martedì 8 settembre 2009

LOTTIZZAZIONE ABUSIVA: LA CONFISCA NEI CONFRONTI DEL TERZO ALLA RESA DEI CONTI


LOTTIZZAZIONE ABUSIVA: LA CONFISCA NEI CONFRONTI DEL TERZO ALLA RESA DEI CONTI
Il rigoroso orientamento della terza sezione della Cassazione, sostenuto in modo granitico da circa 20 anni - secondo cui, in presenza di accertata lottizzazione abusiva, la confisca, di cui al secondo comma dell’art. 44 DPR 380/01, deve essere disposta, quale sanzione amministrativa ‘reale’, nei confronti di tutti i proprietari dei terreni lottizzati e delle opere ivi esistenti, ancorché imputati prosciolti o terzi in buona fede - viene sconfessato da questa sentenza che opera una significativa inversione di rotta, in senso personalistico, ed esclude dal novero dei destinatari della misura ablatoria patrimoniale i soggetti estranei alla commissione del reato e dei quali sia stata accertata la buona fede.
La repentinità del ripensamento induce a ritenere che esso sia finalizzato ad ammortizzare gli effetti delle pronunce del 30/8/07 e del 20/1/09 (ric. n. 75909 Sud Fondi + 2 contro Italia) con cui la CoEDU, equiparando la confisca nei confronti dei soggetti incolpevoli ad una espropriazione senza indennizzo, ha censurato la rigorosa impostazione tradizionale della Cassazione per contrasto con l’art. 7 della CEDU e con l’art. 1 del Protocollo 1 della CEDU, ponendola, di fatto, in rotta di collisione con l’art. 117, 1° comma, della Costituzione che prevede il rispetto delle norme internazionali pattizie.
L’attenzione verso gli "obblighi internazionali", però, non deve fare dimenticare la funzione che il legislatore ha inteso conferire alla confisca ‘da lottizzazione abusiva’, pena il rischio di vistose disarmonie nel quadro delle misure urbanistiche ripristinatorie demandate al giudice penale.
Sommario 1. Effetto dirompente della sentenza nello scenario complessivo. – 2. Individuazione delle categorie dei soggetti che non possono subire gli effetti della confisca. – 3. Natura di sanzione amministrativa della confisca. – 4. Ragionevolezza, proporzionalita’ e possibile effetto domino della sentenza. – 5. Funzione della confisca: la madre di tutte le questioni. – 6. Corte Costituzionale e modello onnivalente di confisca nei confronti del terzo in buona fede. – 7. L’intrinseca illiceita’ della res nell’art. 240 c.p. e nella lottizzazione abusiva.
1) EFFETTO DIROMPENTE DELLA SENTENZA NELLO SCENARIO COMPLESSIVO
La sentenza in rassegna si segnala per la sua portata fortemente innovativa.
Essa rompe il fronte compatto riconducibile ad un ventennio di giurisprudenza di legittimità1 che, in modo assolutamente prevalente e solo sino a qualche settimana prima2, aveva qualificato la confisca dei terreni e delle opere abusivamente costruite di cui all’art. 44, DPR n.
1 Cass. pen., Sez.III, 18/12/1990, Licastro, in questa rivista, 1992, 1308 con nota di MENDOZA e in Giur. It., 1991, II, p. 118; Cass. pen., Sez.III, 18/11/1997, Farano, in questa rivista., 1998, p. 3087 e in Urbanistica e appalti, 1998, p. 917; Cass., sez. III, 18 marzo 2002, Montalto, in Questione giustizia, 2002, 936; Cass. pen., Sez. III, 07/07/2004, n.38730, Vittorioso, in Guida al Diritto, 2004, 48, 84 con nota di FORLENZA e in Giur. It., 2005, 1911 con nota di VINCIGUERRA; Cass. pen., Sez. III, 07/07/2004, n.38728, Lazzara, in Guida al Diritto, 2004, 42, 88, in Foro It., 2005, 2, 290 e in Riv. Pen., 2005, 1232; Cass. pen., Sez. III, 07/07/2004, n.38727, Bennici, in Guida al Diritto, 2004, 42, 88 e in Riv. Pen., 2005, 1232; Cass. pen., Sez. III, 27/01/2005, n.10037, Vitone, in Riv. Pen., 2006, 3, 349; Cass., sez. III, 29 maggio 2007, n. 21125, Licciardello, in C.E.D. Cass. N. 236737; Cass. pen., Sez.III, 29/01/2001, Matarrese, in Riv. Giur. Edil., 2001, I, p. 726 e in Giur. It., 2001, p. 1919; Cass. pen., Sez. III, 22/03/2005, n.17424, in Riv. Pen., 2006, 6, 747.
2 Cass. pen., Sez. III, 2/10/2008, n. 37472, Belloi, in C.E.D. Cass. N. 241100.
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380/01, come una sanzione amministrativa ‘reale’, irrogata dal giudice penale, in funzione di supplenza della P.A.3 che, in presenza di lottizzazione edilizia abusiva, accertata anche con sentenza di proscioglimento con formula diversa da quella per ‘insussistenza del fatto’, deve essere disposta nei confronti dell’imputato prosciolto per difetto dell’elemento psicologico o per prescrizione del reato o per altra causa di estinzione del reato stesso, nonchè del terzo in buona fede e ricomprende tutta l'area interessata dall'intervento lottizzatorio, inclusi i lo
3 Anche se la Cassazione, talvolta, precisa che il potere di irrogare la confisca edilizia del Giudice penale non è residuale o sostitutivo ma autonomo rispetto all’autorità amministrativa, in quanto il territorio è oggetto di tutela della normativa penale urbanistica (da ultimo: Cass. pen., Sez. III, 1/10/08, n. 37274, Varvara, in C.E.D. Cass. N. 241157), l’immagine del ‘Giudice supplente’, adottata da questa e dalla maggioranza delle sentenze, ha il merito di evidenziare che il suo provvedimento ablatorio svolge innegabilmente una funzione di supporto dell’azione amministrativa, nel senso che persegue il medesimo obiettivo che la P.A. si prefigge in termini di interesse pubblico, diventa inutile se l’obiettivo è stato raggiunto con l’azione amministrativa e deve essere revocato se, nelle more, diventa incompatibile con un provvedimento di ‘recupero’ dell’abuso edilizio ad opera della P.A..
4 Con riferimento alla specifica questione dell’area da confiscare cfr. le ultime tre sentenze della nota 1.
5 Cass. pen., Sez. III, 27/01/2005, n.10037, Vitone, cit.; Cass. pen., Sez. III, 15/02/07, n. 6396, Cieri, in C.E.D. Cass. N. 236076; Cass., sez. III, 29 maggio 2007, n. 21125, Licciardello, cit; Cass. pen., Sez. III, 2/10/2008, n. 37472, Belloi, cit. E’ stato , invece, un Giudice del merito a sollevare la questione dinanzi alla Corte Costituzionale, la Corte di Appello di Bari, con ordinanza del 9 aprile 2008 (in G.U. n.38 del 10/9/08) , in questa rivista., 2008, 11, p. 4326. In dottrina i dubbi di costituzionalità sono sostenti da BRESCIANO-PADALINO, I reati urbanistici, Giuffrè, 2000, 319; BARBUTO, Reati edilizi e urbanistici, in Giurisprudenza sistematica di diritto penale, Utet, 1995, pg.574; MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, Giuffrè, 2001, p. 142-143; LECCESE: Sulla natura giuridica della confisca disposta in caso di lottizzazione abusiva in Diritto Formazione, 2/2004.
6 Cass. III, 16/11/1995, Besana, in Riv. Giur. Edil.,I, 1996, 402.
Questa sentenza censura tale indiscriminata individuazione dei soggetti passivi della misura ablatoria patrimoniale distinguendo, nell’ipotesi di lottizzazione abusiva accertata con sentenza di proscioglimento, la posizione del ‘soggetto in buona fede estraneo alla commissione del reato’ da quella dell’‘imputato prosciolto per intervenuta prescrizione del reato’ e limitando solo a quest’ultimo, l’ambito di operatività dell’art. 44, comma secondo, DPR n. 380/01, al fine di salvaguardare l’interpretazione costituzionalmente compatibile di tale norma.
In vero, nel ribadire l’orientamento dominante, la Corte di Cassazione aveva sistematicamente rintuzzato i tentativi di rilevarne la incostituzionalità per violazione degli artt. 27 e 42 della Costituzione, dichiarando sempre la manifesta infondatezza della questione in quanto il principio di cui all’art. 27 "si riferisce alla responsabilità penale mentre la confisca prescinde da una sentenza di condanna ed ha natura amministrativa" ed "in quanto stante la funzione sociale della proprietà nel contrasto tra l’interesse collettivo alla corretta pianificazione territoriale e quello del privato è ragionevole la prevalenza del primo"5.
D’altra parte, prima della sentenza in rassegna, nel corso dell’ultimo decennio, le pronunce che si sono discostate dall’ indirizzo dominante sono rimaste isolate nel panorama complessivo. Alcune hanno escluso la possibilità di estendere la confisca a tutti i terzi estranei al processo senza alcuna distinzione6, altre solo ai terzi che avessero "dimostrato di non avere alcuna responsabilità e
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7 Cass. III, 11/5/2005, Stiffi in Riv. Pen., 2006, 49; Cass. pen., Sez.III, 08/11/2000, n.12989, Petracchi, in questa rivista., 2001, p. 3164, in Riv. Giur. Edil., 2001, I, p. 529 e in Urbanistica e appalti, 2001, p. 225; Cass. pen., Sez. III, 04/04/1995, n.1089, Marraro e altri, in questa rivista., 1997, 193 e in Riv. Trim. Dir. Pen. Economia, 1996, 1116.; Cass. pen., Sez. III, 18/5/1999, Negro, in Giustizia Penale, 2000, II, 375.
8 In questa rivista., 2008, 9, p. 3503 con nota di BALSAMO.
9 Sentenza reperibile al sito www.coe.int/...
neppure colpa al riguardo"7. In tutti questi casi, però, la esclusione dei terzi dal novero dei destinatari della confisca è sempre avvenuta per incidens e, nell’economia generale delle motivazioni, il principio non sembra mai propugnato con convinzione. Nella sentenza Besana del ’95 vi è un mero cenno con formula quasi dubitativa ( "...non appare possibile" estendere ai terzi la confisca) senza alcuna argomentazione a sostegno; nelle sentenze Stiffi, Petracchi e Negro rispettivamente del 2005, del 2002 e del 1999, il principio viene ricavato da un parallelo, privo di qualsiasi motivazione, con l’istituto (sul quale si tornerà più avanti) dell’acquisizione gratuita ed automatica del terreno ai sensi del terzo comma dell’art.31 DPR 380/01, in materia di demolizione del manufatto abusivo. Mai, peraltro, è stato prospettato lo spettro della incostituzionalità della predetta interpretazione dominante.
La sentenza che si commenta, invece, presenta, ictu oculi, un peso specifico diverso non tanto perché la tesi della non estensibilità ai terzi in buona fede è sostenuta con più convinzione interpretando l’art. 42 della Costituzione in modo inverso, apertis verbis, rispetto all’orientamento dominante (del quale, in rappresentanza, viene espressamente citata la sent. 15/02/07, n. 6396, Cieri; cfr la nota n. 3), quanto perché, rispetto al passato, vi è una novità che la Corte prende in considerazione, costituita dall’intervento, nell’agosto 2007, della CoEDU che, con una decisione interlocutoria (sez. II, 30/8/07, caso Sud Fondi srl + 2 contro Italia, ricorso n. 75909, decisione sulla ricevibilità8), poi, comunque, confermata dalla sentenza della sez. II CoEDU del 20/1/099, ha ritenuto la confisca una sanzione penale e non una sanzione amministrativa inferendone, pertanto, l’incompatibilità con il principio di legalità di cui all’art. 7 della CEDU e con l’art. 1 del Protocollo 1 della CEDU, nella misura in cui riguardi soggetti incolpevoli.
Per il vero, la prima volta che la Cassazione si è confrontata con questa pronuncia di ricevibilità della CoEDU (sentenza Belloi dell’ottobre 2008 citata alla nota n. 1), con cospicua motivazione, l’aveva ritenuta ininfluente rispetto alla sua posizione tradizionale, sostenendo che "le nozioni di reato e di materia penale della CEDU risultano oggetto di valutazione autonoma da parte degli organi della Convenzione" rispetto "alla peculiarità delle legislazioni degli Stati membri" e aveva ribadito l’infondatezza delle questioni di incostituzionalità dell’art. 44, secondo comma DPR 380/01, così come interpretato nella sua massima estensione.
Questa volta, invece, pur richiamando la non sovrapponibilità della nozione di illecito penale accolta dalla Convenzione rispetto a quelle delle diverse legislazioni degli Stati membri e
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pur respingendo il tentativo, operato proprio con il grimaldello della CEDU, di scardinare la giurisprudenza tradizionale circa la qualifica da attribuire alla confisca, così mantenendo sui binari della sanzione amministrativa l’intero impianto, essa opera una significativa inversione di tendenza con riferimento alla estensibilità della confisca rispetto ai soggetti estranei al reato ed alla interpretazione costituzionalmente compatibile del suddetto comma dell’art. 44, anche perché "ai sensi dell’art. 1 del Protocollo addizionale della CEDU la compressione del diritto di proprietà deve essere caratterizzata(...) dal rispetto del principio di proprorzionalità; principio da ritenersi violato, nell’ipotesi di misure ablatorie della proprietà per ragioni di pubblico interesse cui non corrisponda alcuna forma di indennizzo."
Questo repentino ripensamento consente di ritenere che, soprattutto dopo la suddetta sentenza della Corte di Strasburgo del 20/1/09, nel seno della terza sezione della Suprema Corte, sia in corso, sul tema, un acceso dibattito i cui sviluppi non sono attualmente del tutto prevedibili.
2) INDIVIDUAZIONE DELLE CATEGORIE DEI SOGGETTI CHE NON POSSONO SUBIRE GLI EFFETTI DELLA CONFISCA
In presenza di accertata lottizzazione edilizia abusiva, possono essere individuate cinque categorie di soggetti: quella dell’imputato condannato, quella dell’imputato prosciolto per la prescrizione del reato o per altra causa di estinzione del reato, quella dell’imputato prosciolto per difetto dell’elemento psicologico, quella del terzo (rispetto al processo) che non sia in buona fede, rectius, di cui non sia necessario accertare la buona fede e quella del terzo in buona fede.
Nella gran parte dei casi gli imputati sono i primi proprietari e/o costruttori dell’immobile e i terzi sono gli acquirenti di porzione dell’immobile realizzato o realizzando. Naturalmente non possono escludersi, nella varietà delle concrete fattispecie, le ipotesi di primi proprietari rimasti terzi rispetto al processo poiché non coinvolti dal Pubblico Ministero per evidente estraneità rispetto al reato ovvero di acquirenti che, invece, non siano terzi rispetto al processo ma coinvolti in esso poiché ritenuti, dal Pubblico Ministero, correi.
La sentenza in commento, di tipo cautelare - pur escludendo, nel caso di specie, dal novero dei soggetti destinatari della misura ablatoria patrimoniale i"terzi, acquirenti(…) soggetti venuti in possesso in buona fede dell’immobile"e non i titolari della società costruttrice del complesso edilizio, indagati e, pertanto, ancora sub iudice - nella enunciazione del principio, definisce la categoria alla quale non è possibile applicare la confisca, come quella dei soggetti estranei, non al
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10 Cass. Pen, Sez. I, 21/4/04, n. 21860, Dragomirescu, in Guida al D., 2004, 23, 94; Cass. Pen, Sez. VI, 8/7/04, n. 37888, in Riv. Pen., 2005, 1407; Cass. Pen, Sez. I, 9/12/04, n. 1927, Ambrono, in Riv. Pen., 2006, 2, 253; Cass. Pen, Sez. V, 8/10/03, n.45083, Banco di Sicilia, in Guida al D., 2004, 8, 79.
11 Anche in questo caso, la Cassazione si pone nel solco tracciato di recente dalle Sezioni Unite, (Sez. U, 10/7/08, n. 38834, De Maio, in CED, 240565) che, comunque non hanno limitato il principio (di applicazione della confisca nei casi di proscioglimento per estinzione del reato) alle ipotesi di confisca quale sanzione amministrativa ma lo hanno esteso anche alle ipotesi di confisca quale misura di sicurezza ed, anzi, richiamando una recente sentenza della Corte Costituzionale (sent. n. 85 del 2008), hanno riconosciuto al Giudice un potere di accertamento del fatto finalizzato all’applicazione della misura patrimoniale.
processo, ma "alla commissione del reato e dei quali sia stata accertata la buona fede", così accomunando terzi in buona fede e imputati assolti per difetto dell’elemento psicologico.
Con riferimento ai terzi, dunque, la sentenza limita il principio della salvaguardia ai soggetti in buona fede, ponendosi nel solco di quella giurisprudenza di legittimità10 e costituzionale (C. Cost. n. 1 10/1/97) che, con una vera e propria inversione dell’onere della prova, chiede a coloro che sono rimasti fuori dal processo di dimostrare, al fine di non subire la confisca della res, l’affidamento incolpevole ingenerato da una situazione di apparenza. E’ evidente, poi, che il principio è di portata generale e prescinde dal tipo di sentenza (di condanna o di proscioglimento) poiché, diversamente, la disparità di trattamento, per il terzo in buona fede, dipenderebbe da un evento a lui non riconducibile.
Per quanto riguarda l’imputato prosciolto, invece, la Corte distingue la posizione del "soggetto di cui sia stata accertata la buona fede", che non subisce gli effetti della confisca, da quella dell’autore della violazione per il quale non si sia pervenuti ad una pronuncia di condanna per intervenuta prescrizione, in quanto l’estinzione del reato non è affatto ostativa alla applicazione della confisca "quale sanzione amministrativa, regolata da disposizioni diverse da quelle proprie del diritto penale"11.
Per converso, le categorie di soggetti nei confronti dei quali può essere eseguita la confisca sono quella degli imputati condannati, quella degli imputati prosciolti con una sentenza che, accertato il fatto, abbia dichiarato la estinzione del reato e quella dei terzi che non abbiano dimostrato la loro estraneità al fatto.
3) NATURA DI SANZIONE AMMINISTRATIVA DELLA CONFISCA
Le motivazioni che sostengono la svolta della Suprema Corte gravitano attorno alla nozione di ‘sanzione amministrativa’.
Secondo la sentenza, infatti, la storica qualificazione della confisca in termini di ‘sanzione amministrativa’ rende imprescindibile calare l’istituto nel contesto " dei principi generali che regolano l’applicazione delle sanzioni amministrative". Tali principi, previsti dalla L. 24/11/81 n. 689, sono di tipo personalistico poiché condizionano l’applicazione della sanzione alla "esistenza di una condotta che risponda ai necessari requisiti soggettivi della coscienza e volontà dell’agente e
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12 La tendenza di conformare la sanzione amministrativa sulla falsariga di quella penale, in dottrina risale a tempi di molto precedenti alla riforma operata con la legge del 1981: ZANOBINI, Le sanzioni amministrative, Torino, 1924.
13 Cass., sez. III, 18 marzo 2002, Montalto, cit; Cass., sez. III, 29 maggio 2007, n. 21125, Licciardello, cit. Per l’ordine di riduzione in pristino di cui all’art. 182 D.lvo n. 42/04 cfr: Cass.pen Sez. III, 4 febbraio 2000, n. 3679, Del Rosso, in CED n.215461.
14 In questa categori rientra, quale sanzione amministrativa accessoria, la confisca di cui all’art. 20 L.n.689/81.
15 In dottrina GALLI, GALLI Corso di diritto amministrativo, Cedam, 2001, II, 1073 e 1088.
16 Secondo PALIERO-TRAVI Sanzioni amministrative, in Enc. Dir., XLI, 1989, 345, alcune di queste figure prescindono addirittura dall’esistenza di un illecito e, pertanto, non sono neanche definibili ‘sanzioni’ o ‘confische’, come la sottrazione al proprietario della cava o della torbiera non sfruttata (art. 45 l. miner.), giacchè essa rappresenta un mero effetto giuridico del regime vincolistico del bene, o l’acquisizione gratuita dei bergamotti non consegnati all’ammasso (L. n. 835/73) giacchè si tratta di una normale conseguenza giuridica del regime d’ammasso cui questo prodotto soggiace.
sia caratterizzata quanto meno dall’elemento psicologico della colpa (art. 2 e 3 della legge citata)". In altri termini, non è necessario spostare la confisca nel terreno tipicamente penalistico, come sostenuto dalla CoEDU, per recuperarne la dimensione di responsabilità personale, poiché è sufficiente rifarsi ai principi della responsabilità amministrativa per mettere fuori gioco qualsiasi forma di responsabilità oggettiva12.
In realtà, la giurisprudenza tradizionale aveva ben tenuto conto della natura personale della responsabilità amministrativa specificando chiaramente, in alcune sentenze13 che occorre distinguere due tipi diversi di sanzione amministrativa, dai regimi giuridici e dalle funzioni completamente diverse tra loro, quella in senso stretto, che consegue all’accertamento amministrativo di una responsabilità ed ha lo scopo di punire gli autori dell’abuso14 e quella in senso lato, che non è sanzione amministrativa ispirata al principio personalistico ma è una categoria che, per evitare confusioni terminologiche, è meglio definire ‘misura amministrativa di esecuzione’ o ‘misura di sicurezza amministrativa’, la quale ricomprende figure tra loro diverse, eterogenee, come la demolizione del manufatto abusivo o la confisca introdotta per i beni delle associazioni fasciste o segrete dalle leggi n. 645 del 1952 e n. 17 del 1982 ed ha la funzione di "ripristinare una situazione di legalità materiale, restaurando direttamente un bene o interesse leso e eliminando le conseguenze materiali della lesione"15.La sanzione amministrativa in senso stretto e la misura di sicurezza amministrativa, prosegue la Corte con la sentenza Licciardello del 2007 (citata in nota 10), svolgono, dunque, funzioni diverse, al pari della confisca della cosa intrinsecamente criminosa che, sul versante penale, svolge una funzione diversa rispetto alla sanzione penale.
La giurisprudenza tradizionale, dunque, non ha mai inteso ricondurre alla tipologia della sanzione amministrativa in senso stretto la confisca dei terreni lottizzati ma, sia pure con la equivoca definizione di sanzione amministrativa reale, l’ha inquadrata in questa ampia categoria di provvedimenti ablatori amministrativi completamente avulsi dal vincolo della ‘responsabilità propria’16.
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17 VIRGA, Diritto amministrativo, I Principi, Giuffrè, 1983, I, 396.
18 Per autorevole dottrina, per queste ragioni, il riferimento costituzionale alla necessità dell’indennizzo per l’espropriazione, sarebbe un dato superfluo: GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1989, 695.
4) RAGIONEVOLEZZA, PROPORZIONALITA’ E POSSIBILE EFFETTO DOMINO DELLA SENTENZA
Secondo la sentenza in commento l’interesse pubblico che giustifica la misura ablatoria patrimoniale di cui al secondo comma dell’art. 44 DPR 380/01, è quello di consentire alla PA di intervenire per il riassetto dell’area. Richiamando espressamente l’art. 43, comma terzo, della Costituzione, la Cassazione opera un accostamento (in linea con i principi espressi dalle suddette pronunce della CoEDU) tra l’espropriazione per pubblico interesse e la confisca estensibile al terzo in buona fede che, pertanto, in assenza di qualsiasi previsione di indennizzo, sarebbe incostituzionale per violazione del principio di proporzionalità.
La questione merita un approfondimento che non è possibile in questa sede. Una primissima riflessione induce, però, ad evidenziare le diversità tra i due istituti che sembrano giustificare, per la confisca applicata a carico di soggetti incolpevoli, l’assenza della previsione di un indennizzo. Innanzitutto, per l’espropriazione la valutazione della sussistenza della pubblica utilità è rimessa all’apprezzamento discrezionale della PA17 ed è finalizzata alla esecuzione di opere di pubblica utilità che, dunque, costituiscono un quid pluris, un valore aggiunto per la cosa pubblica. Ne consegue che la connotazione tipica dell’espropriazione e di tutti gli altri procedimenti ablatori reali ad essa equiparati (servitù pubbliche, superfici coattive, occupazioni di fondi, requisizioni in proprietà ecc.), è data dalla coesistenza necessaria del profilo privativo e di quello acquisitivo che, in base al principio immanente al nostro ordinamento della onerosità degli acquisti (confermato nell’istituto civilistico dell’indebito arricchimento di cui all’art. 2041 c.c.), rende ingiustificato uno spostamento patrimoniale a favore di un soggetto senza che sussista la c.d. contropartita indennitaria18.
La confisca, al contrario, trae origine dalla violazione di un precetto. Pertanto, nelle ipotesi in cui è prevista dalla legge, essa, svincolata da qualsiasi valutazione discrezionale, persegue il fine di ripristinare la legalità violata e non, certo, quello di conseguire un ‘arricchimento’ per il patrimonio pubblico. Il terzo in buona fede che subisce la confisca, poi, non è destinato a vedere inesorabilmente depauperato il suo patrimonio ma potrà rivendicare i suoi diritti, in sede civile, nei confronti di chi, con il suo comportamento, ha reso necessaria la misura ablatoria. Il danno subito dal terzo, infatti, trae la sua origine da un illecito cui la confisca tende a porre rimedio e, pertanto, i principi che regolano il suo ristoro gravitano nell’orbita della figura del risarcimento del danno piuttosto che in quella dell’indennizzo.
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19 Cass. III, 5/11/98, n. 2882, Frati, in questa rivista., 2000, p.501.
20 Corte Cost., 15/7/91, n. 345, cit.
In verità, la sensazione che aleggia sulla sentenza in rassegna è che la Corte di Cassazione abbia voluto prevenire le conseguenze della decisione della CoEDU (poi giunta puntualmente il 20/1/09) confermativa dei principi richiamati nella suddetta pronuncia di ricevibilità (circa la natura penale della confisca), anticipando la svolta in senso personalistico dell’istituto e ridimensionando il dibattito sulla sua qualificazione giuridica. Occorre chiedersi, però, se la sentenza non rischi di determinare una sorta di effetto domino con conseguenze che finirebbero per rendere necessario riscrivere tutto il sistema delle misure ripristinatorie urbanistiche.
Il problema si pone, innanzitutto, con riferimento all’ordine giudiziale di demolizione del manufatto abusivo, pacificamente estensibile al terzo in buona fede. Sino ad oggi i due istituti sono stati accomunati nella categoria della ‘sanzione amministrativa’; pertanto, o il riconoscimento dei caratteri personalistici della sanzione amministrativa coinvolgerà anche l’ordine di demolizione che non potrà più essere dato a carico del terzo in buona fede, in tal modo contravvenendo evidentemente alla previsione di legge così come, pacificamente interpretata dalla stessa Cassazione19 e ‘valutata’ dalla Corte Costituzionale20, oppure tra le due misure dovrà essere introdotta una differenziazione, per nulla scontata nella sentenza in commento, che consenta di escludere la misura dell’ordine di demolizione dalla categoria della sanzione amministrativa in senso stretto e di preservarne la natura ‘reale’.
Tale differenziazione, però, finirebbe per fare i conti con il principio di proporzionalità e ragionevolezza poiché rappresenterebbe una disarmonia nel contesto normativo atteso che gli interessi urbanistici compromessi dal reato cui consegue l’ordine di demolizione (esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso di costruire di cui alla lett. b, art. 44 DPR 380/01) sono meno pregnanti rispetto a quelli coinvolti dal reato di lottizzazione abusiva che attiene ad una forma di intervento ben più incisiva, in quanto idonea a compromettere la programmazione edificatoria del territorio. In questa ottica, infatti, si spiega, come attestato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 148 del 21/4/94 e n. 107 del 16/3/89, il diverso trattamento riservato alle due fattispecie dal legislatore che, dal punto di vista delle cause di estinzione del reato, ha previsto solo per il reato meno grave, di cui alla lett. b art. 44 DPR 380/01, la possibilità del rilascio in sanatoria (in senso stretto) del permesso di costruire (art. 36 DPR 380/01) e del rilascio in sanatoria mediante oblazione (condoni edilizi di cui agli artt. 31 L.47/85, 39 L.n.724/94 e 32 D.L.269/03). Soprattutto si spiega perché il legislatore agganci alla sentenza di condanna solo l’ordine di demolizione e non la confisca che, invece, è prevista per la mera sussistenza del fatto. Nel primo caso, infatti, quando l’imputato è prosciolto pur sussistendo il fatto, l’abuso edilizio, potrà, comunque, essere ‘assorbito’ nell’ambito della programmazione edificatoria della P.A. che
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21 La tutela del terzo, peraltro, stride con la nullità degli atti di compravendita dei terreni, espressamente prevista dalla legge penale in caso di lottizzazione abusiva.
22 Per una esauriente disamina del principio cfr: DELLI PRISCOLI e FIORENTIN ‘Trattamento sanzionatorio eccessivo e principio di ragionevolezza’ in questa rivista, 2008, 10, 3910.
23 Un diverso approccio al problema emerge in un condivisibile orientamento dottrinario (MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali…, cit.; BALSAMO, nota a Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sez. II, 30/8/07, cit.) che collega la violazione del principio di proporzionalità a tutte quelle ipotesi in cui la confisca viene applicata in relazione a lottizzazioni abusive di carattere formale, connessi alla mancanza di un’autorizzazione che, comunque, sarebbe compatibile con la disciplina urbanistica di quell’area.
24 La Corte Costituzionale, con la nota sentenza n. 348 del 2007, ha affermato che l’incompatibilità tra la norma legislativa ordinaria e la norma CEDU si presenta come una questione di legittimità costituzionale per eventuale violazione dell’art. 117, primo comma, Cost..
non ne rimane irrimediabilmente pregiudicata; nel secondo, invece, il fatto consiste proprio in tale pregiudizio della pianificazione del territorio e, pertanto, la sua gravità non consente di limitare la misura ripristinatoria alle pronunce di condanna.
In tale contesto risulta, allora, contraddittoria la tutela del terzo in buona fede che sarebbe garantita solo nell’ipotesi criminosa di maggiore offensività (la lottizzazione abusiva accertata, indifferentemente, con sentenza di condanna o di proscioglimento) ed a costo della definitiva rinuncia alla programmazione edificatoria del territorio (si pensi alla lottizzazione per realizzazione di un imponente complesso edilizio in cui la presenza di un solo acquirente in buona fede, di una singola unità immobiliare, renderebbe impossibile il ripristino dell’intera area compromessa) e non per il reato di realizzazione di un singolo manufatto abusivo, accertato con sentenza di condanna e inidoneo a pregiudicare, allo stesso modo, la pianificazione del territorio21.
Questa ricostruzione rappresenterebbe la violazione del principio di proporzionalità per palese irragionevolezza del bilanciamento degli interessi da parte del legislatore22 che farebbe prevalere la tutela del terzo in buona fede solo nell’ambito del reato di lottizzazione edilizia dall’elevato indice di offensività, così sacrificando il relativo bene giuridico e, viceversa, salvaguarderebbe, a discapito del terzo, il meno pregnante bene giuridico tutelato dalla lett. b dell’art. 44 DPR 380/0123.
Inoltre non è da sottovalutare il rischio di avvitamento a cui la Cassazione andrebbe incontro se il nuovo orientamento prevalesse su quello tradizionale al fine di porsi in linea, sotto il profilo sostanziale, con la giurisprudenza di Strasburgo e di evitare la questione di legittimità costituzionale del secondo comma dell’art. 44 DPR 380/01 (nella sua interpretazione più rigorosa) per eventuale violazione dell’art. 117 della Costituzione24. La Corte europea dei diritti dell’uomo, infatti, nella suddetta sentenza del 20/1/09, ha comunque ritenuto conforme al principio del giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della collettività al corretto sviluppo del territorio e la tutela della proprietà privata (art. 1 del Protocollo 1 della CEDU) una norma che, in presenza di una lottizzazione abusiva con proscioglimento dell’imputato per difetto dell’elemento psicologico, prevedesse in ogni caso la demolizione delle opere abusive e l’annullamento della lottizzazione.
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25Cass. pen., Sez. III, 07/07/2004, n.38730, Vittorioso, cit.
26 Cass. pen., Sez. III, 1/10/08, n. 37274, Varvara, cit.
Ma una siffatta legge, allo stato, non esiste nel nostro ordinamento e il dispositivo di proscioglimento dell’imputato per difetto dell’elemento psicologico nel reato di lottizzazione abusiva, sarebbe incompatibile con l’ordine di demolizione dei manufatti abusivi (che necessita di una sentenza di condanna per il reato di cui alla lett. b dell’art. 44 D.P.R. 380/01) poiché se l’imputato non è ‘rimproverabile’ per la lottizzazione non lo sarà neanche per la realizzazione dell’opera abusiva. La posizione della Corte di Cassazione si rivelerebbe più ‘oltranzista’(ma questa volta nel senso opposto rispetto a quello dell’orientamento tradizionale) di quella della Corte di Strasburgo.
Comunque, sarà la legge che, verosimilmente, nel prossimo futuro, toglierà dall’ imbarazzo la Corte di Cassazione. Non va dimenticato, infatti, che il legislatore, con la L. 25/2/08, n. 34, ha delegato il Governo a disciplinare - nell'ambito dell’attuazione della decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, del 24/2/05, relativa alla confisca di beni - "i limiti della confisca nei confronti della persona estranea al reato…" (lett. c, art. 31) prevedendo che "in ogni caso la confisca non pregiudichi i diritti di terzi in buona fede sulle cose che ne sono oggetto" (lett. g, art. 31). L’auspicio è che il decreto legislativo, che, comunque, dovrà operare il necessario coordinamento dei principi comunitari con le disposizioni vigenti, affronti specificante la problematica della confisca da lottizzazione abusiva, attesa la sua peculiarità.
5) FUNZIONE DELLA CONFISCA: LA MADRE DI TUTTE LE QUESTIONI
Alla luce di queste premesse, si impone, allo stato, per la Suprema Corte, al di là di questioni terminologiche o di classificazioni sistematiche, una imprescindibile e prioritaria scelta di campo sul versante della funzione che il legislatore ha inteso affidare alla confisca dei terreni abusivamente lottizzati, se sia di tipo sanzionatorio, con finalità di tipo punitivo-rieducativo, ed allora sarà inevitabile fare i conti con il principio personalistico di cui all’art. 27 della Costituzione, nei termini posti dalla sentenza che si commenta; ovvero se, come già sostenuto dalla tesi dominante della Suprema Corte, sia (esclusivamente) diretta ad "impedire che la lesione della riserva pubblica di programmazione del territorio sia portata a ulteriori conseguenze"25 ed a consentire al giudice di "disporre provvedimenti ripristinatori specifici qualora perduri la situazione offensiva dell’interesse protetto dalla norma penale"26. In questo secondo caso, la confisca sarebbe una sorta di valvola di sicurezza del sistema, diretta ad evitare che il Comune sia costretto a rinunciare alla realizzazione dello sviluppo del suo territorio così come pianificato dagli
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27 Cass. III, 11/5/2005, Stiffi, cit.; Cass. pen., Sez.III, 08/11/2000, Petracchi, cit.; in dottrina BRESCIANO-PADALINO, I reati urbanistici, cit., pg. 319.
strumenti urbanistici. Si tratterebbe di ipotesi in cui la res, ex se considerata, costituisce un pregiudizio per l’ordinamento e la sua ablazione, escluse valutazioni di responsabilità personale, sarebbe un irrinunciabile rimedio per ripristinare la legalità; di talchè la sua applicabilità anche nei confronti del soggetto incolpevole sarebbe ineludibile.
Questa imprescindibile scelta di campo non può essere evitata con inversioni di metodo, come è avvenuto nella sentenza che si commenta, che non ricava la funzione sanzionatoria della confisca enucleando, dalla lettera della norma, la volontà del legislatore, ma la riconosce al solo fine di garantire la "interpretazione costituzionalmente compatibile" della norma.
La interpretazione costituzionalmente compatibile è, evidentemente, opportuna, ed, anzi, doverosa, ma solo dopo avere individuato le interpretazioni astrattamente possibili della norma sulla base dei criteri dettati dall’art. 12 disp. prel. c.c., poichè, come ricordava Celso, le parole scritte sono l’involucro che racchiude una volontà: scire leges non hoc est verba earum tenere, sed vim ac potestatem. Occorreva, dunque, argomentare il cambio di rotta sotto il profilo della voluntas legis (che invece, con una vera e propria petizione di principio, viene data per scontata) e, così, evitare il rischio di mantenere in vita una norma teleologicamente orientata verso obiettivi che il legislatore non ha preso in considerazione.
Né possono condividersi le facili scorciatoie che sono state utilizzate quando l’intera ‘vertenza’ è stata sommariamente risolta evocando l’istituto dell’acquisizione dei terreni al patrimonio comunale (art. 31, comma 3, DPR 380/01) e calamitando nell’orbita dei principi personalistici che lo caratterizzano, anche la confisca dei terreni lottizzati solo perché, tra i due istituti, vi è coincidenza sotto il profilo degli effetti27. Non possono prendersi le mosse dalla coincidenza degli effetti di due istituti, per pervenire ad una assimilazione della loro natura e funzione.
La dicotomia tra funzione sanzionatoria e funzione ripristinatoria della legalità, anzi, emerge, con chiarezza, proprio nella sentenza della Corte Costituzionale n. 345 del 15/7/91 che si è occupata dell’istituto dell’acquisizione dei terreni (prevista in caso di inottemperanza all’ingiunzione a demolire un manufatto abusivo ed a ripristinare lo stato dei luoghi da parte del responsabile dell’abuso) e che, in questa sede, vale la pena richiamare per larghi tratti.
Chiamata a pronunciarsi sulla possibile violazione dell’art. 3 della Costituzione nella misura in cui la norma "colpirebbe con la stessa sanzione comportamenti diversi, e cioè quello del proprietario del terreno responsabile dell’abuso edilizio e quello del proprietario incolpevole, nell’ipotesi che l’abuso edilizio sia stato compiuto da un terzo, come avvenuto nel caso oggetto del giudizio a quo da parte del conduttore del fondo, ed il proprietario non abbia la possibilità di
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28 REYNAUD, (La disciplina dei reati urbanistici, Utet, 2007, pg 546) sostiene che la Corte Costituzionale, in quell’inciso, stesse pensando proprio alla confisca prevista per le condotte di lottizzazione abusiva. Occorre riconoscere che sono tanti gli indizi che vertono in questa direzione.
29 Sez. U, 10/7/08, n. 38834, De Maio, cit.; in materia di responsabilità degli enti, Sez. U, 27/3/08, n. 26654, Fisia Italimpianti spa, in questa rivista, 2008, 12, 4544, con nota di PISTORELLI.
30Le Sezioni Unite intervenute in materia di responsabilità degli enti (Sez. U, 27/3/08, n. 26654, cit.), puntualizzano che, nell’ambito della stessa norma (D.lg. n. 231 del 2001), è possibile riscontrare tre diverse forme di confisca del profitto, di cui una (prevista dall’art. 6 comma 5) consegue non al riconoscimento ma alla negazione della responsabilità dell’ente, ed ha, pertanto, finalità tutt’altro che sanzionatorie, ma dirette a ristabilire l’equilibrio economico alterato.
ottemperare direttamente all’ordine di demolizione, per essere il bene nell’esclusiva disponibilità del conduttore autore dell’abuso", la Corte ha chiaramente attestato la funzione sanzionatoria dell’acquisizione dell’area, in quanto essa non è una misura strumentale all’ordinato ripristino dello stato dei luoghi mediante la demolizione del manufatto, ma costituisce una sanzione autonoma che consegue alla inottemperanza all’ingiunzione della demolizione. Essa, come tutte le sanzioni, svolge una funzione di deterrenza poiché "è ispirata dall’intento di costringere il responsabile dell’abuso ad eseguire egli stesso la demolizione nel termine stabilito", ed una funzione di punizione e, pertanto, non può operare "(come avviene talvolta per la confisca quando questa costituisce misura accessoria di altra sanzione o misura strumentale diretta ad impedire l’ulteriore produzione dell’illecito o l’utilizzazione dei proventi di questo)"nei confronti di persone diverse dal responsabile dell’abuso "e in particolare nei confronti del proprietario dell’area quando risulti in modo inequivocabile la sua completa estraneità al compimento dell’opera abusiva". Ne consegue che il terzo incolpevole può subire, nella sua qualità di proprietario, la demolizione del manufatto ma non l’acquisizione dell’area di sedime.
La Corte, dunque, di fronte alla previsione di legge dell’atto materiale dell’acquisizione di una res da parte della P.A., prospetta, per l’interprete, un bivio tra natura sanzionatoria del provvedimento ablatorio (come, appunto, nel caso dell’acquisizione dell’area ai sensi del comma terzo dell’art. 31 DPR 380/011) e natura ripristinatoria, strumentalmente diretta ad impedire l’ulteriore produzione dell’illecito e, pertanto, suscettibile di coinvolgere anche il soggetto in buona fede (come nel caso della confisca richiamata, sia pure incidentalmente, dalla Corte come istituto di carattere generale28).
D’altra parte, le stesse Sezioni Unite29 hanno, da ultimo e per più di una volta, ribadito come, nello scenario legislativo codicistico e speciale, con lo stesso nomen iuris, si identificano misure ablative dal medesimo contenuto (la privazione di beni economici) ma dalla natura e dalle finalità diverse che vanno, pertanto, prioritariamente individuate30.
6) CORTE COSTITUZIONALE E MODELLO ONNIVALENTE DI CONFISCA NEI CONFRONTI DEL TERZO IN BUONA FEDE
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31La Corte, in via più generale, quando si è pronunciata sulla compatibilità con l’art. 27 Cost. della lett. c) del previgente art. 26 L. n. 963/1965 che, in materia di pesca, stabiliva, quale pena accessoria, la sospensione della validità del permesso di pesca col conseguente divieto dell’uso, per la pesca, del natante, divieto che, in tal modo, finiva per colpire non solo il contravventore ma anche il contitolare estraneo alla violazione del precetto, ha attestato che, per quest’ultimo, "non si tratta di sanzione, bensì di pregiudizio di mero fatto, di cui molti esempi si danno nel nostro ordinamento" (C. Cost. sent. n. 105/14/4/1974).
32 Nella Relazione ministeriale sul progetto del codice penale, si legge che "la pena e la misura di sicurezza si pongono,come istituti eventualmente concorrenti, ma nella loro essenza distinti. L’una rimane veramente espressione immancabile e specifica del reato e, nel momento applicativo, forma di attività tipicamente giurisdizionale; l’altra è, viceversa, funzione di polizia, forma di attività amministrativa, che, nel reato, di regola trova la sua premessa, ma non è indispensabile conseguenza. L’una è sanzione criminale per eccellenza; l’altra non è affatto una sanzione e, tanto meno, una sanzione criminale". La confisca, poi, tende ad eliminare cose per sé stesse pericolose che "provenendo da fatti illeciti penali, o in alcuna guisa collegandosi alla loro esecuzione, mantengono viva l’idea del reato"Relazione ministeriale sul progetto del codice penale, I, 244.
33 Corte Cost. n. 53/68 in Giur Cost., 1973, 848.
L’opportunità di questo percorso logico giuridico trova conferma, per altro verso, nel panorama della giurisprudenza costituzionale che, fornendo ‘copertura costituzionale’ anche alla confisca disposta a carico del terzo in buona fede (a condizione che la sua funzione sia di tipo ripristinatorio piuttosto che sanzionatorio), smentisce la necessità, ravvisata da questa sentenza, di invertire la rotta rispetto alla tesi tradizionale, proprio al fine di assicurare "l’interpretazione costituzionalmente compatibile del secondo comma dell’art. 44 DPR n. 380/01" .
La Corte, infatti, si è occupata della confisca applicabile ai soggetti in buona fede in diverse occasioni, adottando una linea certamente rigorosa ma riconoscendone la piena compatibilità col dettato costituzionale.
Sin dagli anni ’60 essa ha stabilito il principio, di portata generale, secondo cui, quando "incide obiettivamente sui beni ovunque e presso chiunque si trovino"(e, dunque, anche nei confronti del terzo incolpevole), la confisca è una misura amministrativa che svolge una funzione restitutoria e riparatoria e non una sanzione penale (sentenze n. 46 del 1964 e n. 29 del 1961, espressamente richiamate, peraltro, dalle due suddette sentenze delle SS.UU.). La natura amministrativa di tale misura, poi, non ha impedito alla Corte (quando ha dato il suo ‘benestare’ all’ art. 240 cp ultima ipotesi) di riconoscere la costituzionalità della confisca nei confronti del terzo incolpevole anche nell’ambito tipicamente penalistico, per le "cose nelle quali sia insita una illiceità oggettiva in senso assoluto", che "devono essere confiscate presso chiunque le detenga a qualsiasi titolo" (sent. n. 229 del 17/7/1974 e n. 1 del 10/01/97)31.
Peraltro, non sembra utile soffermarsi a considerare se il legislatore abbia inserito nell’art. 240 cp una misura amministrativa o se, addirittura, abbia dedicato alle misure amministrative l’intero Titolo VIII del libro primo del codice penale, la cui intestazione definisce "amministrative" le misure di sicurezza. In tal modo si finirebbe per ricadere nell’annosa querelle della natura, penale o amministrativa, delle misure di sicurezza,32 disputa, la cui valenza meramente formale è oggi condivisa sia dalla dottrina, sia dalla Corte Costituzionale33. Occorre, invece, ricavare, tra le righe
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34 La Corte Costituzionale (n. 53/68 cit.) ha stabilito che il processo di sicurezza deve svolgersi come un vero e proprio procedimento giurisdizionale, con le garanzie della difesa e del contraddittorio.
delle pronunce della Consulta che hanno filtrato le figure di confisca (applicabile ai soggetti in buona fede) presenti in modo trasversale nei diversi rami dell’ordinamento, un modello, costituzionalmente compatibile, da confrontare con la confisca di cui all’art. 44 DPR 380/01.
Il punto è cruciale perchè il legislatore, talvolta, ha adottato nei due contesti, penale e amministrativo, lo stesso paradigma, anzi, la stessa terminologia. La lettera dell’art. 240 cp (ultima ipotesi), ad esempio, è sovrapponibile a quella dell’art 213 del D. Lvo n. 285 30/4/1992 (codice della strada) che prevede la confisca dei veicoli, poiché, in entrambi i casi, il legislatore prevede l’operatività della misura ablatoria, applicabile anche ai soggetti in buona fede, nelle ipotesi in cui l’uso della cosa costituisca illecito (reato in un caso, violazione amministrativa nell’altro) e non possa essere consentito mediante autorizzazione amministrativa.
D’altro canto, la Corte Costituzionale ha adottato, con riferimento ad entrambi i casi, lo stesso metro di valutazione poiché, così come ha limitato la confisca di cui all’art. 240, ultima ipotesi, c.p. alle cose intrinsecamente criminose, ha ritenuto ragionevole, proporzionata e costituzionalmente compatibile la confisca obbligatoria di autoveicoli, motoveicoli e ciclomotori (artt. 93, 97 e 213 codice della strada), solo se i veicoli non siano oggettivamente idonei alla circolazione a causa di "un’alterazione delle caratteristiche tecniche del mezzo" o se non vi sia "alcuna possibilità di regolarizzazione" di un documento di circolazione non valido (C. Cost. n. 371, 27/10/94; n. 349, 21/11/97; n. 435, 23/12/97).
La diversità del regime giuridico che caratterizza queste confische, a seconda del versante, amministrativo o penale, in cui esse vivono (basti pensare che sola la confisca di cui all’art. 240 cp è disposta all’esito di un procedimento giurisdizionale34), non può nascondere, dunque, il filo che le riconduce ad unità. In tutti questi casi, la necessità di espungere dal contesto sociale ed economico la res al fine di distruggerla o ripristinarne le condizioni di legalità, giustifica, secondo la Corte Costituzionale, il ‘sacrificio’ che l’ordinamento chiede al soggetto in buona fede; di talchè, funzione ripristinatoria della confisca e intrinseca illiceità della res sono due facce della stessa medaglia.
Alla luce di queste premesse, appare inevitabile confrontare con questo schema, la confisca di cui all’art. 44 DPR 380/01 per la quale, il legislatore, non ha utilizzato la stessa terminologia, né poteva farlo, attesa la peculiarità del reato di lottizzazione abusiva.
La Corte di Cassazione, per il vero, si è cimentata spesso nel raffronto tra la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e quella di cui all’art. 240 c.p., ma, pur mantenendo la sua rigorosa posizione circa la estensibilità degli effetti della prima confisca al soggetto incolpevole, ha ritenuto
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35 Cass. III, 16/11/1995, Besana, cit; Cass. pen., Sez. III, 18/5/1999, Negro, cit; Cass. pen., Sez. III, 7/7/04, n. 38729, Cascino, in Guida al diritto, 2004, 43, 62. Fuori dal coro: Cass. pen., Sez. III, 04/04/1995, n.1089, Marraro, cit; Cass. pen., Sez. III, 09/11/2000, n.12999, Lanza e altri, in questa rivista., 2001, 3165, che, invece, riconducono la confisca nella categoria della misura di sicurezza patrimoniale e, senza motivare sul punto, hanno riconosciuto la oggettiva illiceità dei terreni. Per la dottrina: NOVARESE : La lottizzazione abusiva: forme e modalità di accertamento in Riv. Giur. Edil., 1994, 4-5, pgg. 155 e segg.. A. FIALE, E. FIALE, Diritto urbanistico, XII ediz. Napoli, 2007, 1119; LECCESE: Sulla natura giuridica della confisca cit.
36 Corte Costituz. n. 345/91, cit.
37 Corte Costituz. 17/7/1974, n. 229, cit.
incolmabili le distanze tra i due istituti35. Questo ha reso vulnerabile il suo tradizionale orientamento, pure sostenuto con grande spiegamento di forze nel corso degli anni, ed ha offerto il destro alle censure della dottrina ed ai ripensamenti della sentenza in rassegna. Non tanto per aver fatto derivare la natura di sanzione amministrativa della confisca, in via residuale, dalle difficoltà di includerla nel novero delle misure di sicurezza reali del codice penale, ostandovi la diversità del regime giuridico (in tal modo circumnavigando il cuore del problema senza toccarlo), quanto per aver escluso che i terreni abusivamente lottizzati costituiscano un bene intrinsecamente criminoso "giacchè è la specifica destinazione che viene considerata antigiuridica se non autorizzata". Questa affermazione, infatti, è contraddetta dal suddetto schema, di provata costituzionalità, che, invece, condiziona la confisca a carico del terzo alla intrinseca illiceità della cosa: Hic Rhodus, hic salta!
E’ auspicabile, allora, che il dibattito cui, certamente, questa sentenza darà la stura, approfondisca se il concetto di ‘terreno abusivamente lottizzato’ non sia riconducibile, salvi gli inevitabili adattamenti, alla categoria codicistica dell’ ‘oggetto intrinsecamente criminoso’ e, se, conseguentemente, non meritino di essere accorciate le distanze (meno timidamente di quanto ha fatto la sentenza ‘Licciardello’ del 2007 cfr supra par. 3) tra le due confische, sotto il profilo della loro comune funzione - svolta specularmente in ambiti diversi (penale e amministrativo) e con regimi giuridici diversi (si pensi al destinatario dell’oggetto della confisca che è lo Stato in un caso e il Comune nell’altro) - di "misura strumentale diretta ad impedire l’ulteriore produzione dell’illecito"36 secondo "i criteri cui si ispira la prevenzione sul piano generale e di cui le misure di sicurezza patrimoniali costituiscono un aspetto"37 .
7) L’INTRINSECA ILLICEITA’ DELLA RES NELL’ART. 240 C.P. E NELLA LOTTIZZAZIONE ABUSIVA
Questo raffronto, però, non può prescindere da una rapida escursione nella giurisprudenza della Cassazione, al fine di enucleare l’interpretazione ‘vivente’ del concetto normativo di ‘cosa il cui uso costituisce illecito e non può essere consentito mediante autorizzazione amministrativa’.
‘Cosa il cui uso costituisce illecito’, innanzitutto, significa che deve trattarsi di una res che non sia utilizzabile diversamente rispetto alla modalità criminosa; è evidente che se un
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38 Cass. pen., Sez. I, 07/10/1993, Faresin, in questa rivista, 1995, 150; Sez. I, n. 5731, 6/2/95, Flori, in CED n. 200344; Sez. III, n. 8127, 25/2/04 , De Gaetano, in CED n.. 227553; Sez IV, n. 13298, 18/3/04, Pani, CED n.. 227886.
39 Cass, sez. I, n. 5731, 6/2/95, cit.
soprammobile viene utilizzato per percuotere una persona, non per questo acquisisce la natura di oggetto intrinsecamente criminoso in quanto, dopo il fatto criminoso, potrebbe tornare a svolgere la funzione ornamentale per la quale, per altro, è stato realizzato. Viceversa, gli apparecchi e i congegni per i giochi d’azzardo, le autovetture oggettivamente e specificamente predisposte, attraverso modificazioni, per l’attività criminosa ad es. del trasporto e dell’occultamento della sostanza stupefacente, un’arma alterata ovvero un vino adulterato, sono certamente cose intrinsecamente illecite poiché non potrebbero essere utilizzate diversamente38.
Il principio, però, è destinato ad essere mitigato da tre corollari logico-giuridici. In via del tutto teorica, infatti, una bottiglia di vino adulterato potrebbe essere (lecitamente) utilizzata come soprammobile e un’autovettura illecitamente trasformata potrebbe essere oggetto di una esposizione o destinata ad un luna park per lo svago degli avventori. In tal modo, però, non esisterebbe, in rerum natura, un oggetto intrinsecamente illecito, ragione per la quale la struttura intrinseca della res, nell’ottica dello stesso art. 240 c.p., non rileva dal punto di vista delle caratteristiche fisiche del bene ex se considerate, ma scaturisce dalla incompatibilità tra le caratteristiche fisiche assunte dal bene in funzione del fatto illecito e la sua naturale destinazione. Se la naturale destinazione di un’autovettura è la sua circolazione o la sua commercializzazione, è evidente che un’autovettura, già alterata in funzione del fatto illecito, non consente di ipotizzare un utilizzo lecito e, pertanto, è da ritenersi intrinsecamente illecita.
In secondo luogo, un vino adulterato potrebbe essere sottoposto ad un trattamento tale da riacquisire i suoi connotati di liceità, sotto il profilo giuridico, e di sicurezza, sotto quello alimentare, così come un’autovettura prima modificata per l’attività criminosa potrebbe strutturalmente riacquisire i suoi connotati originari, ecc. Anche in tal caso non esisterebbe, in rerum natura, un oggetto intrinsecamente illecito, ragione per la quale la Cassazione ha fugato ogni equivoco, stabilendo che l’illiceità va valutata rebus sic stantibus e che, ai fini dell’applicazione della confisca, il giudice deve tener conto dei requisiti di illiceità posseduti dalle cose al momento in cui fu commesso il reato, senza considerare le caratteristiche che le stesse potrebbero acquisire per effetto di modifiche, trasformazioni o adattamenti che vi fossero successivamente apportati39.
L’ultimo corollario, meno scontato di quanto possa sembrare, è che l’illiceità va valutata alla luce della normativa vigente, nel senso che non rileva la astratta possibilità di una futura modifica
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40 Cass. pen., Sez. I, 29/10/1997, n.413, Caracciolo, in questa rivista., 1999, 2955
41La violazione dello strumento urbanistico è equiparata dalla Suprema Corte, ai fini della configurabilità dell’art. 323 c.p., alla violazione di legge, proprio perchè è la legge (artt. 31 L. 17 agosto 1942 n. 1150, 1 e 4 L. 28 gennaio 1977 n. 10) che condiziona la liceità della trasformazione del territorio alle previsioni dello strumento urbanistico (Cass. pen., Sez. VI, 08/10/2003, n.708, Mannello, in Guida al Diritto, 2004, 17, 96).
legislativa circa le condizioni di liceità della res, che consenta, ad es. per il vino, trattamenti sino a quel momento proibiti.
Infine, l’impossibilità che quell’uso della res sia "consentito mediante autorizzazione amministrativa" significa che non può essere ordinata la confisca della cosa che appartiene a persona estranea al reato se l’ "uso" della cosa costituisce reato non in modo assoluto, ma per l’assenza di un’autorizzazione amministrativa; è il caso dell’arma il cui utilizzo può essere consentito mediante autorizzazione40.
Passando, adesso, al vaglio di queste generali considerazioni, la massima della Cassazione secondo cui "i terreni abusivamente lottizzati non costituiscano un bene intrinsecamente criminoso giacchè è la specifica destinazione che viene considerata antigiuridica se non autorizzata", affiorano, con immediatezza, alcune incongruenze.
Il presupposto di questa massima è la distinzione concettuale tra il terreno, sotto il profilo delle sue caratteristiche fisiche ex se considerate (ritenuto evidentemente res intrinsecamente lecita) e la sua destinazione. La conseguenza è che i terreni lottizzati sarebbero abusivi solo sino a quando la loro specifica destinazione non sia ‘autorizzata’.
Invece, vieppiù nel ramo del diritto penale-urbanistico, il terreno non rileva sotto il profilo delle sue caratteristiche fisiche ex se considerate, ma sotto quello della sua naturale vocazione a costituire un’area ‘urbana’ poichè la destinazione del terreno, da parte della PA, ad un certo tipo di fruizione (agricola, residenziale ecc.) connota il terreno, detta il suo statuto e ne condiziona la oggettiva liceità41.
Occorre, allora, distinguere l’ipotesi del terreno in cui non siano intraprese (né si intenda intraprendere) opere di trasformazione, da quella del terreno oggetto di una trasformazione effettiva (lottizzazione materiale) o potenziale (lottizzazione negoziale). Nel primo caso, in cui è possibile isolare concettualmente il terreno nella sua ‘materialità’, dal tipo di destinazione che potrebbe acquisire, non sarebbe corretto applicare il ‘codice di decriptazione’ dell’intrinseca criminosità della res poiché il terreno rimane una res indifferente dal punto di vista della sua liceità, allo stesso modo di una materia prima, dalla quale non si sa se si ricaverà un’ automobile con caratteristiche che ne consentano l’omologazione o un’automobile strutturalmente predisposta all’attività criminosa.
Nel secondo, invece, la struttura intrinseca del terreno si confonde con la specifica destinazione assunta in concreto dal terreno stesso e sarà da ritenersi lecita o illecita a seconda della sua rispondenza alle previsioni di piano.
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42 "L’attività edificatoria(…..) volta a trasformare in zona residenziale una zona che, nelle previsioni di piano, ha destinazione agricola, non può essere consentito in nessun caso, neppure attraverso un piano di lottizzazione" : Sez. III, n. 1197, 30/12/96 ,Urtis, in CED n.11249; Sez. Un., 8/2/02, n. 5115, Salvini, in Guida al d., 2002, 10, 67.
43 Sez. III, n. 1197, 30/12/96 ,Urtis, in CED n.11249. Pur essendo, la lottizzazione abusiva materiale, un reato a consumazione alternativa, quella della "trasformazione dei terreni in violazione delle prescrizioni.."è la forma più pregnante di lottizzazione abusiva che, a ben vedere, ricomprende anche quella dell’intervento edilizio in assenza di autorizzazione lottizzatoria (prevista dalle prescrizioni), a meno che il reato non sia solo ‘formale’ essendo l’intervento edilizio autorizzabile ma non autorizzato, ma in tal caso non vi sarebbe violazione del bene interesse, quanto meno sotto il profilo del corretto assetto del territorio.
44 MENDOZA, Lottizzazione abusiva: confisca obbligatoria e sentenza di accertamento, in questa rivista, 1992, 1308, nota a Cass. pen., 18/12/1990, Licastro, cit.
Per elidere l’antigiuridicità di una lottizzazione abusiva, dunque, non è sufficiente un’autorizzazione amministrativa (che, come è noto, non ha le potenzialità di fissare il regime giuridico dei suoli e si limita a rimuovere un ostacolo alla fruizione di una facoltà inerente ad un diritto soggettivo42), ma sarebbe necessario modificare le condizioni di liceità del terreno variando lo strumento urbanistico e modificando il regime giuridico di quel bene. Tale astratta possibilità di una futura modifica delle condizioni di liceità della res, però, non vale a rendere la res intrinsecamente lecita.
Per questa ragione il legislatore ha ritenuto inutile, nella fattispecie, il ricorso alla formula (dell’art. 240 cp e degli articoli 93, 97 e 213 del codice della strada) che condiziona la confisca a carico del terzo in buona fede all’accertamento che, in seguito al fatto illecito, le connotazioni assunte dalla res siano strutturali e non sia possibile consentire il suo utilizzo con autorizzazione amministrativa. Nel reato di lottizzazione edilizia abusiva, infatti, le due suddette condizioni della confisca a carico del terzo in buona fede costituiscono l’essenza del reato stesso che si manifesta con il "conferimento ad una porzione del territorio comunale di un diverso assetto, rispetto alle previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione, realizzato mediante opere di interesse privato e di interesse collettivo, in modo da creare una nuova maglia del tessuto urbano"43.
La conferma perviene, d’altra parte, dalla applicazione, al caso di specie, dei principi enucleati dalla sopra richiamata giurisprudenza della Cassazione circa l’ultima ipotesi dell’art. 240 cp., che portano a chiedersi, innanzitutto, se la porzione di territorio, così come trasformata, possa avere un utilizzo diverso rispetto a quello criminoso, oppure se sia diventata, inevitabilmente, ‘cosa il cui uso costituisce reato’44.
Se una porzione di territorio destinata dallo strumento urbanistico all’uso agricolo, acquisisce, in seguito alle opere ivi abusivamente costruite, una destinazione di tipo residenziale caratterizzata dalla presenza delle relative opere di urbanizzazione (strade, fognature ecc.), è evidente che non può ipotizzarsi un uso diverso da quello criminoso, alla stessa stregua in cui
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45 MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali.., cit.. La CoEDU ha ritenuto che una previsione normativa di questo tipo svolgerebbe ugualmente una efficace funzione ripristinatoria e sarebbe compatibile con la convenzione. Ma, naturalmente, discorso diverso è quello concernente gli scenari normativi futuri che potrebbero ipotizzarsi dopo la suddetta sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
46 Inoltre, proprio la fattispecie della sentenza in rassegna, - in cui è stato attribuito un diverso assetto urbanistico ad un area, modificando la destinazione d’uso di un complesso immobiliare già edificato, da turistico alberghiera a residenziale per uso abitativo privato (cfr anche: Cass. pen., Sez. III, 21/3/2005, n. 10889, Garbari, in C.E.D. Cass. N. 230976) - dimostra che, in questi casi, l’unico modo per ripristinare la destinazione lecita dei manufatti è sottrarli a chi li utilizza in modo diverso, sia pure dopo averli acquistati in buona fede.
47 Sez. III, 26/1/98, Ganci, in Rivista Penale, 1998, 459; Sez. III, 20/3/98, Stea, in Riv. Giur. Edil., 1998, I, 1252. La linea di demarcazione tra le due fattispecie di reato (punite, rispettivamente, dalla lett. b e dalla lett c dell’art. 44 DPR 380/01) viene spesso persa di vista soprattutto all’estero dove non esistono ordinamenti che contemplino un istituto come la lottizzazione abusiva, previsto, invece, dal nostro legislatore per tutelare un patrimonio, quello del territorio, di altissimo valore. In realtà occorre considerare che la prima fattispecie (lett. b) presuppone un confronto tra un’opera edilizia ed un provvedimento di tipo autorizzatorio (permesso di costruire), la seconda (lett.c) tra l’assetto conferito al territorio e la pianificazione urbanistica.
un’autovettura strutturalmente modificata, un’arma contraffatta o un vino adulterato non possono essere utilizzati in modo diverso da quello illecito. In tutti questi casi ‘la specifica destinazione criminosa del bene’ è strutturale e permanente, non occasionale e momentanea come quella del soprammobile utilizzato per colpire la vittima.
Inoltre, la possibilità di trasformare nuovamente l’area mediante, ad es. la demolizione delle opere abusive, non vale ad escludere la illiceità intrinseca del bene che va valutata, secondo la giurisprudenza sopra richiamata, "al momento in cui fu commesso il reato". Non è, pertanto, condivisibile la posizione di chi ritiene che non può parlarsi di mera finalità ripristinatoria della confisca (e deve quindi riconoscersi una finalità di tipo punitivo) poiché sarebbe stato sufficiente, per la cessazione della lottizzazione, la demolizione delle opere già costruite45. Anche per un’autovettura strutturalmente modificata (la cui confisca obbligatoria è, pacificamente, di tipo ripristinatorio) sarebbe stato sufficiente ordinarne il ripristino, ma, giova ripetersi, in tal modo non esisterebbe, in rerum natura, un oggetto intrinsecamente illecito 46.
Infine, non possono essere distinti i terreni inedificati rispetto a quelli sui quali sono realizzate le opere abusive, al fine di limitare solo a questi ultimi (o solo ai manufatti abusivi) il carattere di intrinseca illiceità, poiché non lo consente la natura specifica del reato di lottizzazione abusiva. Se una porzione di territorio è abusivamente destinata ad ospitare residenze, lo saranno anche i terreni ivi compresi, rimasti inedificati ma facenti parti della lottizzazione poichè causalmente orientati a realizzarla in termini di indice volumetrico, di strade, di spazi che segnano le distanze tra gli edifici, di servizi, di altre opere di urbanizzazione, ecc. Il carattere intrinsecamente criminoso della lottizzazione abusiva rimane distinto rispetto a quello della singola opera abusiva la cui realizzazione, che costituisce reato autonomo e concorrente47, non è idonea a conferire un particolare assetto alla porzione di territorio. Sarebbe come voler differenziare le parti dell’autovettura rimaste inalterate (volante, ruote ecc.), da quelle modificate per il trasporto della sostanza stupefacente; è evidente che non sono suscettibili di autonoma e lecita utilizzazione (a
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meno che non siano scorporate), alla stessa stregua in cui non lo è un’area interposta tra edifici che gravano su una porzione del territorio.
Ciro Angelillis

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