sabato 10 agosto 2013

PROBLEMATICA X MILITARI ""AUSILIARIA""

REPUBBLICA ITALIANA In Nome del Popolo Italiano LA CORTE DEI CONTI Sezione Giurisdizionale Regionale Toscana in composizione monocratica, nella persona del Primo Referendario dott. Rinieri FERONE, ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A (Numero 620/2005) sul ricorso iscritto al n. 51018/PM, del registro di Segreteria, proposto da P.O., nato il 30 giugno 1932, domiciliato per il presente ricorso presso lo Studio Crucianelli contro il Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale militare ed avverso il decreto n. XX del 9.9.1998 della Direzione Generale delle Pensioni. Esaminati gli atti e documenti tutti della causa. F A T T O Il sig. P.O., già Maresciallo 1^ cl.sc.A.M., è cessato dal servizio, per limiti di età, in data 30.6.1998 ed è stato collocato in ausiliaria, posizione nella quale è rimasto fino al 30.6.1996. Al termine dell'ausiliaria, l'Amministrazione ha liquidato il trattamento provvisorio di pensione con il provvedimento qui impugnato, del quale il ricorrente lamenta l'illegittimità sotto due profili: il primo, in quanto l'Amministrazione della Difesa, nel determinare l'indennità di ausiliaria, non avrebbe tenuto conto di quanto dispone l'art. 6 - comma 2 - della legge 27.12.1990, n. 404, circa la non computabilità delle somme a titolo di perequazione automatica nell'operazione di determinazione della differenza tra trattamento di ausiliaria e trattamento del pari grado in servizio; il secondo, costituito dall'eccezione relativa alla mancata valorizzazione dell'indennità di ausiliaria ai fini della rivalutazione del 18% della base pensionabile di cui all'art. 53 - comma 1 - del d.P.R. 1092/1973. A sostegno della prima delle due pretese qui azionate, la difesa del ricorrente invoca il dettato normativo di cui all'art. 6 - comma 2 - lett. b) n. 5 bis, norma interpretativa dell'art. 67, primo e secondo comma della legge 10.4.1954 n. 113, come sostituiti dalla lett. b) del comma 1 dell'art. 44 della legge 19.5.1986, n. 224. La suddetta norma dispone che per il calcolo delle differenze di cui all'art. 67 - commi 1 e 2 - della legge 113/1954, non si tiene conto, oltre ad altri elementi indicati precedentemente, degli incrementi a titolo di perequazione automatica. Dal decreto impugnato risulta che l'Amministrazione della difesa per tutto il periodo di durata dell'ausiliaria, durante il quale è stata corrisposta l'indennità di ausiliaria: 1.7.1988-30.6.1996, le somme corrisposte al ricorrente a titolo di perequazione automatica sono state computate ai fini sopra precisati. Tale doglianza è solo in parte fondata. Ed invero, la disposizione contenuta nel n. 5 bis dell'art. 6 della legge 404/1990 è stata aggiunta a quella norma dall'art. 14 della legge 28.7.1999, n. 266, ovvero tre anni dopo l'ultima operazione di rideterminazione dell'indennità di ausiliaria prima che la stessa confluisse nel trattamento di pensione e, comunque, dopo l'adozione del provvedimento qui impugnato. Per tale ragione il provvedimento è immune da vizi. Tuttavia deve considerarsi che la norma che ha aggiunto il ricordato n. 5 bis al comma 1 - lett.b) dell'art. 6 della legge 404/1990, essendo norma interpretativa dell'art. 67 della legge 113/1954 è retroattiva in quanto chiarisce la portata di una norma già da tempo operativa e tale retroattività incontra solo il limite delle situazioni definitive, ovvero delle situazioni per le quali sia intervenuta una pronuncia coperta dal giudicato formale e quelle per le quali si siano prodotti gli effetti della prescrizione. Nel caso di specie, il fatto che l'indennità di ausiliaria confluisca nella pensione alla cessazione del periodo di ausiliaria, determina nel titolare del trattamento pensionistico una permanente legittimazione alla pretesa al corretto adempimento della prestazione pensionistica, il cui oggetto, pur riconducibile ad un'unica “datio” periodica di somme di denaro, trova il suo titolo in una complessità di elementi, le voci della base pensionabile, che vivono di propria e specifica disciplina giuridica, come dimostra, nella fattispecie, il particolare meccanismo determinativo dell'indennità di ausiliaria. Stando così le cose, mentre non appare accoglibile la pretesa ad una revisione della indennità di ausiliaria per il periodo durante il quale il ricorrente si trovava nella posizione di ausiliaria, dovendosi considerare quello specifico rapporto esaurito alla data dell'entrata in vigore della legge 266/1999, ostando ad ogni ipotesi di reviviscenza di quel rapporto il principio della certezza del diritto, che sarebbe leso ove si dovesse ritenere invocabile una retroattività della norma interpretativa oltre i limiti sopra evidenziati, è fondata la pretesa ad ottenere una rideterminazione dell'indennità di ausiliaria conforme alla ripetuta disposizione aggiuntiva di cui all'art. 14 della legge 266/1999, a decorrere dalla sua entrata in vigore e, conseguentemente, una riliquidazione del trattamento di pensione con la medesima decorrenza. Sulle somme arretrate sono dovuti interessi legali e rivalutazione monetaria quest'ultima solo nella eventuale misura necessaria ad integrare il tasso percentuale degli interessi legali, fino a renderlo pari, ove dovesse essere inferiore, a quello dell'indice di svalutazione, da calcolarsi con riferimento all'indice annuale ISTAT, ai sensi dell'art. 150 disp.att.c.p.c., ciò in applicazione dell'art. 429 - comma 3 -c.p.c., cui rinvia l'art.5 della l. 21 luglio 2000, n. 205, conformemente ai principi di diritto affermati dalle Sezioni Riunite nella sentenza 10/QM del 18 ottobre 2002. Sul secondo punto di domanda, ossia la valorizzazione dell'indennità di ausiliaria ai fini dell'aumento del 18%, il ricorso è infondato. Ed invero il punto di analisi fondamentale per una corretta impostazione e soluzione della controversia, deve muovere dall 'art. 53 del t.u. n.1092/1973, come modificato dall'art 16 della l. n.177/1976. Tale ultimo articolo, introducendo la maggiorazione del 18% della base pensionabile, individuata nell'ultimo stipendio o nell'ultima paga percepiti e negli assegni ed indennità in esso elencati, al secondo comma testualmente dispone: “Agli stessi fini nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabile, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile”. Quest'ultima disposizione, aggiunta contestualmente alla maggiorazione del 18%, con la modifica inserita nell'originario art 53 dal citato art.16 della l.n.177/1976, per delimitare la portata della innovazione al tradizionale limite del trattamento di pensione, che non può oltrepassare la soglia massima del'80%, riferito alla sola retribuzione effettivamente percepita, ed applicabile, proprio per la sua innovatività, a tutti i casi di assegni od indennità di futura istituzione, impone all'interprete di accertare, ogni qual volta si trovi a stabilire se un assegno od indennità possa includersi nella base pensionabile cui applicare la maggiorazione in parola, se essi abbiano ricevuto dalla legge istitutiva che ne stabilisca la pensionabilità, anche la connotazione,espressamente dichiarata, di componenti della base pensionabile. Il legislatore, in altri termini, per scongiurare surrettizi tentativi di far passare per emolumenti suscettibili della maggiorazione del 18% elementi retributivi che avessero i caratteri della quiescibilità, ha richiesto una condizione ineludibile e cioè una formale dichiarazione, nelle disposizioni che li concernono, che essi sono inclusi nella base pensionabile. Il che val quanto dire che in definitiva il solo dato rilevante per risolvere dispute come questa che qui si svolge è quello letterale della espressa disposizione che preveda la inclusione nella base pensionabile dell'assegno, indennità o altro emolumento retributivo comunque denominato. L'equivoco in cui talvolta è caduto l'operatore del diritto, Amministrazione che procedeva alla liquidazione della pensione, oppure Giudice che affrontava una controversia sulla possibilità di includere nella base pensionabile, ai fini della maggiorazione del 18%, di un assegno od indennità, specie quando essi avessero avuto la natura di emolumenti retributivi, è derivato verosimilmente da una lettura dell'art. 53, quale si presentava prima delle innovazioni in esso introdotte dall'art 16 della l. n. 177/1976, che, nel disegnare una nuova nozione di base pensionabile ai fini della disposta maggiorazione, ha anche soppresso l'originario comma 2° che così recitava: “Concorrono a formare la base pensionabile gli altri assegni ed indennità previsti come utili a pensione da disposizioni di legge”. Ne consegue che non basta più, per le ipotesi successive alla introduzione della novella dell'art.16, che un assegno od indennità sia computabile in pensione per essere incluso nella base pensionabile cui applicare la maggiorazione, ma occorre una espressa disposizione che disponga tale inclusione. Tanto basta per dichiarare infondato, in parte “qua”, il ricorso qui proposto, non risultando da alcuna disposizione, l'espressa dichiarazione che l'indennità di ausiliaria debba essere inclusa nella base pensionabile, pur avendone la relativa normativa previsto la pensionabilità. P. Q. M. La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale della Toscana - Giudice Unico delle pensioni ACCOGLIE parzialmente il ricorso in epigrafe proposto da P.O. e, per l'effetto, dichiara il diritto del medesimo alla riliquidazione della pensione, previa rideterminazione dell'indennità di ausiliaria in essa confluita, calcolando la stessa con il meccanismo di cui all'art. 46 della legge 10.5.1983, n.112 escludendo le somme attribuite a titolo di perequazione automatica. La riliquidazione della pensione nei suesposti termini produrrà i suoi effetti solo dall'entrata in vigore della legge 266/1999. Sulle somme arretrate sono dovuti interessi e rivalutazione monetaria come in parte motiva. Respinge per il resto. Spese compensate. Così deciso in Firenze, nell'udienza del 6 luglio 2005. IL GIUDICE f.to Rinieri FERONE Depositata in Segreteria il 13 ottobre 2005 IL DIRIGENTE f.to G.Badame

Nessun commento: