martedì 8 marzo 2011

QUALITA' DEI PRODOTTI ALIMENTARI " ETICHETTATURA"

Novità legislative: L. 3 febbraio 2011, n. 4

OGGETTO: Novità legislative – L. 3 febbraio 2011, n. 4, recante “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari” – Disposizioni rilevanti per il settore penale.
Rif. norm.: L. 3 febbraio 2011, n. 4; D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 5, comma primo; L. 15 febbraio 1963, n. 281, art. 22.
Sommario: 1. Premessa. - 2. Sintesi dell’articolato. - 3. Le modifiche in materia penale.

1. Premessa
La L. 3 febbraio 2011, n. 4 reca “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari” (G.U. n. 41 del 19 febbraio 2011).

Il testo, composto di sette articoli, entrerà in vigore, dopo il consueto periodo di vacatio legis, il prossimo 6/03/2011.

La legge in esame è uno dei provvedimenti cui il Governo ha affidato, in questa legislatura, il rilancio competitivo del sistema agroalimentare, colpito da una grave crisi congiunturale.

Il testo rappresenta il frutto di un iter parlamentare piuttosto complesso. Il disegno di legge originario, caratterizzato da una serie di misure su questioni rilevanti per il settore agricolo, è stato ampiamente modificato nel corso dell’esame in prima lettura presso della Camera. In particolare la XIII Commissione della Camera, posto il ristretto margine di disponibilità in ordine alla copertura finanziaria, aveva deciso di concentrare l’esame del provvedimento sulla tematica della promozione del valore delle produzioni, con particolare riguardo alla qualità e tracciabilità dei prodotti e del sistema produttivo e all’ampliamento delle informazioni per il consumatore, anche alla luce delle prospettive di riforma della PAC e del quadro normativo comunitario in evoluzione. Tutte le altre disposizioni, che avevano ad oggetto questioni tra le quali le agevolazioni previdenziali per le aree montane e svantaggiate, il sostegno per il settore bieticolo-saccarifero nonché il riordino delle agroenergie, sono state oggetto di stralcio (seduta dell’Assemblea del 22 settembre 2010).

Nel corso dell’esame presso il Senato, poi, sono state soppresse alcune disposizioni che presentavano problemi di copertura finanziaria.
2. Sintesi dell’articolato

La L. 3 febbraio 2011, n. 4, come dianzi precisato, è composta da sette articoli, due quali direttamente incidenti sulla materia penale. Si tratta, in particolare, degli artt. 4, comma settimo e dell’art. 6, rispettivamente modificativi dell’art. 5, comma primo, del D.Lgs. n. 271/1989 (disp. att. cod. proc. pen.) e degli artt. 21 e 22 della 15 febbraio 1963, n. 281.

Rinviando al paragrafo seguente l’analisi delle predette modifiche, si riporta, di seguito, una breve sintesi dell’articolato.

Per quanto attiene al contenuto del provvedimento l’art. 1 estende all’intero territorio nazionale le disposizioni che promuovono la stipula di contratti di filiera e di distretto, contenute nell’art. 66 della legge n. 289/2002, la cui operatività era attualmente limitata alle aree sottoutilizzate.

L’art. 2 reca disposizioni per il rafforzamento della tutela e della competitività dei prodotti a denominazione protetta.

In particolare, al comma primo, modificando l’art. 6 della L. n. 138/1974, raddoppia le sanzioni relative alla violazione delle norme che limitano l’utilizzo di latte in polvere, qualora la violazione riguardi prodotti DOP, IGP o riconosciuti come specialità tradizionali garantite (STG).

Il comma secondo detta misure in ordine all’indicazione DOP nelle etichettature delle miscele di formaggi, per assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori evitando che siano indotti in errore: perciò è vietata per le miscele l'indicazione di formaggi a denominazione di origine protetta (DOP), tranne che tra gli ingredienti; ciò, comunque, a condizione che per ciascun formaggio DOP la percentuale utilizzata non sia inferiore al 20 per cento della miscela e che ne sia stata data comunicazione al relativo consorzio di tutela, che può verificarne l'effettivo utilizzo nella percentuale dichiarata; in ogni caso, l'indicazione tra gli ingredienti deve essere riportata utilizzando i medesimi caratteri, dimensioni e colori delle indicazioni concernenti gli altri ingredienti.

I commi dal terzo al nono definiscono un “Sistema di produzione integrata” dei prodotti agroalimentari finalizzato a garantire una qualità del prodotto finale, superiore alle norme commerciali correnti. Al riguardo rispetto al testo approvato in prima lettura dalla Camera, il Senato ha soppresso il riferimento alla superiorità “in termini di sanità pubblica, salute delle piante e degli animali, benessere degli animali e tutela ambientale”.

Il prodotto finale deve essere contraddistinto da un basso uso di sostanze chimiche, controllato da organismi terzi accreditati (in base a uno specifico piano di controllo), e identificato con uno specifico logo, al quale i produttori potranno aderire su base volontaria. Per la concreta operatività del sistema, dal quale non dovranno derivare nuovi oneri per il bilancio statale, dovranno essere adottati provvedimenti ministeriali con i quali saranno prescritte:

1) requisiti e norme tecniche di produzione integrata, la quale utilizza tutti i mezzi produttivi e di difesa dalle avversità delle produzioni agricole, volti a ridurre al minimo l'uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei princìpi ecologici, economici e tossicologici;

2) procedure di coordinamento da seguire da parte delle regioni e delle province autonome che hanno già istituito il sistema di produzione integrata nei propri territori;

3) forme di coordinamento in relazione a eventuali segni distintivi già adottati dalle regioni o dalle province autonome per la produzione integrata.

L'adesione al Sistema è volontaria ed è aperta a tutti gli operatori che si impegnano ad applicare la disciplina di produzione integrata e si sottopongono ai relativi controlli. L'efficacia della normativa sul Sistema è subordinata al completamento della procedura di notifica alla Commissione europea.

L’art. 3 reca disposizioni diverse riconducibili alla finalità della salvaguardia delle produzioni italiane di qualità.

Il comma primo dispone che le aperture di credito a favore dei funzionari dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), per i compiti d’istituto, siano sottratte alle procedure di esecuzione. La disciplina sanzionatoria è poi oggetto delle altre previsioni, sotto forma di "novelle" recate dai restanti commi dell'articolo. Essi operano la traduzione in euro, la rivalutazione ed introducono una clausola di salvaguardia per le sanzioni amministrative di cui alla legge 25 novembre 1971, n. 1096 (Disciplina dell'attività sementiera), al R.D.L. 15 ottobre 1925 n. 2033 (Repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), alla legge 13 novembre 1960, n. 1407 (Norme per la classificazione e la vendita degli oli di oliva) ed alla legge 24 luglio 1962, n. 1104 (sul divieto dell’esterificazione degli oli).

L’art. 4 dispone l’obbligo per i prodotti alimentari posti in commercio, di riportare nell’etichetta anche l’indicazione del luogo di origine o di provenienza.

Il comma primo integra la disciplina di cui all'art. 3 del D.Lgs. n. 109 del 1992, con l'obbligo di riportare nell'etichettatura l'indicazione del luogo di origine o di provenienza: è altresì previsto, in conformità alla normativa dell’Unione europea, anche l'obbligo di indicazione dell’eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi geneticamente modificati in qualunque fase della catena alimentare, dal luogo di produzione iniziale fino al consumo finale.

La procedura che discende da tali obblighi è finalizzata alla tutela del consumatore sulle caratteristiche dei prodotti alimentari commercializzati, trasformati, parzialmente trasformati o non trasformati, nonché al rafforzamento della prevenzione e la repressione delle frodi alimentari.

Il comma secondo precisa che per i prodotti alimentari non trasformati, l’indicazione del luogo di origine o di provenienza riguarda il Paese di produzione dei prodotti. Per i prodotti alimentari trasformati l’indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione o nella produzione dei prodotti.

Le modalità applicative dell'indicazione obbligatoria d'origine sono oggetto del comma terzo.

Tale disposizione prevede che i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni-Province autonome, provvedono a definire con propri decreti le modalità per l'indicazione obbligatoria dell'etichettatura per i singoli prodotti, previo espletamento della procedura prevista dall'Unione europea.

I decreti dovranno anche, ai sensi del comma quarto, definire i prodotti alimentari soggetti all'etichettatura all'interno di ciascuna filiera alimentare, individuando un requisito di prevalenza della materia prima agricola utilizzata nella preparazione o produzione dei prodotti.

Nella stessa ottica il comma quinto integra l’art. 8 del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, e successive modificazioni, prevedendo che, in caso di indicazione obbligatoria, è fatto altresì obbligo di indicare l’origine dell’ingrediente caratterizzante evidenziato.

Il comma sesto investe le regioni dei controlli, estesi a tutte le filiere interessate e salve le competenze ministeriali.

Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, poi, ai sensi del comma ottavo le sezioni di polizia giudiziaria sono composte anche dal personale con qualifica di polizia giudiziaria appartenente ai rispettivi corpi forestali regionali o provinciali, secondo i rispettivi ordinamenti, previa intesa tra lo Stato e la regione o provincia autonoma interessata.

Per quanto concerne il comma settimo, si dirà oltre nel paragrafo seguente.

Il comma nono, poi, prevede che i servizi di protezione e di vigilanza - limitatamente alle persone appartenenti all’Amministrazione centrale delle politiche agricole alimentari e forestali - siano eseguiti dagli uffici, reparti ed unità specializzate del Corpo forestale dello Stato.

La sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.500 euro - ai sensi del comma decimo - assiste l'osservanza dell'obbligo di non porre in vendita o mettere altrimenti in commercio prodotti alimentari non etichettati in conformità alle disposizioni predette e dei decreti di cui al comma terzo, salvo che il fatto costituisca reato. La decorrenza dell'intera disciplina, comunque, opera - ai sensi del comma dodicesimo - novanta giorni dopo la data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma terzo.

I prodotti etichettati anteriormente alla data di cui al periodo precedente e privi delle indicazioni obbligatorie ai sensi del presente articolo possono essere venduti ancora entro i successivi centottanta giorni.

Ai sensi del comma undicesimo, però, un effetto abrogativo discende dall'entrata in vigore anche solo del primo dei decreti di cui al comma terzo: si tratta dell'abrogazione dell’articolo 1-bis del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204.

L’art. 5 prescrive che le informazioni relative al luogo di origine o di provenienza delle stesse materie prime siano necessarie al fine di non indurre in errore il consumatore medio ai sensi del codice del consumo, di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206.

L’omissione di tali informazioni costituisce pratica commerciale ingannevole ai sensi dell’art. 22 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, e successive modificazioni.

Dell’art. 6, si dirà nel paragrafo seguente.

Infine, l’art. 7 contempla l’obbligo per gli allevatori di bufale di adottare strumenti per la rilevazione della quantità di latte prodotto giornalmente da ciascun animale.

L’individuazione delle modalità attuative di tale obbligo è demandata a decreto del Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali, sentite le regioni interessate.
3. Le modifiche in materia penale

Come anticipato, la L. 3 febbraio 2011, n. 4, interviene anche sulla disciplina penale con due modifiche.

Quanto, alla prima modifica, attinente alla disciplina processuale penale, con l’art. 4, comma 7, si apporta un’integrazione all’art. 5, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.

Com’è noto, tale disposizione prevede la «Composizione delle sezioni di polizia giudiziaria», stabilendo che “Le sezioni di polizia giudiziaria sono composte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della polizia di Stato, dell'arma dei carabinieri e del corpo della guardia di finanza”.

Orbene, nel testo attuale, antecedente alle modifiche introdotte dalla legge in commento, il Corpo Forestale dello Stato, forza di polizia ad ordinamento civile, specializzata nella tutela del patrimonio naturale e paesaggistico, nella prevenzione e repressione dei reati in materia ambientale e agroalimentare, non componeva (almeno formalmente, non essendo previsto dall’art. 5, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.) le sezioni di polizia giudiziaria presso la Procura della Repubblica. Di fatto, invero, la composizione delle sezioni di P.G. prevedeva in organico anche personale del Corpo Forestale dello Stato.

Tale lacuna “formale” della norma codicistica viene ad essere colmata dalla legge in commento.

Ed infatti, quanto ai componenti del Corpo forestale dello Stato, il comma settimo dell’art. 4 – modificando l’art. 5, comma primo, delle disp. att. coord. trans. cod. proc. pen. - attribuisce loro la possibilità di far parte delle sezioni di polizia giudiziaria, al fine di rafforzare la prevenzione e la repressione degli illeciti in materia agroambientale, nonché di favorire il contrasto della contraffazione dei prodotti agroalimentari protetti e le azioni previste dall’art. 18, comma primo, della L. 23 luglio 2009, n. 99. [1]

Il nuovo comma primo dell’art. 5 disp. att. cod. proc. pen. è quindi così modificato: «1. Le sezioni di polizia giudiziaria sono composte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della polizia di Stato, dell'arma dei carabinieri e del corpo della guardia di finanza nonché del Corpo forestale dello Stato».

Quanto alla seconda modifica, incidente sulla materia penale sostanziale, è introdotta dall’art. 6 della L. 3 febbraio 2011, n. 4.

Detta disposizione, in particolare, sostituendo gli artt. 22 e 23 della L. 15 febbraio 1963, n. 281, recante “Disciplina della preparazione e del commercio dei mangimi”, riformula le sanzioni in materia di produzione e commercio dei mangimi, trasformando tutti i reati in illeciti amministrativi e contestualmente riducendo l’entità della somma da pagare a titolo di sanzione.

I reati previsti dalle disposizioni in esame erano, in particolare, contemplati dall’art. 22 che punisce, al comma primo, “salvo che il fatto costituisca più grave reato” chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, prodotti di origine vegetale, animale e minerale, nonché prodotti chimico-industriali isolati o tra loro convenientemente mescolati, destinati all'alimentazione degli animali allevati (i cosiddetti mangimi) non rispondenti alle prescrizioni stabilite, o risultanti all'analisi non conformi alle dichiarazioni, indicazioni e denominazioni.

La sanzione penale prima contemplata in caso di violazione della disposizione precettiva era l'ammenda da lire 3.000.000 a lire 30.000.000.

L’art. 6 della L. 3 febbraio 2011, n. 4, depenalizza la violazione, trasformando il reato contravvenzionale in illecito amministrativo, sanzionando le medesime condotte con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro.

La sanzione si applica anche all'allevatore che detiene e somministra i prodotti sopra richiamati.

Analogamente, il comma secondo dell’art. 22 punisce “salvo che il fatto costituisca più grave reato” chiunque vende, pone in vendita, mette altrimenti in commercio o prepara per conto terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, sostanze vietate, nel testo previgente alle modifiche introdotte con la legge in commento, la sanzione prevista era l'ammenda da lire 30.000.000 a lire 120.000.000.

L’art. 6 della L. 3 febbraio 2011, n. 4, depenalizza la violazione, trasformando il reato contravvenzionale in illecito amministrativo, sanzionando le medesime condotte con la sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 euro a 30.000 euro.

La sanzione si applica anche all'allevatore che detiene e somministra i prodotti sopra richiamati.

Infine, il comma terzo dell’art. 22 punisce “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, prodotti contenenti sostanze di cui e' vietato l'impiego o con dichiarazioni, indicazioni e denominazioni tali da trarre in inganno l'acquirente sulla composizione, specie e natura della merce.

La sanzione penale prima contemplata in caso di violazione della disposizione precettiva era l'ammenda da lire 50.000.000 a lire 150.000.000. Detta pena si applicava altresì all'allevatore che non osservava la disposizione di cui all'articolo 17, comma 2.

L’art. 6 della L. 3 febbraio 2011, n. 4, depenalizza la violazione, trasformando il reato contravvenzionale in illecito amministrativo, sanzionando le medesime condotte con la sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 euro a 66.000 euro.

A seguito dell’inserimento del novellato comma quarto, è stata soppressa la previsione sia del previdente comma quarto, che estendeva l’applicazione della sanzione penale prevista dal comma terzo all'allevatore che non osservasse la disposizione di cui all'art. 17, comma secondo, della L. n. 281 del 1963.[2]

Viene, altresì, ad essere soppressa la previsione del comma quinto dell’art. 22, non più necessaria a seguito dell’intervenuta depenalizzazione.[3]

Non si comprende, peraltro, la ragione per la quale il legislatore non abbia, corrispondentemente, previsto – ferme restando le condotte vietate – l’esclusione dell’applicazione dell’art. 16 della L. 24 novembre 1981, n. 689 (cosiddetto pagamento in misura ridotta) per le nuove sanzioni amministrative pecuniarie sostitutive delle previsioni sanzionatorie penali.

Solo per completezza, infine, è opportuno segnalare come il comma primo dell’art. 1, del D.Lgs. 1 dicembre 2009, n. 179 (recante “Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246”), in combinato disposto con l’allegato 1 allo stesso decreto, ha ritenuto indispensabile la permanenza in vigore della L. 15 febbraio 1963, n. 281, limitatamente agli artt. 1, 2, 4, 5, da 7 a 11, 15, 17, 18, da 20 a 28 e alle relative tabelle.

Nessun commento: