell’assegno post matrimoniale, rilevandosi, da un lato, che la G. era risultata dotata di idonea capacità lavorativa, mentre l’appellato aveva dimostrato il peggioramento delle proprie condizioni economiche, sia per la nascita di una figlia, sia per la perdita del lavoro. 1.4 – Per la cassazione di tale decisione la G. propone ricorso, affidato a quattro motivi, cui il T. resiste con controricorso, illustrato da memoria. Diritto MOTIVI DELLA DECISIONE 2 – Con il primo motivo, denunciandosi violazione dell’art. 115 c.p.c., art. 2729 c.c., della L. n. 898 del 1970 e degli artt. 570 e 388 c.p., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, si afferma che non sarebbe stata la natura artificiosa della condizione del T., il quale avrebbe rassegnato le dimissioni dal proprio lavoro al solo scopo di sottrarsi agli obblighi nei confronti della ricorrente. Per altro verso si sarebbe dato credito alle risultanze anagrafiche, a fronte delle affermazioni della G. circo la convivenza con altra donna del T., il quale, pertanto, non avrebbe fornito alcuna prova al riguardo. 2.1 – Con il secondo mezzo si deduce violazione degli artt. 155 e 156 c.c.; della L. n. 898 del 1970, artt. 4, 5 e 10, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: la Corte di appello, confermando la decisione del Tribunale circa la cessazione dell’assegno di mantenimento con decorrenza dalla sentenza di primo grado, avrebbe violato il principio secondo cui tale assegno rimane valido fino alla pronuncia definitiva sul divorzio. In ogni caso fino a tale momento avrebbe dovuto essere corrisposto l’assegno disposto in via provvisoria dal Presidente del Tribunale. 2.2 – La terza censura attiene alla violazione denunciata nel precedente motivo sotto il profilo dell’omessa considerazione del tenore di vita tenuto dalla coppia in costanza di matrimonio, proprio delle famiglie con un solo reddito e prove di prole, cui si associava la sicurezza di una vita tranquilla e socialmente valida. 2.3 – Con l’ultimo mezzo gli stessi tempi vengono proposti sotto il profilo della violazione dell’obbligo di disporre accertamenti tramite la polizia tributaria. 3 – La prima, la terza e la quarta censura possono esaminarsi congiuntamente, attesa la loro intima connessione, per essere inerenti al tema dell’attribuzione dell’assegno di divorzio. Deve in primo luogo evidenziarsi un profilo di inammissibilità che attinge le suddette doglianze, in quanto, oltre ad essere criticata in maniera generica e assertiva la valutazione della corte territoriale circa la mancata dimostrazione del tenore di vita in precedenza mantenuto dai coniugi, non viene censurata in alcun modo la speculare questione, dotata di non minore rilevanza ai fini dell’attribuzione dell’assegno di divorzio, circa la mancata prova di una condizione deteriore della ricorrente ai fini del mantenimento, almeno in via tendenziale, di quel tenore di vita. Ed infatti la sentenza impugnata, sulla base della ammissioni della stessa G., ha affermato che la stessa era dotata di capacità lavorativa, ponendo in evidenza la genericità delle doglianze circa il proprio stato. D’altra parte, risulta adeguatamente approfondita la posizione del T., sia con riferimento alla perdita del lavoro e alle relative ragioni, sia in relazione agli obblighi inerenti al mantenimento di una figlia avuta da una nuova compagna (con congrui rilievi circa la mancata prova in merito alla coabitazione con quest’ultima). 3.1 – La sentenza impugnata appare, quindi, conforme ai principi affermati da questa Corte in merito ai criteri di attribuzione dell’assegno di divorzio, e resiste al complesso delle critiche, affatto generiche, mosse dalla ricorrente. Infatti, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, l’accertamento del diritto all’assegno divorzile dev’essere effettuato verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto, mentre la liquidazione in concreto dell’assegno, ove sia riconosciuto tale diritto per non essere il coniuge richiedente in grado di mantenere con i propri mezzi detto tenore di vita, va compiuta tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonchè del reddito di entrambi, valutandosi tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 1, 15 maggio 2013, n. 11686; 12 luglio 2007, n. 15611). Nell’ambito di questo duplice apprezzamento, occorre avere riguardo non soltanto ai redditi ed alle sostanze del richiedente, ma anche a quelli dell’obbligato, i quali assumono rilievo determinante sia ai fini dell’accertamento del livello economico-sociale del nucleo familiare, sia ai fini del necessario riscontro in ordine all’effettivo deterioramento della situazione economica del richiedente in conseguenza dello scioglimento del vincolo. Per poter determinare lo standard di vita mantenuto dalla famiglia in costanza di matrimonio, occorre infatti conoscerne con ragionevole approssimazione le condizioni economiche, dipendenti dal complesso delle risorse reddituali e patrimoniali di cui ciascuno dei coniugi poteva disporre e di quelle da entrambi effettivamente destinate al soddisfacimento dei bisogni personali e familiari, mentre per poter valutare la misura in cui il venir meno dell’unità familiare ha inciso sulla posizione del richiedente è necessario porre a confronto le rispettive potenzialità economiche, intese non solo come disponibilità attuali di beni ed introiti, ma anche come attitudini a procurarsene in grado ulteriore (cfr. Cass., Sez. 1, 12 luglio 2007, n. 15610; 28 febbraio 2007, n. 4764). 3.2 – In tale contesto, in cui assume rilievo centrale la nozione di “adeguatezza” (sulla quale crf. Cass., 4 ottobre 2010, n. 20582), la corte territoriale ha posto in evidenza, fra l’altro, la totale carenza di elementi probatori inerenti all’impossibilità oggettiva in capo alla G. di procurarsi mezzi adeguati per conseguire un tenore di vita analogo a quello mantenuto in costanza di matrimonio, e, quindi, il mancato assolvimento del relativo onere (Cass., 3 novembre 2004, n. 21080; Cass., 8 agosto 2003, n. 11975; Cass., 26 marzo 1994, n. 2982). Tale motivazione non risulta adeguatamente censurata, sostanziandosi le deduzioni della G. nell’affermazione della sussistenza di un complessivo ed esclusivo onere della prova a carico dell’onerato. 3.3 – Alla luce delle superiori considerazioni, i rilievi della ricorrente circa il mancato esercizio dei poteri di accertamento in deroga al principio dell’onere della prova non colgono nel segno, avendo questa Corte affermato che il giudice del merito, ove ritenga “aliunde” raggiunta la prova dell’insussistenza dei presupposti che condizionano il riconoscimento dell’assegno di divorzio, può direttamente procedere al rigetto della relativa istanza, anche senza aver prima disposto accertamenti d’ufficio attraverso la polizia tributaria (che non possono assumere valenza “esplorativa”: Cass., 28 gennaio 2008, n. 2098), atteso che l’esercizio del potere officioso di disporre, per il detto tramite, indagini sui redditi e sui patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita rientra nella sua discrezionalità, non trattandosi di un adempimento imposto dall’istanza di parte, purchè esso sia correlabile anche per implicito ad una valutazione di superfluità dell’iniziativa e di sufficienza dei dati istruttori acquisiti (Cass., 6 giugno 2013, n. 14336; Cass., 28 aprile 2006, n. 9861). 4 – La seconda censura è inammissibile, trattandosi di questione che risulta proposta per la prima volta in questa sede. Dalla decisione impugnata, infatti, non risulta che la G. abbia avanzato uno specifico motivo di gravame in merito alle disposizioni che il Tribunale avrebbe assunto circa la decorrenza dell’assegno divorzile, nè il ricorso, limitandosi a denunciare la violazione delle suindicate norme, specifica – in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, in quali termini avrebbe introdotto il tema in esame in sede di gravame. Giova richiamare, in proposito il principio costantemente affermato da questa Corte, secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass., 18 ottobre 2013, n. 23675). 5 – In definitiva, il ricorso va rigettato, ricorrendo giusti motivi, attese le difficoltà di individuare la ripartizione dell’onere della prova in relazione alla complessità della vicenda, per la compensazione delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità. PQM P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali relative al presente giudizio di legittimità. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 dicembre 2014. Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2015 - See more at: http://www.laleggepertutti.it/103881_divorzio-addio-mantenimento-della-moglie#sthash.eniSDkBj.dpuf

venerdì 2 ottobre 2015

Valle Martella

Bufale elettorali.........che succede sulla scuola di Valle martella??

giovedì 7 maggio 2015

OBIETTIVI ELETTORALE DEL CANDIDATO SINDACO PROCACCINI MARIO


OBIETTIVI ELETTORALE DEL CANDIDATO SINDACO PROCACCINI MARIO per le elezioni amministrative di Zagarolo di Domenica 31 Maggio.
E’ purtroppo sotto gli occhi di tutti il degrado urbanistico,sociale e morale in cui versa il nostro comune a causa di un’amministrazione uscente che nell' ultimo ventennio non ha saputo creare le condizioni necessarie per un reale sviluppo e benessere del nostro paese e dei suoi abitanti, concentrandosi unicamente sul perseguimento di interessi economici e personali di singoli anziché della collettività. Il nostro gruppo,fuori dai soliti giochi politici ed accordi trasversali,intende operare per il bene di tutti, portando una ventata di novità e pulizia, assumendoci l'impegno di concretizzare un progetto che parta dai bisogni della gente, convinti che la Legalità,la Trasparenza e la Partecipazione popolare siano i requisiti fondamentali ed essenziali per riportare a Zagarolo, ai suoi Colli ed a Valle Martella un giusto,doveroso e sereno benessere sociale, economico e culturale. Il programma amministrativo, suddiviso per campi d’interesse, che vorremmo sviluppare insieme alla cittadinanza è il seguente: AMMINISRAZIONE COMUNALE . La massima disponibilità e trasparenza dell’informazione costituisce una delle condizioni per una partecipazione consapevole alla gestione pubblica. E’ nostra intenzione mettere al centro dell’azione amministrativa la partecipazione del cittadino alle scelte di governo del paese. Questo può avvenire dotando la macchina comunale di strumenti che mettano in condizione le persone di essere informate sulle scelte dell’Amministrazione, facendo ricorso anche a tutte le nuove tecnologie divenute ormai di facile ed economico uso. Il primo impegno che verrà assolto sarà quello di prevedere in maniera sistematica e predefinita lo svolgimento,durante l’anno, di alcune sedute del consiglio comunale presso la frazione di Valle Martella nonché la costituzione presso la frazione dei principali uffici comunali,accorciando così la distanza percepita nei confronti dell’amministrazione centrale. Si renderà indispensabile inoltre rivedere tutti i processi ed i flussi interni ed ottenere una loro ottimizzazione e razionalizzazione. Un ruolo di particolare significato e valore assume inoltre, la gestione e la valorizzazione delle risorse umane operanti nel contesto amministrativo. La riqualificazione del personale farà degli uffici comunali dei centri di consulenza e non delle mere caselle dove i cittadini sono costretti a portare i documenti necessari a realizzare la loro particolare esigenza o iniziativa. Occorre infine bandire urgentemente i concorsi necessari per adeguare il personale alle effettive esigenze ed effettuare corsi interni di aggiornamento sia tecnici che di comunicazione interpersonale . L’amministrazione si farà carico di pubblicare e diffondere,utilizzando luoghi pubblici ed esercizi commerciali,di un “giornalino” periodico contenente informazioni ed iniziative comunali.
AMBIENTE E TERRITORIO
La maggioranza uscente ha abbandonato ancora di più nel degrado tutte le periferie,i Colli e la popolosa frazione di Valle Martella , lasciandole dopo dieci anni ancora senza illuminazione pubblica,senza fogne e servizi essenziali,così come senza giardini e parchi pubblici. Il nostro gruppo si adopererà seriamente per completare la rete fognaria in tutti i tratti ancora mancanti e potenziare la pubblica illuminazione e per trasformare le periferie in luoghi sicuri e vivibili attraverso una seria opera di riqualificazione del territorio,di decentramento e nuova istituzione di molte iniziative turistiche e culturali,di realizzazione di un sistema integrato di verde,parchi e piazze con il conseguente recupero urbanistico di tutte le periferie . Tali opere una volta realizzate,non dovranno essere lasciate abbandonate a se stesse ma dovranno diventare parte di un definito e cadenzato programma di manutenzione . A tale riguardo l’amministrazione comunale dovrà farsi carico di ripulire i terreni abbandonati e pericolosamente ricoperti di sterpaglie o indecentemente sommersi da depositi di calcinacci e rifiuti vari,addebitando le relative spese ai proprietari incuranti e negligenti . Relativamente a Valle Martella si procederà con una regolarizzazioni di tutte le posizioni partendo da quelle interessate dalle lettere di pre-diniego dell’amministrazione uscente. Si procederà inoltre con l’installazione di punti luminosi con pannelli solari a ridosso delle piazzole per i rifiuti solidi urbani ed all’eliminazione di tutte le discariche abusive con l’immediata bonifica delle aree interessate. Il centro storico sarà completamente riqualificato attuando una maggiore cura dell'arredo urbano. Il mercato settimanale di Valle Martella sarà trasferito presso un’area confortevole, spaziosa , idonea e sicura ottenuta dalla riappropriazione dei tanti terreni comunali illegittimamente e furbescamente “uso capionati” dal parte di privati. Grande attenzione sarà dedicata alla riqualificazione degli ambiti a maggiore vocazione naturalistica incentivando e rafforzando la collaborazione con le associazioni ambientaliste. La cura e l’attenzione per l’ambiente non potrà non tener conto della problematica inerente la raccolta dei rifiuti: è indispensabile dare con più slancio e convinzione seguito ad una seria ed efficace politica di raccolta differenziata,incentivando sia dal punto di vita economico,che culturale, che logistico-organizzativo, la sua adozione da parte di tutta la cittadinanza e prevedendo,parallelamente alla raccolta porta a porta, un sistema di risparmio di tasse per il cittadino in proporzione al quantitativo di rifiuti riciclabili conferiti a specifici centri di raccolta che verranno appositamente realizzati. La lotta alle discariche abusive vedrà sia l’adozione di un maggior controllo e repressione del fenomeno,sia di misure collaborative come ad esempio il potenziamento del servizio di raccolta domiciliare del materiale ingombrante . Noi intendiamo introdurre norme e incentivi per l’edilizia ecologica e per la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico prevedendo inoltre una riduzione percentuale degli oneri d’urbanizzazione primaria per i nuovi edifici che provvederanno alla installazione di pannelli solari, fotovoltaici.
SICUREZZA
Un paese non sicuro è un paese che non ha prospettive di crescita e più specificatamente un Cittadino che vive nella insicurezza è un Cittadino che non ha voglia né possibilità di contribuire alla crescita del proprio paese. Oltre alla prevenzione ed alla repressione della fenomeno della microcriminalità è indispensabile quindi dare a tutti gli abitanti di Zagarolo un consapevole “senso di sicurezza” : quest’ultimo aspetto ,da affrontare insieme alla forze dell’ordine, è strettamente dipendente da un’assidua ed incessante attività di controllo nei confronti della popolazione immigrata per assicurare il rispetto delle regole di civile convivenza ed evitare così situazioni di disagio ed attrito sociale. A tale scopo occorre incaricare la polizia urbana di svolgere indagini al fine di verificare costantemente quanti,quali e chi siano realmente gli immigrati a Zagarolo,il numero di alloggi dati loro in affitto e se la legislazione relativa alla vendita di bevande alcoliche sia realmente rispettata , prevedendo il potenziamento del corpo di polizia locale con l’obiettivo di garantire la presenza della vigilanza urbana sino alle ore 24 e rendendo effettivo e realmente proficuo l’utilizzo degli impianti di videosorveglianza esistenti . Tali azioni non potranno prescindere dall’istituzione di un presidio mobile di sicurezza a Valle Martella, simbolo concreto e reale intenzione di una salvaguardia della sicurezza dei cittadini e di controllo del territorio. SERVIZI AL CITTADINO E POLITICHE SOCIALI
Particolare attenzione sarà rivolta alla famiglia, attuando politiche di valorizzazione e sostegno ed indirizzando interventi di realizzazione di servizi educativi, sociali e sanitari fortemente orientati alla promozione delle persone ed al loro benessere. In tema di infanzia è ormai improrogabile l’istituzione di un asilo nido comunale mentre per l’adolescenza si procederà , in collaborazione con le istituzioni scolastiche, al potenziamento ed all’estensione dei servizi offerti in favore dei bambini, integrando e modificando gli attuali orari di funzionalità, al fine di sopperire alle difficoltà che attualmente incontrano i genitori che lavorano. Occorre inoltre prevedere il potenziamento delle attività educative, ricreative e sociali per l’infanzia anche nei periodi estivi e comunque al di fuori della scuola, come ad esempio l’istituzione di corsi gratuiti di inglese ed informatica finanziati dai fondi regionali e provinciali o tenuti ai ragazzi della scuola media o elementare dagli studenti neodiplomati . Sarà inoltre molto importante cercare,in accordo e collaborazione con la Provincia,l’istituzione di una scuola secondaria superiore sul nostro territorio, così da facilitarne l’accesso e la frequenza ai giovani abitanti di Zagarolo e richiamarne contemporaneamente dai paesi limitrofi . E’ altresì previsto l’ attivazione di un Centro Azione Donna con sportello informativo, psicologico e consulenza legale rivolto alle donne. Accanto al forte impulso in favore dei giovani descritto sopra è fondamentale ridare la giusta attenzione e centralità a tutti gli anziani del nostro paese. L’anziano deve essere considerato una risorsa per tutta la comunità, valorizzando i loro saperi, le loro sensibilità e la loro memoria. Nell’ambito degli interventi rivolti agli anziani, è opportuno evidenziare che ogni iniziativa sarà tesa a lenire prioritariamente la solitudine, favorendo la socializzazione e l’integrazione. Saranno adottate forme di sostegno agli anziani soli o non autosufficienti con progetti mirati a mantenerli nel proprio domicilio il più a lungo possibile (agevolazione per i mezzi pubblici, rafforzamento dell'assistenza domiciliare, del servizio mensa e pasti a domicilio, della lavanderia, della spesa a domicilio attraverso i raccordi con il volontariato). Tali azioni non potranno non tener conto della creazione di un punto di Primo Soccorso presso Valle Martella. Al fine di ottenere e facilitare una migliore mobilità degli abitanti del nostro paese verranno intensificate le corse delle navette tra le periferie e la Stazione e tra Valle Martella e la stazione di Pantano, specialmente negli orari di maggior necessità da parte di studenti e lavoratori. In relazione all’importante e purtroppo finora trascurato,tema del supporto alle persone diversamente abili,sarà rilevante l’impegno dell’amministrazione per l’abbattimento delle barriere architettoniche accompagnato dalla promozione di interventi per garantire la qualità della vita favorendo una corretta integrazione alle persone disabili. Infine è obiettivo della nostra amministrazione sostenere e promuovere l’accesso ai fondi regionali per il sostegno al pagamento dell’affitto da parte dei cittadini meno abbienti.
ECONOMIA E COMMERCIO
Diventa indispensabile mettere in campo azioni concrete per favorire l’espansione delle attività commerciali anche in tutte le periferie, decongestionando in tal modo il centro storico e portando vitalità e servizi in tutte le maggiori aree del nostro territorio . Per incentivare l’apertura di negozi ed attività commerciali nei Colli ed a Valle Martella,prevediamo una cospicua e progressiva detassazione per i primi cinque anni di attività. Tale misura ,essendo circoscritta a nuove attività attualmente non esistenti, non modificherà gli attuali equilibri di bilancio. Noi saremo inoltre fortemente impegnata nella valorizzazione e nello sviluppo delle attività derivanti dall’artigianato, dal commercio e dai servizi, sia tradizionali che nuovi, collegati o da collegare alle risorse del territorio: vogliamo favorire lo sviluppo di un’agricoltura che tuteli l’ambiente, che punti non soltanto ad un miglioramento della qualità delle produzioni tipiche locali come l’olio e il vino, ma anche allo sviluppo di nuove realtà, specie se rientranti nell’imprenditoria sociale, impegnate nella lavorazione dei prodotti come miele, frutta e ortaggi e del biologico naturale. A tal fine si procederà all’individuazione di nuove aree produttive con la consapevolezza che tali azioni potranno mettere in moto un circolo vizioso autoalimentato di sostentamento per il commercio e per il turismo e soprattutto sarà forte la nostra azione per tutelare le tante piccole attività commerciali. Infine questa amministrazione si farà parte diligente presso la Provincia di Roma per proporre e realizzare il corridoio di mobilità a ridosso della Via Prenestina.
TURISMO,SPORT E CULTURA
Il nostro gruppo è per la promozione di un’offerta turistica rivolta anche ad una utenza soprattutto giovane, che ami il turismo enologico, gastronomico, storico, ambientale, ed itinerante, in virtù del patrimonio locale di cui il nostro territorio è ricco, avvalendosi soprattutto di strutture alberghiere e di ristorazione giovani e pratiche (es. bed&breakfast, punti tappa per accogliere ciclo-campeggiatori, aree di sosta per camperisti) e ricorrendo alla organizzazione e pubblicizzazione di manifestazioni fieristiche di grande richiamo e di iniziative a carattere turistico quali il Carnevale,i Mercatini di Natale e favorendo un rafforzamento dell’identità territoriale. Riguardo allo sport,grande risorsa e potenzialità di Zagarolo, vogliamo favorire l'attività sportiva con iniziative di promozione per avvicinare, in particolare i bambini, alle molteplici discipline sportive anche attraverso la creazione di eventi, facendo così vivere lo sport come momento di crescita e di aggregazione. Occorre perciò espandere l’attuale impiantistica sportiva, prevedendo la costruzione di una nuova piscina comunale ricorrendo al project financing e sostenendo il concetto di sport per tutti, finanziando con fondi comunali le associazioni sportive aventi sede sociale e campo d’azione nel nostro Comune . Per la diffusione e lo sviluppo della cultura nel nostro territorio, intendiamo aumentare l’offerta culturale presso Palazzo Rospigliosi con mostre,seminari,eventi ed attività delle associazioni culturali.
CONCLUSIONI
Il programma elettorale che proponiamo a tutti gli elettori e che ci impegniamo a portare a termine nei cinque anni di mandato,rappresenta un progetto ambizioso, ma non impossibile, per rimediare ai gravi e pesanti danni derivanti da una cattiva gestione che dura da diversi anni. L’impegno che ci prendiamo solennemente è di portare Legalità ed Onestà nella vita amministrativa,passata,presente e futura, del nostro comune. Per fare ciò è indispensabile trasformare il modo di amministrare da immobile, miope,clientelare ad attivo,lungimirante ed indipendente dagli interessi politico-economici. Abbiamo diritto tutti quanti ad un paese migliore ed abbiamo perciò tutti quanti il dovere di rimboccarci le maniche ed agire unicamente per il suo bene .
Il candidato sindaco Mario Procac

Elezioni Comunali 2015.Procaccini La tua sicrezza!!


sabato 2 maggio 2015

Elezioni 2015 Zagarolo!!

Un paese non sicuro è un paese che non ha prospettive di crescita e più specificatamente un Cittadino che vive nella insicurezza è un Cittadino che non ha voglia né possibilità di contribuire alla crescita del proprio paese.!!

venerdì 1 maggio 2015

Ricevuta di una lista


venerdì 17 aprile 2015

ELEZIONE RINNOVO CONSIGLIO COMUNALE ZAGAROLO!!

COMUNICO : Durante la campagna elettorale x le elezioni del rinnovo consiglio comunale di Zagarolo eventuali controversia potranno essere risolte tramite  lo studio legale :
Avv. Tania  DELLA BELLA  studio legale via  Valle  Ristretti Zagarolo ,utenza tel. 3471965938;
Stidio legale Associato Avv Saverio Iamele, Palestrina via Madonna dell'Aquila ut. tel.069574202-cell.3337700244....
Grazie x la gentile collaborazione!!
Cav Mario Procaccini--3298732732

martedì 3 marzo 2015

NESSUNO PUO' PENSARE DI NASCONDERSI!!

Preciso che nessuno può pensare di tenersi nascosto  gli scheletri durante la campagna  elettorale!!! CHIARO?? Se si decide  di voler essere uomo pubblico,,,,,, bisogna accettare critica e non solo....Si vuole Cambiare...e allora cambiamo noi stessi x prima!! Bisogna essere TRASPARENTI ...mai scendere sulla famiglia....ma non di PIU' ...Buona giornata a tutti!!
Cav Mario Procaccini

venerdì 27 febbraio 2015

Elezioni Comunali Zagarolo 2015

Un paese non sicuro è un paese che non ha prospettive di crescita e più specificatamente un Cittadino che vive nella insicurezza è un Cittadino che non ha voglia né possibilità di contribuire alla crescita del proprio paese.



sabato 20 dicembre 2014

Carissimi,condivido con Voi e le Vostre famiglie, il calore e i valori del Santo Natale. Auguro inoltre a tutti Voi di accogliere l'Anno Nuovo con tutte le speranze e le aspettative che Vi hanno accompagnato fino ad ora, nell'attesa di costruire insieme tutte quelle che si realizzeranno per rendere migliore la qualità della nostra vita. Cav. Procaccini Mario

mercoledì 29 ottobre 2014

Zagarolo...prossima tornata elettorale!!!

Crdeo che nel breve giro di qlk giorno inizierò con il dirvi i miracoli di certi personaggipresenti sul nostro territorio........ridere e ridere ancora!!

mercoledì 17 settembre 2014

Corte di Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza n. 18575 del 25 Agosto 2014. ILLEgittime le multe su strisce blu

La Cassazione ribadisce: illegittime le multe su strisce blu se non ci sono aree di parcheggio gratuite Segui: 28 parcheggiodi Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza n. 18575 del 25 Agosto 2014. Se è vero che l'art. 7 comma 8 del Codice della strada prevede l'obbligo, in capo al conducente, di esporre il ticket di sosta nelle apposite aree destinate a parcheggio, è altrettanto vero che lo stesso Codice prevede l'obbligo, a carico dell'ente locale, di predisporre aree di parcheggio gratuite laddove ci sono zone di sosta a pagamento. Sono illegittime quindi le contravvenzioni elevate a carico di chi non ha esposto il ticket in un aria di parcheggio a pagamento se mancano aree di parcheggio "free". Nel caso esaminato dalla Cassazione, la ricorrente aveva contestato una multa per mancata esposizione del tagliando. Il giudice di merito non aveva voluto sentire ragione e la donna si era rivolta quindi alla suprema Corte che accogliendo il ricorso ha anche evidenziato come la sentenza impugnata fosse affetta da violazione di legge (nello specifico, violazione delle regole inerenti l'onere della prova). La Cassazione ricorda come, nelle cause di opposizione a sanzione amministrativa (nel caso in cui, quindi, convenuta innanzi al giudice civile sia una pubblica amministrazione) l'amministrazione, anche se formalmente convenuta, di fatto assume il ruolo di "attore sostanziale"; "spetta, quindi, ad essa, ai sensi dell'art. 2697 cod. civ., di fornire la prova dell'esistenza degli elementi di fatto integranti la violazione contestata, mentre compete all'opponente, che assume formalmente la veste di convenuto, la prova dei fatti impeditivi o estintivi". Nel caso di specie la ricorrente, sia in primo grado che in appello, aveva contestato sia la mancanza nella zona di spazi gratuiti adibiti a parcheggio, sia l'assenza di specifica delibera comunale che qualificasse l'area tra quelle esenti da tale obbligo (ad esempio area urbana di particolare valore storico o di particolare pregio ambientale). Allegando ciò l'attrice avrebbe esaurito i propri oneri processuali, avendo dovuto l'amministrazione resistente produrre in giudizio atti o fatti che provassero il contrario (ad esempio, delibera comunale di qualificazione di detta area come sottoposta a eccezione normativa).

martedì 16 settembre 2014

Gli avvocati e le liti si sa vanno a braccetto(((( OCCHIO AI RISARCIMENTI ESEMPLARI ))))

TEMERARI DAL GIUDICE: OCCHIO AI RISARCIMENTI ESEMPLARI Il temerario (1975) Gli avvocati e le liti si sa vanno a braccetto, ma talvolta occorre fermarsi e riflettere per non assumere mandati dall’esito “certamente” incerto, scusate il gioco di parole ma poi capirete, o addirittura dannosi per se stessi (in termini di responsabilità professionale) e soprattutto per i propri patrocinati “temerari” che ogni tanto tacciono circostanze importanti pensando in tal modo di far bene. Chi è intenzionato, infatti, a instaurare giudizi (o resistere a domande giudiziali), con la consapevolezza di non averne diritto, rischia di incorrere in quella che viene definita “responsabilità processuale aggravata”, derivante appunto dall’aver costretto l’avversario ad affrontare un processo infondato, sostenendone le spese e lo stress del faticoso percorso giudiziario. L’argomento è oggetto di numerosi interventi, sia da parte degli studiosi del diritto sia da parte della giurisprudenza. In particolare una recente pronuncia del Tribunale di Roma ci fornisce lo spunto per un approfondimento della materia … UN PRINCIPIO DA NON DIMENTICARE MAI “Chi agisce o resiste in giudizio con mala fede o colpa grave, se soccombente, subisce la condanna al risarcimento del danno cagionato alla controparte”. Il Legislatore ha recepito e tradotto in un’apposita norma questo principio, ovvero nell’art. 96 del codice di procedura civile, ai sensi del quale: 1) Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza. 2) Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente. 3) In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata. I TEMERARI POI PAGANO Con tale norma, dunque, peraltro oggetto di numerosi interventi sia a livello giurisprudenziale che legislativo, l’ordinamento giuridico intende sanzionare direttamente quel comportamento illecito tenuto da una parte processuale, poi risultata soccombente, che abbia dato luogo alla cosiddetta lite temeraria, ossia abbia agito o resistito nel giudizio medesimo con la consapevolezza o l’ignoranza colposa dell’infondatezza della propria pretesa o difesa, danneggiando la controparte in virtù di tale condotta. Tale responsabilità presuppone quindi l’esistenza di tre elementi: 1) la soccombenza dell’avversario; 2) la prova dell’altrui malafede o colpa grave nell’agire o resistere in giudizio; 3) la prova del danno subìto a causa della condotta temeraria della controparte; MA CHI LAMENTA IL DANNO DEVE FORNIRE PROVE In ragione di ciò, quindi, per poter avanzare una richiesta di risarcimento è necessario dimostrare l’esistenza sia dell’elemento soggettivo, consistente nella consapevolezza o nell’ignoranza colpevole dell’infondatezza della propria tesi, sia di quello oggettivo, consistente nel pregiudizio subìto a causa della condotta temeraria della parte soccombente. A tal riguardo chi lamenta il danno subito dalla condotta temeraria, ha l’onere di fornire elementi probatori sufficienti per provare l’esistenza del medesimo. Sul punto il Tribunale di Roma afferma che “deve essere rigettata la domanda di condanna per responsabilità processuale aggravata, per lite temeraria, allorché la parte richiedente non deduca e non dimostri nel comportamento dell’avversario la ricorrenza del dolo o della colpa grave, nel senso della consapevolezza, o dell’ignoranza, derivante dal mancato uso di un minimo di diligenza, dell’infondatezza delle suddette tesi, non essendo sufficiente che la prospettazione di tali tesi sia stata riconosciuta errata dal giudice" (Tribunale di Roma, Sezione XIII, Sentenza del 27 novembre 2013). In altra decisione il Tribunale di Palermo ha precisato che “in tema di responsabilità aggravata per lite temeraria che ha natura extracontrattuale, la domanda di cui all’art. 96, comma 1, c.p.c. richiede pur sempre la prova, incombente sulla parte istante sia dell’an e sia del quantum debeatur o comunque postula che, pur essendo la liquidazione effettuabile di ufficio, tali elementi siano in concreto desumibili dagli atti di causa" (Tribunale di Palermo, Sezione III, Sentenza del 10 ottobre 2013). IL GIUDICE PUÒ CONDANNARE ANCHE SENZA LA RICHIESTA DEL DANNEGGIATO... L’art. 96 del codice di procedura civile ha subito una modifica ad opera della Legge n. 69 del 2009, che ha introdotto l’ultimo comma, allo scopo di sanzionare i comportamenti che rallentino il regolare e rapido svolgimento del processo. Per tale motivo, quindi, in conseguenza della riforma, il giudice, anche d’ufficio (ossia anche in assenza di una specifica istanza di parte in tal senso) può condannare la parte soccombente al pagamento, in favore di quella vittoriosa, di una somma equitativamente determinata (cioè in base a quanto appare giusto al giudice), che prescinde dall’esistenza o meno di un danno documentato e preciso nel suo ammontare, ma che comunque viene riconosciuta quale risarcimento per l’aver dovuto subire un processo infondato. ...E RICHIEDERE UN RISARCIMENTO ESEMPLARE! È proprio su questo aspetto che si è focalizzata la riflessione del Tribunale di Roma, nella sentenza che mi ha indotto a scrivere questo post. Il giudice capitolino ha infatti ritenuto che chi introduce una domanda giudiziaria del tutto infondata può essere condannato a pagare ben tre volte le spese di giudizio, sposando l’attuale orientamento a rigore del quale la liquidazione di tale ulteriore somma a titolo di risarcimento per responsabilità processuale aggravata deve essere necessariamente determinata in via equitativa, ossia in base a quanto appare giusto al giudice, non dovendo quest’ultimo necessariamente ancorare la decisione a danni quantificati in modo certo. Nel liquidare la somma anzidetta, vero e proprio strumento nelle mani del giudicante per scoraggiare le azioni giudiziarie infondate, lo stesso dovrà tener conto di una serie di criteri, quali ad esempio lo stato soggettivo del responsabile (in ragione del fatto che il dolo, ossia la cosciente volontarietà della condotta censurabile, è indubbiamente più grave della colpa), nonché la qualifica e le caratteristiche del responsabile, oltre al grado di preparazione dello stesso e la sua concreta possibilità di pervenire a decisioni consapevoli in termini di azione o di resistenza. In altre parole, si tratta di capire se e quanto sia scusabile la condotta di chi abusa del processo, dovendo ovviamente tener presente che tale ulteriore condanna si aggiunge alle conseguenze sanzionatorie che tipicamente discendono dall’azione giudiziaria risultata infondata (Tribunale di Roma, Sentenza del 19 giugno 2014, n. 13416). DIFESA: DIRITTO VS ABUSO In conclusione, ciò che preme maggiormente sottoporre all’attenzione dei lettori è quanto sia diverso, giuridicamente parlando, in termini di conseguenze, l’esercizio del diritto di difesa, assolutamente legittimo e sacrosanto, dall’abuso del medesimo diritto che, invece, comporta responsabilità, anche importanti, in termini sanzionatori, per aver dato vita ad una lite infondata con la consapevolezza che così fosse o con la colpevole ignoranza che tale sarebbe stata, comportamento questo palesemente illecito e assai censurabile. Insomma, per dirla in breve, sfruttare la tipicità del sistema non per l’esercizio di un diritto ma al di là dei limiti determinati dalla funzione che gli è propria e quindi abusando dello stesso diritto non è più cosa consigliabile! Dottoressa Roberta Bonazzoli - Studio Comite Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest Pubblicato da Redazione Giuridicamente Parlando a 10:30 Etichette: ABUSO DEL DIRITTO, COMPORTAMENTO ILLECITO, DANNO, DIRITTO DI DIFESA, GIUDIZIO EQUITATIVO, RESPONSABILITA AGGRAVATA, RESPONSABILITA' CIVILE, RISARCIMENTO, TEMERARI, VIA EQUITATIVA Nessun commento:

Art.96 cpc (Responsabilità aggravata): La Lite temeraria lite temeraria procedura civile

Art.96 cpc (Responsabilità aggravata): La Lite temeraria lite temeraria procedura civile La lite temeraria è disciplinata dall’art.96 cpc, il quale statuisce che “se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza. Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente. In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata”. La disposizione di cui al primo comma dell’art.96 cpc è considerata una fattispecie risarcitoria con funzione compensativa del danno cagionato dal c.d. illecito processuale del danno derivante dalla proposizione di una lite temeraria. Si configura, quindi, come una fattispecie riconducibile al genus della responsabilità extracontrattuale ex art.2043 cc, di cui l’art.96 cpc, 1 comma, costituirebbe una species. Presupposti imprescindibili ai fini di una condanna per responsabilità aggravata per colpa grave o dolo sono la soccombenza dell’avversario, la prova dell’altrui malafede o colpa grave nell’agire o resistere in giudizio e la prova del danno subito a causa della condotta temeraria della controparte, diverso ed ulteriore rispetto alla necessità di aver dovuto resistere in giudizio. La domanda di risarcimento del danno da responsabilità aggravata ex art.96 cpc può essere proposta solo nello stesso giudizio dal cui esito si deduce l’insorgenza della responsabilità: come ogni risarcimento, anche quello da responsabilità aggravata è ottenibile solo su istanza di parte (sebbene la L.69/2009 con l'introduzione del comma terzo ha previsto la possibilità di iniziativa ex officio di cui si dirà meglio infra) potendo in seguito il giudice, ai sensi del terzo comma dell’art.96 cpc, liquidare ex officio, ed in via equitativa il quantum del danno anche ove quest’ultimo non fosse stato provato nel suo ammontare. Con riguardo all’onere della prova del quantum del danno, in giurisprudenza, si sono delineati due orientamenti. Secondo il primo, il quantum è generalmente determinabile dal giudice in base a nozioni di comune esperienza ed è accertabile sulla base di presunzioni, a seguito dell’assolvimento, da parte dell’istante, dell’onere della prova concernente l’an del pregiudizio e la malafede o la colpa grave dell’agente. Secondo il secondo filone giurisprudenziale, il giudice potrebbe effettuare la quantificazione del danno in via equitativa ex officio solo allorquando il danno non possa essere provato nel suo preciso ammontare. A tal riguardo, la Suprema Corte, con sentenza n.17902 del 30-07-2010 ha statuito che la facoltà concessa al giudice ex art.96 cpc di liquidare d’ufficio il danno da responsabilità aggravata risponde al criterio generale di cui agli artt.1226 e 2056 cc, senza alcuna deroga all’onere di allegazione degli elementi di fatto idonei a dimostrarne l’effettività: tale facoltà, invero, non trasforma il risarcimento in una pena pecuniaria, né in un danno punitivo disancorato da qualsiasi esigenza probatoria, restando esso connotato dalla natura riparatoria di un pregiudizio effettivamente sofferto senza assumerne invece carattere sanzionatorio o afflittivo. Nell’ambito della giurisprudenza di merito, vige il principio di diritto secondo il quale la condanna per responsabilità aggravata ex art.96 cpc richiede non soltanto la totale soccombenza e la mala fede, o quanto meno la colpa grave, della parte di cui si chieda la condanna, ma anche che la controparte deduca e dimostri la concreta sussistenza di un danno in conseguenza del comportamento processuale della parte medesima. Ed infatti, la liquidazione dei danni, ancorchè effettuabile ex officio, richiede pur sempre la prova, gravante sulla parte che richiede il risarcimento, sia dell’an che del quantum o almeno la desumibilità di tali elementi dagli atti di causa. Ne deriva che, in mancanza di siffatta prova, il Giudice non può procedere alla liquidazione di ufficio del danno nonostante la domanda dell’interessato, neppure in via equitativa. I giudici di merito hanno altresì precisato che, trattandosi di una pena privata finalizzata a sanzionare il comportamento particolarmente riprovevole di colui che ha abusato dello strumento processuale, la liquidazione non può prescindere dall’accertamento, da parte del giudice, della sussistenza dell’elemento soggettivo ossia dalla rimproverabilità del comportamento della parte perdente in termini di dolo o colpa grave. La responsabilità processuale aggravata è un istituto ben diverso dall’ordinaria responsabilità aquiliana; l’art.96 cpc si pone con carattere di specialità rispetto all’art.2043 cc di modo che la responsabilità processuale aggravata, – ad integrare la quale è sufficiente nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’art.96 cpc la colpa lieve, come per la comune responsabilità aquiliana, – pur rientrando concettualmente nel genere della responsabilità per fatti illeciti, ricade interamente, in tutte le sue possibili ipotesi, sotto la disciplina normativa contenuta nel citato art.96 cpc, né è configurabile un concorso, anche alternativo, dei due tipi di responsabilità; e la decisione in ordine a detta responsabilità è devoluta in via esclusiva al giudice cui spetta conoscere il merito della causa. La Legge 69/2009 ha, poi, introdotto il terzo comma dell'articolo in commento, il quale deduce un ulteriore strumento di deflazione del contenzioso che si differenzia dalle ipotesi di responsabilità aggravata di cui ai primi due commi, in quanto può essere attivato anche d'ufficio prescindendo da un'esplicita richiesta di parte, al fine di scoraggiare l'abuso del processo e preservare la funzione del sistema giustizia. Tale innovazione all’art.96 ha destato non poche perplessità circa gli ambiti applicativi e i confini operativi della suddetta norma. In particolare, con sentenza Rizzoli pronunziata dal Tribunale di Milano, i rapporti tra il primo e il terzo comma dell’art.96 cpc si sono rivelati particolarmente nebulosi. Ed infatti, il Tribunale di meneghino, con tale sentenza, nell’applicare l’art.96, comma 1, cpc, lo ha interpretato alla luce del sopravvenuto terzo comma, ravvisando nel primo comma una disposizione avente intento meramente compensativo, ricollegandovi una funzione anche, se non del tutto, sanzionatoria. Con riguardo all’interpretazione dell’art.96 cpc si sono delineati in dottrina diversi orientamenti. Secondo un primo filone giurisprudenziale, l’art.96 cpc è finalizzato ad agevolare la condanna al risarcimento dei danni, pur in assenza di prova circa la relativa ricorrenza. Pertanto, ai fini della sua applicazione, dovrà sussistere comunque la fattispecie della lite temeraria, dovendosi ritenere, altresì, esistente un conseguente pregiudizio: è, quindi, alla misura dello stesso che andrà parametrata la condanna pecuniaria . Secondo un secondo filone giurisprudenziale, deve riconoscersi maggior autonomia al dettato normativo di cui all’art.96 cpc, atteso che il danno potrebbe essere risarcibile anche in caso di colpa lieve, da riscontrarsi nella semplice violazione dei doveri di lealtà e probità di cui all’art.88 cpc. In entrambe tali ipotesi la fattispecie rimarrebbe delimitata al terreno aquiliano con la conseguenza che, ai fini della determinazione della somma dovuta, il giudice dovrebbe esaminare le ripercussioni negative patite dalla parte vittoriosa, rispettivamente il danno non patrimoniale. Infine, secondo altro ulteriore filone giurisprudenziale, l’art.96 cpc deve intendersi come una norma tesa ad attribuire al giudice poteri repressivi e sanzionatori in quanto la stessa avrebbe ad oggetto non un illecito civile, ma un illecito a rilevanza pubblica: di conseguenza, la condanna verterebbe sul risarcimento di un vero e proprio danno punitivo, da determinarsi a prescindere dalla verificazione di un pregiudizio concreto a carico della parte vittoriosa e dalla sussistenza di un illecito caratterizzato da dolo o colpa grave. In tale prospettiva, la condanna non sarebbe diretta a fronteggiare i pregiudizi patiti dal danneggiato, ma a sanzionare la parte soccombente in ragione del suo comportamento processuale scorretto; si tratterebbe, perciò, di un vero e proprio danno punitivo. Ed infatti, l’art.96 cpc non sarebbe più inteso solo come tradizionale strumento risarcitorio posto a tutela di interessi privatistici, inserendosi nel contesto della disciplina del danno aquiliano, ma avrebbe altresì una funzione sanzionatoria di una condotta riprovevole e dannosa per l’interesse della collettività. La soluzione interpretativa senza dubbio più convincente è quella di configurare l’istituto come uno strumento sanzionatorio da utilizzarsi come mezzo repressivo e deflattivo del contenzioso inutile, tipico dell’abuso del processo; in tale ottica si profila una ipotesi di condanna punitiva con piena e totale discrezionalità del giudice nella determinazione del quantum. Si segnalano le ben 13 decisioni pubblicate sulla rivista. 1).ART.96 CPC: È CONDANNATO CHI RIPROPONE LA STESSA DOMANDA DECISA CON SENTENZA SFAVOREVOLE La riproposizione della medesima azione integra l’abuso del processo con condanna ex art.96 terzo comma cpc. La parte che, nonostante sentenza di sfavore passata in giudicato, riproponga la medesima domanda giudiziale, con lo stesso oggetto e verso lo stesso convenuto, deve essere condannata d’ufficio ai sensi dell’art.96, comma III cpc, per lite temeraria. Sentenza|Tribunale di Trento, Giudice dott. Carlo Ancona|11-06-2013|n.199 2).LITE TEMERARIA: L’ART.96 CPC È APPLICABILE AL PROCESSO TRIBUTARIO Il giudice tributario può condannare l’Amministrazione finanziaria al risarcimento del danno per lite temeraria ex art.96 cpc. Il ricorrente aveva chiesto non soltanto l’annullamento della propria obbligazione tributaria ma anche la condanna delle intimate Agenzia delle Entrate ed Equitalia al risarcimento del danno per lite temeraria ex art.96 cpc, in virtù dell’ingiusta perdita di tempo sottratto alla propria attività professionale. Ordinanza|Cassazione civile, sezioni unite|03-06-2013|n.13899 3).LITE TEMERARIA: L’INGIUSTIFICATA INIZIATIVA DELLA PARTE È CONDANNATA EX ART.96 CPC La temerarietà della lite si rileva anche dalla dinamica degli accadimenti della vicenda. Quando dal tenore complessivo della controversia e dalle motivazioni esposte, si evince che le parti hanno agito alla stregua di una iniziativa concretizzatasi in un ingiusto danno per la controparte che si rinviene negli "oneri di ogni genere che questa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare l'ingiustificata iniziativa dell'avversario e dai disagi affrontati per effetto di tale iniziativa, danni la cui esistenza può essere desunta dalla comune esperienza” il Giudice le condanna ex art.96 cpc. Sentenza|Tribunale di Lecce, Giudice dott. Paolo Moroni|09-05-2013|n.1534 4).FIRMA FALSA SU CONTRATTO: CONDANNA EX ART.96 CPC La condanna per lite temeraria non necessita della instaurazione del contraddittorio essendo posterius e non prius logico delle decisioni di merito. Il Giudice ha così ritenuto, che ricorresse il requisito della mala fede o della colpa grave atteso che, dopo aver falsificato la firma sul contratto l’operatore di telefonia ha ignorato la denuncia penale e il tentativo di conciliazione, condannando per l’effetto la parte convenuta ex art.96, terzo comma, cpc. Sentenza|Giudice di Pace di Gaeta, avv. Marianna Oliviero|13-04-2013|n.1870 5).ART.96 CPC: IL PRETESTUOSO DISCONOSCIMENTO DELLA FIRMA INTEGRA LA RESPONSABILITÀ AGGRAVATA FINALMENTE emessa condanna di ufficio ex art.96 cpc pari al 4% del capitale del decreto ingiuntivo. Il Tribunale di Lodi in persona del dottor Sergio Rossetti con sentenza del 04/04/2013 ha respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo, condannando d’ufficio l’opponente (il quale aveva proposto una opposizione meramente dilatoria contestando tra l’altro l’autenticità delle proprie sottoscrizioni), al pagamento di euro 33.280,00 giusto il disposto del riformato art.96, comma 3, cpc, di una somma pari al 4% del capitale come indicato in decreto. Sentenza|Tribunale di Lodi dottor Sergio Rossetti|04-04-2013 6).LITE TEMERARIA: SUSSISTE NEL CASO DI OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE SUGLI STESSI MOTIVI DELL’OPPOSIZIONE A PRECETTO La mera riproposizione dei motivi di opposizione a precetto innanzi al Giudice dell’Esecuzione integra la lite temeraria. Su tali comportamenti processuali si è pronunziato il Tribunale di Bologna, con ordinanza del 25/2/2013, emessa dal Giudice dell’Esecuzione, Dott. Massimo Giunta, che ha qualificato TEMERARIA la condotta tenuta dal debitore. Ordinanza|Tribunale di Bologna, Giudice dell'esecuzione dott. Massimo Giunta|21-02-2013 7).ART.96 CPC: MALA FEDE E COLPA GRAVE QUALI COMPORTAMENTI SPECIFICI DELLA PARTE La parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave può essere condannata dal giudice, anche di sua iniziativa, al pagamento di una somma, equitativamente determinata in favore della parte vittoriosa, alla quale, proprio per il carattere officioso della pronuncia, ben può attribuirsi natura sanzionatoria. I convenuti avevano proposto domanda riconvenzionale di condanna dell’attrice ai sensi, rispettivamente, dell’art.89 primo comma cpc e dell’art.96 cpc ai fini della determinazione della condanna ex art.96 cpc il principale criterio è quello della gravità della condotta temeraria, qualificabile come colpa grave sfociante nella male fede. Sentenza|Tribunale di Verona, sezione IV Civile, dott. Massimo Vaccari|25-01-2013 8).LITE TEMERARIA: IL DISCONOSCIMENTO DI SOTTOSCRIZIONE AUTOGRAFA È FONTE DI CONDANNA Il disconoscimento della sottoscrizione autografa esprime un oggettivo connotato di mala fede da parte dell’autore del disconoscimento. Il Tribunale di Monza, con sentenza del 9 gennaio 2013 ha disposto la condanna d’ufficio ex art.96, comma terzo, cpc, nei confronti della resistente, proprietaria di un immobile ad uso abitativo, soccombente in un procedimento relativo alla richiesta di restituzione di spese condominiali avanzata dalla conduttrice. Sentenza|Tribunale di Monza, Giudice dott. Manuela Laub|09-01-2013 9).LITE TEMERARIA: LA DOMANDA EX ART.96 CPC È SVINCOLATA DALLE PRECLUSIONI ASSERTIVE la domanda risarcitoria non altera il thema decidendum della lite e può essere avanzata sino all'udienza di precisazione delle conclusioni. Con la decisione emessa in data 03.01.2013, il Tribunale di Monza ribadisce un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui la domanda ex art.96 cpc è svincolata dalle preclusioni assertive tipiche del giudizio di cognizione. Sentenza|Tribunale di Monza, sezione seconda|03-01-2013 10).DANNO PUNITIVO NELL’OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO L’atteggiamento processuale può indurre la condanna d’ufficio ex art.96 cpc. Il tenore dell’opposizione e l’atteggiamento processuale della parte, palesemente dilatorio, possono indurre i Giudici a far uso del potere officioso loro previsto dall’art.96 comma terzo cpc. Sentenza|Tribunale di Milano, Giudice Unico dott. Federico Rolfi|04-12-2012 11).CLAUSOLA COMPROMISSORIA – MANCATA ADESIONE – CONDANNA PER LITE TEMERARIA La mancata adesione all’eccezione di incompetenza per clausola compromissoria può comportare la condanna per lite temeraria. La mancata adesione ad una eccezione di incompetenza per effetto di una clausola compromissoria sulla base di argomenti pretestuosi, ed in parte contraddetti da un orientamento giurisprudenziale consolidato, senza farsi carico di addurre le ragioni di controparte per cui deve essere disatteso, induce a ritenere la difesa connotata da mala fede per cui può essere adottata la condanna ai sensi dell’art.96 cpc. Sentenza|Tribunale di Verona, Giudice Unico dott. Massimo Vaccari|22-11-2012 12).RIASSUNZIONE DEL GIUDIZIO INTERROTTO: CONDANNA PER LITE TEMERARIA Condannato il creditore che riassume il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo interrotto per fallimento. Deve essere condannato al risarcimento del danno per lite temeraria ex art.96 cpc il creditore che attivi personalmente la riassunzione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo ex art.546 cpc, nonostante sia intervenuta la dichiarazione di fallimento del proprio debitore. Sentenza|Tribunale di Brescia, Sezione Commerciale, Giudice dott. Adalberto Stranieri|02-08-2012 13).LITE TEMERARIA: E’ PUNITO EX ART.96 CPC CHI AGISCE SOLO PER SOTTRARSI AD UNA LEGITTIMA ESECUZIONE Il giudice che accerta la pretestuosità e la infondatezza dell’azione condanna la parte al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza. Nel caso di specie, il Tribunale di Taranto ha condannato, ai sensi dell’art.96 cpc la parte soccombente al pagamento di una somma di denaro determinata in via equitativa, tenuto conto del credito oggetto della lite, per aver quest’ultimo perseguito maliziosamente il solo scopo di sottrarsi ad una legittima esecuzione e stante la manifesta ed evidente pretestuosità e infondatezza della sua azione. Sentenza|Tribunale di Taranto, Sezione III, Giudice dott. Pietro Genoviva|08-06-2012